Incontinenza urinaria

Medicina - Cercare aiuto prima possibile migliora sensibilmente lo stile di vita – Prima parte
/ 02.08.2021
di Maria Grazia Buletti

«Me la faccio addosso dal ridere»: quante volte abbiamo sentito o detto questa frase che ha un suo fondo di verità? Ridere a più non posso non è però la sola possibile causa di una perdita incontrollata di urina. «Un uomo su dieci, dai 50 anni in poi, è confrontato con questo problema e solo il 20% di chi ne soffre consulta un medico: la maggior parte di essi non affronta la questione e si preclude le possibilità di trattamento che esistono e sono efficaci».

A parlare è l’urologo Paolo Broggini (attivo alla Clinica Sant’Anna di Sorengo) che sottolinea come spesso l’argomento sia ancora un tabù erroneamente associato alla sfera urogenitale e all’invecchiamento. L’incontinenza urinaria concerne entrambi i sessi, anche se con incidenza, cause e reazioni differenti: «Per una questione anatomica, nella donna i numeri sono maggiori e il problema è più consistente».

Le differenze di approccio fra uomo e donna comportano altre sfumature: «L’uomo declina il problema facendone un aspetto personale e meno problematico rispetto alla donna, anche perché nell’uomo la fascia d’età interessata risulta essere più avanzata di quella femminile in cui entrano in gioco gli aspetti sociale, relazionale e di coppia, in un rapporto col sintomo che pesa sulla qualità della vita».

L’urologo evidenzia che la donna identifica spesso a torto l’apparato genitale con quello urinario, con conseguente pudore a parlarne e nascondendo il problema: «In realtà, la carenza ormonale apportata dalla menopausa, i sistemi legamentosi di vescica e uretra che si indeboliscono e altre cause di dominio prettamente femminile possono portare all’incontinenza urinaria della donna che, quando vede cambiare gli aspetti di genitalità e sessualità, li identifica col problema dell’incontinenza, scotomizzando entrambi». Una fatica psicologica ad affrontare il dolore del cambiamento fisico e dell’immagine di sé, potenziata dal fatto che chi soffre di incontinenza «vive con un amico scomodo: l’assorbente che dà cattivo odore e modifica l’aspetto fisico stesso».

L’uomo, ribadisce Broggini, ragiona diversamente: «È generalmente over 70 e dobbiamo considerare il “pianeta prostata”, in quanto la causa più comune dell’incontinenza maschile è riconducibile al suo ingrossamento. L’urina si accumula nella vescica e il bisogno di urinare viene percepito in modo impellente e improvviso. Inoltre, negli anni si affievolisce l’equilibrio fra serbatoio passivo della vescica cui fa da antagonista la contrazione naturale che induce allo svuotamento. Questo squilibrio tra le forze muscolari (che provvedono allo svuotamento della vescica) e quelle che permettono di trattenere l’urina portano a una “vescica iperattiva” con uno svuotamento frequente e disturbato».

Altro discorso è l’intervento chirurgico sulla prostata, anche se si sopravvaluta l’incidenza dell’incontinenza urinaria a seguito di un classico intervento di prostata ingrossata: «La chirurgia di asportazione prostatica per tumore potrebbe creare problematiche di incontinenza urinaria, mentre quella per ipertrofia benigna non ne produce, come pure non porta a problemi di impotenza».
Emergono la rilevanza della prevenzione del tumore prostatico e l’importanza di individuarlo in uno stadio precoce: «Per fortuna, la precisione della chirurgia robotica dell’ultimo decennio ha permesso di affinare la delicatezza dell’intervento per asportazione di tumore prostatico nel risparmio di alcune strutture anatomiche vicino alla prostata: i nervi per l’erezione e lo sfintere volontario che trattiene l’urina (posizionato proprio al di sotto). Questo favorisce la salvaguardia dello sfintere anche nella chirurgia prostatica tumorale, e permette di diminuire sensibilmente la percentuale di incontinenze a essa associata (dal 20% a una percentuale inferiore a 5%)».

Ad ogni modo, la prevenzione dell’incontinenza urinaria è da considerarsi un vero jolly: «Sia l’uomo che la donna possono fare parecchio, a cominciare dalla cura dell’obesità (il peso delle persone obese comprime sugli organi pelvici che perdono la loro statica); anche il fumo è nocivo e non fumare può prevenire tutti quei problemi respiratori che portano a colpi di tosse continui che a loro volta potrebbero condurre a incontinenza da sforzo tanto quanto il sollevamento di pesi o le risate: tutto ciò indebolisce alla lunga l’efficacia dello sfintere vescicale».

Nella donna: «Oltre a fumo e obesità, partorire più volte comporta pure un indebolimento del pavimento pelvico che merita quindi esercizi specifici (ndr. di cui si parlerà approfonditamente sul prossimo numero di salute «Azione» no. 32 del 9 agosto)». Le opzioni di trattamento dell’incontinenza urinaria sono molteplici, secondo il caso: «Può essere curata o migliorata per oltre il 90% delle persone che ne soffrono e un primo aiuto deriva proprio dal rafforzamento della muscolatura del pavimento pelvico. Altra opzione sono i farmaci (antimuscarinici o beta agonisti) spesso combinati con la pianificazione della minzione e, in casi di incontinenza particolarmente gravi, l’impianto di uno sfintere artificiale o intervento chirurgico sono strade percorribili».

Qualche utile suggerimento a chi, ad esempio, limita l’assunzione di liquidi pensando di diminuire il disturbo: «La teoria che bere molto faccia bene è invalsa e porta spesso a smaltire due o tre litri durante le 24 ore. Ad alcuni pazienti consiglio di ridurre l’idratazione a partire dalle 18 in poi, per non alzarsi di notte a urinare». Il medico sottolinea però che ridurre l’idratazione per diminuire i problemi di incontinenza non è la soluzione del problema e resta un artificio casalingo. Così come non lo è l’aumentare la frequenza della minzione: «Alcuni tracciano i bar lungo il loro tragitto per poter avere la certezza di trovare subito un posto dove andare a fare pipì: una vita complessa nella quale avrebbe più senso affidarsi all’urologo perché esistono farmaci che riducono l’iperattività vescicale: non miracolosi ma che potrebbero aiutare».

E quando «scappa» troppo spesso? L’urologo parla di ginnastica vescicale: «La vescica è un muscolo che agisce, abbiamo visto, in modo antagonistico serbatoio-svuotamento. Lo stimolo che giunge con 50 o 150 ml appena non è da soddisfare subito: si tratta di un primo allarme della vescica che poi dimentichiamo per un po’, finché essa stessa non si riempie di più e allora ne lancia un secondo che vale la pena di rimuovere; di norma si parla di almeno 3 ore fra una minzione e la successiva». Ecco una ginnastica vescicale per una vescica iperattiva che aiuta a prevenire in parte l’incontinenza urinaria. In questo modo abituiamo progressivamente la vescica a migliorare la sua funzione di serbatoio aumentando la sua capacità, semplicemente trattenendo un po’ di più le urine.