Peculiari condizioni climatiche in tutte le regioni affacciate al Mediterraneo sono: l’elevata luminosità comparabile a quella delle altitudini alpine, la scarsa nebulosità, la notevole insolazione nel corso dell’anno, la presenza di una stagione calda e asciutta alternata a una stagione piovosa e mediamente mite.
Nelle regioni litoranee del Mediterraneo, e dove non è stata distrutta dall’uomo, domina una peculiare formazione vegetale: la macchia mediterranea, tuttora presente lungo ampi settori della costa del Mare Tirreno, dalla Toscana fino alla Campania e soprattutto in Sardegna, dove ricopre vasti territori anche nell’entroterra. La macchia mediterranea può essere definita come una boscaglia composta di vegetali legnosi con portamento arbustivo alto fino a tre metri, sempreverdi e con fogliame coriaceo spesso spinescente, lucido e ricco di cellulosa e di sostanze aromatiche.
Nelle sue fasi più mature, nella macchia mediterranea prevale il leccio (Quercus ilex) dal portamento arboreo, con per l’appunto foglie spinescenti fino a tre metri, per contrastare la brucatura delle capre. Mentre nelle fasi più alterate da incendi e pascolo, essa è composta da un intrico arbustivo, la cui copertura emblematica è costituita dalla dominanza del corbezzolo (Arbutus unedo) che ospita il bruco della più vistosa farfalla europea: il Pascià con le lunghe code (Charaxes jasius). Oltre a un ampio e profumato corteggio di cisti (bianchi e rosa), rosmarini, ginestre, mirti, filliree, pistacchi e lentischi.
Percorrere in primavera le distese di macchia mediterranea è come entrare in una ben fornita erboristeria, generosa non soltanto di profumi, ma anche di colori e di inebrianti sensazioni.
Ed è proprio la macchia mediterranea ad ospitare anche una ricca e variegata fauna di insetti che si cibano dei suoi vegetali: dalle radici ai pollini dei fiori ai differenti livelli.
Si tratta di una componente arcaica dell’ambiente al pari della vegetazione, entrambe testimonianze di ambienti caldo-umidi persistenti durante parecchi milioni di anni. E persistenti anche tuttora su vaste aree del Globo: in California, nel Cile, in Sud Africa e in talune regioni dell’Australia dove si ripetono le condizioni climatiche della regione mediterranea propriamente detta.
I differenti vegetali che compongono la macchia mediterranea nutrono anche una fauna di insetti altrettanto peculiare. Spesso si tratta di entità «monòfaghe» (= che si nutrono soltanto di una specie vegetale). Per esempio, la crisomela del rosmarino (Chrysolina americana), la Colaspidea metallica, l’Hispa testacea, entrambe esclusive dei cisti.
Quest’ultima è una singolare creatura irta di spine, la cui larva ha un comportamento piuttosto raro tra gli insetti coleotteri. Difatti, la larva dell’Hispa testacea è una «minatrice» in quanto scava le sue gallerie di alimentazione tra le due pagine di ciascuna foglia dei cisti, evitando di rosicchiare la foglia stessa e la superficie e i bordi.
A quanto pare, le nervature adducono sostanze tossiche (alcaloidi). Si tratta di un bel coleottero di colore rosso-corallo, lungo 5-6 millimetri, e con il corpo e le zampe ricoperti da lunghe spine rigide, una efficace difesa contro gli eventuali predatori sempre in agguato, come le lucertole e gli uccelli.
Le spine nelle foglie dei vegetali sono particolari produzioni rigide derivate dalla trasformazione ed evoluzione di foglie primitive, oppure primitivi peli in taluni animali vertebrati e insetti, come in molte cavallette e cimici delle piante (Emitteri). Tra i vertebrati sono note diverse specie di lucertole di clima tropicale, e alle nostre latitudini l’istrice, un vistoso mammifero popolante la macchia mediterranea, e il grazioso e vistoso porcospino (il risc pursel, in dialetto lombardo). Mamma istrice e mamma porcospino non hanno problemi nel partorire minuscoli esserini pelosi, che si trasformeranno, crescendo, in robusti animali irti di spine.
All’epoca dei dinosauri, durata 140 milioni di anni, numerose specie erano vegetariane e munite di numerose spine per difendersi dagli attacchi dei dinosauri carnivori. Grazie alle spine: mangiare e non essere mangiati. Anche il fico d’India ha le spine.