Nelle giornate serene e asciutte, il cielo terso del Canton Ticino lo si vede percorso da numerose scie bianche, che spiccano sullo sfondo azzurro intenso e spesso si sfaldano rapidamente sotto l’azione dei forti venti d’alta quota. A Chiasso, Mendrisio, Lugano, Bellinzona, Biasca, e persino su fino ad Airolo, le si vede comparire da lontano, provenienti da Sud-est. Esse formano un flusso quasi continuo, tracciato dagli aerei di linea che scivolano via quasi senza rumore alla velocità media di circa 13 chilometri al minuto, e proseguono «in su», scomparendo infine oltre il massiccio del Gottardo.
La direzione nella quale si vedono muovere quelle scie è più o meno parallela e a destra (Est) rispetto a quella percorsa dall’autostrada A2. Esse tracciano il percorso di una vera e propria autostrada del cielo denominata «Aerovia A9», che nasce nel cielo sopra Genova e va a terminare in Scandinavia.
Se si sale più in alto, sui monti che racchiudono le valli, oppure ci si sposta nel Locarnese e in Valle Maggia, si potrà scorgere un flusso analogo: parallelo, ma che va «in giù», in senso opposto all’altro. Ed ecco che abbiamo scoperto l’altra «carreggiata» dell’aerovia.
Tutto ciò lo si trova tracciato sulle carte di navigazione usate dai piloti (che ormai sono sostituite dalle «videate» nei computer), e se si fa attenzione al complesso delle scie che percorrono il cielo del Canton Ticino «in su, in giù e attraverso», ci si accorge che il punto focale di tutto il sistema si trova in un luogo ben preciso: Monte Ceneri.
È proprio la stazione radio emittente sulla frequenza di 558 kHz, che – con una potenza cresciuta dai 16 kW del 1933 ai 300 kW del 1979 (con l’introduzione della modulazione di frequenza, FM) – ha fatto da perno al sistema di radionavigazione strumentale nello spazio aereo svizzero meridionale, e in particolare sulle Alpi, consentendo a migliaia di aeroplani di attraversarle in sicurezza anche senza poter vederne neppure le cime, nascoste sotto le nubi. La procedura, nei primi tempi, era abbastanza complessa, tanto che veniva affidata a un membro specializzato dell’equipaggio detto «marconista», esperto nell’uso della bussola radio-magnetica, detta anche «radiobussola». Poi, con il perfezionamento della tecnologia, venne l’indicatore automatico di direzione o ADF (Automatic direction finder), che rese le cose molto più facili. I piloti non dovevano far altro che sintonizzare il radiogoniometro di bordo sulla lunghezza d’onda dell’emittente della quale conoscevano l’identità e la posizione, e quindi stabilizzare la direzione di volo (prua) sulla rotta indicata sulle carte di navigazione, espressa dall’angolo formato rispetto al Nord magnetico.
Elemento mancante era la distanza dalla stazione verso la quale si stava volando, o dalla quale ci si stava allontanando. Era però possibile calcolarla goniometrando i segnali di altre stazioni radio non troppo lontane dalla rotta. La tecnica più diffusa per «stare sulla rotta» era sintonizzarsi contemporaneamente su due stazioni: una che indicava il rilevamento in prua e una quello in coda. Per farlo occorrevano ricevitori sdoppiati, e ciò era diventato comune già sugli aerei di linea degli anni 50. Fu quello il periodo di gloria del radiofaro di Monteceneri, che dal 1949 ha affiancato l’emittente radiofonica con un trasmettitore «di riserva» attivo durante la notte con potenza ridotta a 500 Watt e modulato in codice Morse mediante un ruttore elettromeccanico. Inizialmente, quel codice nella cuffia del marconista si traduceva nel suono ta-ta-ta-ta // ta // ta-taaa-ta-ta: le lettere HEL, che porgevano a chi proveniva da Sud il «benvenuto in Helvetia». Successivamente fu preferito un più prosaico indicatore di località CEN (– • – • // • // – •), e la «porta Sud» del tratto svizzero dell’aerovia fu ulteriormente contrassegnata per mezzo di un fascio d’onde «sparato» in verticale da un apparato detto in gergo tecnico fan marker, installato giù nella piana, all’aeroporto di Locarno-Magadino e identificato con la lettera C (– • – •). La propagazione ionosferica delle onde medie nelle ore notturne ha consentito di ricevere quel prezioso segnale a distanze molto superiori a quelle normali di servizio in Europa, e si narra che persino nel bel mezzo dell’Africa equatoriale qualche pilota svizzero abbia potuto godere delle canzoni trasmesse dalla radio di casa. Sarebbe bello se ciò potesse essere integrato anche nei super-tecnologici segnali dei satelliti artificiali che oggi hanno sostituito i radiofari terrestri.
Con la perdita della storica emittente, la posizione della «porta Sud» dello spazio aereo svizzero rimane comunque sempre là dov’era, anche se non proprio com’era: si trova appena un po’ più a Nord, presso l’aeroporto di Locarno-Magadino, dov’è indicato un punto contraddistinto dalle coordinate geografiche 46°10’00”N – 8°52’52”E e – secondo la prassi di localizzazione internazionale a cinque lettere – denominato «CANNE»: qualcuno dice probabilmente in omaggio alle famose Bolle.
Chissà se quel punto nel cielo lo conoscono anche gli uccelli migratori che le frequentano…