I partecipanti portano il proprio pranzo al sacco. L’incontro, gratuito e aperto a tutti gli interessati, avviene all’aperto, al Parco di Villa Saroli a Lugano. Non occorre iscriversi, basta presentarsi sul posto alle 12.30. Sono i «pranzi filosofici» ideati con originalità da Silvio Joller, 43 anni, mediatore culturale del LAC, di formazione filosofo e già assistente alla cattedra di Estetica all’Accademia di Mendrisio. «Essere differenti. Pranzi per stare e pensare insieme» è il titolo del ciclo di incontri, in agenda il 29 aprile, il 13 e il 27 maggio e il 10 giugno. La proposta appare interessante sin dalla sua premessa contenuta nell’invito: «è venuto il momento di riattivare le nostre relazioni, coltivarle, mettere in moto la nostra capacità di arricchirci a vicenda, discutendo e pensando».
Come nasce l’idea di pranzi filosofici? «Dopo questo anno di pandemia passato lontani e distanti e che tuttora perdura, mi sembra che la cosa migliore sia di provare a rimetterci in moto. Anche perché penso che alla fine, stare distanti ci renda un po’ disabituati a vivere con gli altri. Mi sembrava un buon momento per provare a riavvicinarci, a sforzarci di condividere momenti. Da oltre una decina di anni propongo pratiche filosofiche in biblioteche, piuttosto che in luoghi chiusi, e allora mi è sembrato interessante in questo momento sfruttare questo agio di poterci ritrovare all’aperto con altre persone per proporre questo tipo di attività, che non differisce di molto dai classici “Café philo”». La «prima» del ciclo si è svolta il 15 aprile. Con quale esito? «È andata bene. Non eravamo tantissimi, una decina, anche perché il tempo non era troppo bello. Abbiamo mangiato un panino e discusso di “diversità”, interrogandoci su come la percepiamo e come la facciamo percepire agli altri dal profilo culturale. “Essere differenti” è il tema degli incontri. Il primo spunto ha riguardato la differenza culturale, etnica. Gradualmente mi piacerebbe arrivare ad affrontare una differenza esistenziale, individuale sul percorso delle nostre vite».
A proposito di «differenze», si può dire che noi tutti ci siamo ritrovati con la pandemia a dover cambiare il nostro paradigma quotidiano. «Assolutamente sì. Il presupposto è proprio quello, che in realtà è anche un momento per pensare come siamo cambiati noi in questo periodo e come si vivrà in futuro, visto che sicuramente non torneremo indietro nello stesso modo in cui eravamo prima. Fa bene pensarci e rifletterci. Durante gli incontri, attraverso alcune domande, cerco di stimolare una riflessione che diventi di natura filosofica». I partecipanti sono dunque invitati a intervenire? «Esatto. L’attività presuppone una partecipazione. Non si tratta di lezioni frontali, io sull’arco di un’ora parlo 10 minuti al massimo. Introduco la discussione e sollevo domande sulle quali si può partire magari con una riflessione. È un modo diverso per passare la pausa del pranzo».
C’è un campionario di filosofi o di testi che si sentirà di proporre durante gli incontri? «Sicuramente accennerò al periodo assiale di Jaspers – questo filosofo ha individuato che intorno al V secolo a.C. e il II d.C., le culture hanno sviluppato una mentalità capace di condividere e coinvolgere più popolazioni insieme. Poi si parlerà di Schopenhauer, in alcuni casi di Nietzsche». I prossimi incontri vedranno già temi specifici o tutto sarà votato alla spontaneità del momento? «Questo dipenderà anche dal gruppo di persone. Tenendo presente il tema della diversità, sicuramente ci saranno discussioni più improntate sui momenti di passaggio della vita, al loro significato filosofico. Le tematiche seguiranno una prospettiva non solo filosofica, ma anche religiosa, antropologica».
I «pranzi filosofici» si svolgono in collaborazione con l’Associazione Ricciogiramondo, biblioteca interculturale di Lugano. In caso di maltempo, consultare il sito www.ricciogiramondo.ch dove saranno annunciati eventuali cambiamenti di sede degli incontri.