Bibliografia
- Pascal Acot, Histoire de l’Écologie, Presse Universitaires de France (Paris), 1994, 127 pp.
- Jean-Pierre Berlan (a cura di), La guerra al vivente. OGM e altre mistificazioni scientifiche, Bollati Boringhieri (Torino), 2001, 138 pp.
- F.S. Bodenheimer, Précis d’Écologie animale, Payot (Paris), 1955, 315 pp.  

Lymanthria dispar, una farfalla il cui bruco può defogliare interi boschi (Alessandro Focarile)
Larva di coccinella in cerca di afidi. (Alessandro Focarile)
Il Torymus sinensis (scala 1 millimetro), con l’ovidepositore (freccia) (Paparatti)

Harmonia axyridis, la coccinella venuta dal freddo (Alessandro Focarile)

Insetto contro insetto

Biodiversità - Una lotta biologica da cui l’uomo ha imparato ad approfittarne
/ 20.02.2017
di Alessandro Focarile

Da quando l’uomo ha scoperto i vegetali (cereali e legumi) per la propria alimentazione, ha dovuto contenderli agli insetti e agli erbivori vertebrati. I quali se ne cibavano già da lungo tempo, cioè da milioni di anni, da quando sono comparse le piante con fiori e si è creata progressivamente un’esplosione della biodiversità vegetale e animale in incessante evoluzione.

Negli scavi archeologici fatti a Gerico in Palestina – e dove ha avuto inizio 8000 anni or sono la prima organizzazione dell’agricoltura (al di fuori della Cina, dell’India e dell’Iran) – sono stati trovati anche chicchi di cereali chiaramente rosicchiati dagli insetti coleotteri detti «granivoli», tuttora presenti anche alle nostre latitudini. I primi agricoltori coltivavano anche alcuni cereali, come l’orzo, il miglio, il frumento, l’avena e il farro. Inoltre, anche diversi legumi: fave, ceci, veccie e piselli. Tutti vegetali che producono un seme ricco di proteine e di grassi appetiti dagli insetti granivori.

Con il favore di ottimali situazioni climatiche (l’optimum termico si ebbe tra 7000 e 5500 anni da oggi) iniziò lo sviluppo dell’agricoltura nella Mezzaluna Fertile, tra gli odierni fiumi Tigri ed Eufrate. Questi territori erano ricoperti anche da foreste di palme, di bamboo e, sui monti dell’attuale Libano, foreste di cedri. Nei fiumi sguazzavano coccodrilli e numerosi ippopotami. Una fiorente economia agro-pastorale aveva modo di svilupparsi, grazie anche alle sempre più progredite tecniche colturali e il sapiente utilizzo delle acque con l’irrigazione. 

L’uomo agricoltore doveva però sopportare anche le periodiche calamità causate da alcuni insetti: cavallette e maggiolini. Le cronache dei secoli andati, a noi più vicini, documentano la gravità di queste cicliche invasioni anche nell’Europa meridionale, che creavano i presupposti per periodiche carestie. E fin dal 1700, gli unici mezzi per difendersi dagli insetti nocivi nelle colture erano limitati all’uso della cosiddetta «miscela bordolese» a base di solfato di rame miscelato con calce viva per proteggere i vigneti, all’irrorazione degli alberi da frutta sui quali tronchi si spargeva calce viva per contrastare un acaro, il famigerato «ragnetto rosso», e ad intrugli a base di ortica per tenere lontane falangi di afidi (pidocchi delle piante) protetti dalle formiche (foto). 

Gli alberi fruttiferi, gli agrumi in specie, il gelso un tempo coltivato quale alimento per l’allevamento del baco da seta, i castagni: sono tutti vegetali che hanno conosciuto gravi problemi, ai quali si sono aggiunti quelli originati dall’arrivo di specie esotiche di recente introduzione: granoturco, patate, pomodori e tabacco. Merita rilevare che i problemi fitosanitari, creati dagli insetti nocivi alle colture, hanno incidenze dirette e profonde sull’economia di un Paese. In Europa, soltanto i vermi Nematodi parassiti per la produzione cerealicola sono responsabili di danni che raggiungono il dieci per cento della produzione. Gli stessi nematodi ingenerano una diminuzione dei raccolti pari al 20-30 per cento nelle colture di agrumi nella regione mediterranea. Inoltre, bisogna considerare che negli USA e in Canada più del 10 per cento della produzione totale di derrate alimentari e di legname è attualmente distrutta ogni anno dai parassiti animali nonostante il sempre più massiccio uso di fitofarmaci di sintesi. Un ottimo affare per le multinazionali del settore. (Acot, 1994).

A un certo punto della sua storia, l’uomo, osservando quanto avveniva nei suoi prati, nei suoi frutteti e nei suoi boschi, scoprì che alcuni insetti erano contrastati e distrutti da altri insetti. Ma bisognava giungere in epoca del tutto recente per vedere all’opera i primi specialisti entomologi, pionieri nella lotta «insetto contro insetto». Per esempio, l’entomologo statunitense Charles Valentine Riley (1841-1895), primo professionista con un incarico statale (State entomologist of Missouri). La sua ambizione era di utilizzare degli organismi viventi contro gli organismi nocivi. I primi suoi tentativi di combattere la fillossera della vite, utilizzando un acaro antagonista, non ebbero risultati positivi. 

Per contro, Riley conobbe uno strepitoso successo, riuscendo a debellare il bruco della bianca farfalla Pieris brassicae, che distruggeva le coltivazioni di cavoli, grazie all’introduzione dall’Europa di una minuscola vespa parassita dei bruchi della farfalla: l’Apanteles. Un altro successo lo ottenne Riley nel 1890, introducendo in California (dall’Australia) una specie di coccinella, il Novius cardinalis, valido antagonista di un emittero coccide che devastava gli agrumeti. Questa coccinella fu successivamente introdotta nel 1905 anche in Italia dal famoso entomologo agrario Filippo Silvestri, con risultati altrettanto brillanti.

Una vera guerra dei trent’anni venne intrapresa dal successore di Riley: Leland Ossian Howard (1857-1954). Questo valente e testardo studioso affrontò e alla fine vinse  il problema generato dal bombice dispari (Lymanthria dispar, foto), una farfalla sconosciuta nel Nord America e introdotta accidentalmente nel 1869. I virulenti attacchi del suo bruco riducevano i boschi in uno stato pietoso, come se fossero stati percorsi da furiosi incendi. Grazie all’impiego di una vespa parassita dei bruchi, allevata in quantità industriali, il flagello venne lentamente contrastato. Nel 1915, le zone boscose defogliate cominciarono a diminuire. Soltanto nel 1925, Howard potè annunziare che la vittoria contro la limantria era assicurata.

In California, dove vaste zone conoscono una monocoltura a base di agrumi, si hanno permanentemente dei problemi  nella lotta contro gli insetti defogliatori e succhiatori delle foglie: bruchi  e afidi. Per tali ragioni, il livello di guardia deve essere sempre elevato. Circa cento anni or sono, venne introdotta un’altra specie di coccinella, oltre alla già presente Noviüs cardinalis. Si trattava dell’Harmonia axyridis, una specie originaria della Siberia, introdotta in Giappone e da qui in California.

Da quanto si ebbe agio di rilevare nei decenni successivi, questo grazioso coleottero (foto) ha costumi aggressivi ed è molto prolifico. Non solo fa strage di afidi, ma non disdegna di aggredire anche altre specie di coccinelle che si trovano sugli alberi, compromettendo l’azione antagonista di questi validi alleati dell’uomo.

Harmonia axyridis ama viaggiare. Ha attraversato tutti gli USA da Ovest fino alle coste atlantiche. È stata importata in Europa negli anni Novanta propagandosi rapidamente, ed è giunta (sempre al volo) fino a Faido in Leventina. Qui è stata osservata nel 2012 con uguali abitudini aggressive, che le hanno consentito di diminuire drasticamente il numero delle coccinelle nostrane. Un risultato non previsto da chi l’aveva importata in Europa.

Anni or sono i castagneti del Ticino, di tutta la fascia pedemontana dalla Lombardia al Piemonte, e attraverso tutti gli Appennini fino in Calabria, hanno conosciuto l’indesiderato arrivo di un nuovo parassita, come se non fossero bastati i precedenti malanni causati dal cancro corticale e dal mal dell’inchiostro. A seguito di un’incauta e non controllata importazione di giovani piante di castagno da parte di un vivaista di Cuneo (Piemonte), l’albero è stato massicciamente attaccato da una minuscola vespa: il cinipide Dryocosmus kuriphilus.

Con le sue punture, l’insetto provoca la formazione di galle (malformazioni di origine tumorale) nei germogli, impedendo la costruzione del fiore e quindi della castagna. Non c’è alcuna proporzione tra le dimensioni di un minuscolo insetto grande due millimetri e l’entità del danno che può provocare: migliaia di quintali di castagne perduti! Quale valido antagonista specifico del cinipide Dryocosmus kuriphilus e grazie ai massicci allevamenti attuati presso le Università di Torino e della Tuscia nel Lazio (Viterbo) è stata utilizzata con successo un’altra minuscola vespa, il Torymus sinensis (foto) diffusa nelle regioni orientali originarie del parassita, e precisamente la Cina, il Giappone e la Corea. Il Torimo è stato in grado di frenare e di debellare le infestazioni prodotte dal parassita. Già si è parlato (nel settembre 2016) della prospettiva di un raccolto considerevole di castagne. Una ennesima riprova del fatto che la Natura, qualora sia razionalmente assecondata, è in grado di arrecare notevoli benefici all’uomo e alle sue colture, senza l’impiego di deleteri metodi artificiali, e con esiti imprevedibili nel tempo.

Secondo Berlan (2001) sono conosciute attualmente oltre 600 specie di insetti, che si sono rivelate refrattarie all’impiego dei fitofarmaci di sintesi biocidi, creando ceppi geneticamente in grado di metabolizzare i principi attivi di questi fitofarmaci. Prodotti in base alla chimera che più sono tossici e maggiormente sono efficaci, con il risultato di avvelenare progressivamente l’ambiente.