Ipnosi è una parola che ancora oggi fatica a superare le barriere culturali occidentali, al contrario di altre terapie complementari come, ad esempio, l’agopuntura. Complice quella che la dottoressa internista e ipnoterapeuta consulente all’EOC Nicole Ferrera Espinosa definisce come «ipnosi da circo», nell’immaginario comune i pregiudizi si posano anche sull’ipnosi medica.
La nostra interlocutrice subito puntualizza: «L’ipnosi medica non è ipnosi da circo. L’ipnosi medica è una terapia breve e orientata alla ricerca del benessere del paziente attraverso il suo controllo totale della situazione, istante dopo istante». L’ipnosi medica è in antitesi con l’anestesia ed è l’esatto contrario della perdita di controllo di sé: «Si tratta di restituire al paziente il controllo totale di certe situazioni che prima lo rendevano ansioso o in difficoltà. Non ci si mette dunque «nelle mani di qualcuno», sebbene la fiducia reciproca fra paziente e terapeuta sia essenziale per poterlo accompagnare in un mondo diverso dal solito».
La dottoressa Ferrera considera l’ipnosi medica «la scoperta dell’acqua calda»: «Il mondo medico ha sempre accettato l’ipnosi in modo implicito, in quanto essa corrisponde semplicemente all’effetto placebo dei farmaci: nei pazienti, una molecola inerte ha effetti indesiderabili ed effetti terapeutici, tutti legati a una componente di autoipnosi. Prima di essere immesso sul mercato, qualunque farmaco deve dimostrare la propria efficacia contro il placebo e deve essere perciò più efficace dell’autosuggestione».
La nostra mente ha enormi risorse a cui attingere e un grande potere che spesso è sottovalutato o che ignoriamo: «Tutti sono ipnotizzabili perché la trance ipnotica è uno stato fisiologico della mente che ogni 90 minuti permette al nostro cervello di entrare in autoipnosi. Ciò corrisponde, ad esempio, al guidare su un percorso noto pensando ad altro, rendendoci poi conto che arriviamo comunque a destinazione. Il corpo fa qualcosa mentre la mente fa qualcos’altro, ma il risultato è quello che ci siamo prefissati».
L’ipnosi medica è oggi praticata sempre più negli ospedali come terapia complementare alla medicina, in una presa a carico del paziente attraverso un modello unicista olistico per il quale il tutto è più grande della somma delle parti: «La medicina tradizionale si è concentrata a lungo sull’aspetto dualista corpo-mente e ci si è occupati del corpo in modo sempre più iper specialistico. Oggi si legge il funzionamento di una persona in un modello bio-psico-sociale nel quale il corpo e la mente collaborano e si influenzano mutualmente di continuo».
Ipnosi medica in aiuto alla medicina, come avviene all’Ente Ospedaliero Cantonale per quanto attiene ai problemi di claustrofobia di alcuni pazienti sottoposti a Risonanza Magnetica, e nella terapia del dolore: «Fino ad ora abbiamo proposto l’ipnosi medica come sostituzione alla sedazione in risonanza magnetica a una cinquantina di pazienti, di cui il 90% ha affrontato con successo la valutazione radiologica».
La dottoressa Ferrera sottolinea che «non si tratta di una terapia in alternativa a quelle mediche, ma vi si inserisce in modo armonioso: ogni cosa ha una sua ragione di essere e non si propone l’ipnosi invece di una terapia farmacologica necessaria. La si coadiuva, per contro, assicurandoci di praticarla nei nostri campi di competenza che, per quanto mi riguarda, sono medicina interna e psicosomatica».
Le applicazioni di ipnosi medica negli ambiti della nostra interlocutrice, che dice comunque di averla sperimentata su se stessa nell’affrontare il travaglio e il parto, spaziano dal trattamento del dolore cronico, ai disturbi del sonno, malattie infiammatorie, dermatologiche, problemi digestivi, patologie legate all’ansia («dove non vi sia una componente di ulteriore complessità che diventa di competenza dello psichiatra»), fino ai bambini con difficoltà di concentrazione, adulti con dipendenza da tabagismo, difficoltà di adattamento di pazienti con malattie croniche e via dicendo. «Accompagno la persona in un percorso di ricerca delle risorse interiori che già possiede e nella gestione delle sue emozioni: è importante essere consapevoli della normalità delle emozioni che ci attraversano, bisogna sentirle, accettarle senza lasciarsi invadere da esse e trovando gli strumenti per poterle gestire. Ciò avviene per esempio anche con le tecniche di piena coscienza». La dottoressa Ferrera dice di incoraggiare il dubbio e lo spirito critico con cui i pazienti si potrebbero avvicinare all’ipnosi medica: «Propongo consultazioni al termine delle quali invito il paziente a dirmi se ritiene oggettivamente utile ciò che facciamo, con lo scopo di effettuare il minor numero di sedute possibile e fissando gli obiettivi nel rispetto della sua autonomia personale».
Abbiamo assistito a una seduta durante la quale abbiamo constatato che il paziente resta sveglio e vigile, decidendo in modo autonomo come vuole seguire i suggerimenti del medico che pratica l’ipnosi: «Non importa se mentre parlo il paziente pensa a tutt’altro, ma importa che abbia percezioni gradevoli, perché il suo istinto porterà le immagini giuste al momento opportuno. Incoraggio le persone a ricordare ciò che in consultazione reputano utile per loro, registro la seduta e la consegno loro perché siano autonomi negli esercizi da ripetere a casa ogni volta che vorranno. Più si applica l’ipnosi e meglio funziona; esercitarsi a casa automatizza l’uso delle risorse personali che si scoprono in consultazione».
Negli ultimi anni le neuroscienze hanno sviluppato sofisticate tecnologie per lo studio e la comprensione del funzionamento del cervello: «In questo ambito, l’ipnosi medica e la sua efficacia sono dimostrabili e dimostrate: le neuroscienze ci spiegano infatti come funziona, e che le parti del cervello attivate in ipnosi sono le stesse che si attivano nella vita reale». Dunque, il cervello non fa distinzione fra realtà e ipnosi: «Esso considera reale l’esperienza ipnotica e su ciò costruisce qualcosa di positivo: sono stato in grado di controllare una situazione e ora so che ce la potrò fare di nuovo».
Il paziente ideale che beneficerà dell’ipnosi medica è una persona apertamente curiosa verso qualcosa di nuovo, anche se vecchio come il mondo, e una persona critica e allo stesso tempo motivata che si eserciterà. Gli strumenti dati non sono una terapia, né una bacchetta magica che permette di modificare qualcosa: sono tecniche che il paziente sceglierà in funzione della loro utilità e che straordinariamente gli permetteranno di scoprire la sensazione di aver fatto qualcosa di inaspettato e di grande (ndr: come ad esempio aver superato la claustrofobia da Risonanza). Allora avrà la consapevolezza di poter riuscire a fare chissà cos’altro di inaspettato, rendendosi conto delle proprie risorse e guardando con fiducia al futuro».