In giro per l’Europa

Incontri – Tre autisti di bus turistici di passaggio a Lugano ci raccontano come è il loro lavoro e cosa vuol dire viaggiare ai tempi dell’Isis. «Paura? Nessuna, sono turco, coriaceo, come potrei?», risponde Ahmet Kücük, conducente di una compagnia tedesca
/ 10.04.2017
di Guido Grilli, testo e foto

Giovedì. Mezzogiorno, cielo terso e clima primaverile. La moderna area di pullman lungo il fiume Cassarate dietro allo stadio Cornaredo di Lugano, dotata pure di una modesta pensilina, si concede alla stanchezza di decine di «driver» in viaggio per tutt’Europa come luogo di ristoro dopo ore al volante di confortevoli torpedoni, i più con la scritta «Holiday» a caratteri cubitali. Tracciamo qui il ritratto di chi per lavoro guida pullman da un Paese e una capitale all’altra, da una piccola città a una grande metropoli, dentro e fuori dai confini, abbracciando paesaggi e culture «ogni volta diverse», lontano da casa. Oggi chi stringe tra le mani il volante è in Svizzera, domani sarà a Nizza, la settimana prossima i suoi occhi vedranno Londra oppure Bruxelles.

Il primo a narrare la propria scelta di vita porta il cognome del celebre astronauta che a proposito di viaggi ha toccato la luna. Si chiama Jim Armstrong, 58 anni, originario di Nottingham, nel Regno Unito (Uk) al centro delle cronache per l’imminente uscita dall’Unione europea. Lui si dice felice per la decisione di abbandonare l’Ue. «Per noi le cose non potranno che andare meglio finanziariamente: avremo una moneta più forte, perlomeno lo spero» – dichiara liberando una risata, con una tazza di thè in mano e comodamente seduto al suo posto di conducente e con alle sue spalle i posti dei passeggeri vuoti. «Oggi i miei passeggeri sono a spasso a Lugano, dopo che siamo stati in visita a Como, Bergamo e Milano, poi alle 15 ripartiremo. Lavoro per questa compagnia turistica inglese da tre anni, ma conduco pullman da ormai 18 anni. Amo il mio mestiere. Quando posso godermi questi paesaggi sono felice, è stupendo, mi sento in vacanza, mi sento di vivere in un sogno» – dice esibendo con enfasi un respiro d’aria e indicando l’orizzonte azzurro davanti a sé. «Non tutti i giorni è così. Ma oggi il mio sentimento è questo. Oggi non ho tra l’altro dovuto guidare a lungo, solo tre ore, pochi chilometri appena fuori il confine italiano. Il mio salario? Potrebbe essere migliore. Prendo 100 pounds al giorno (123 franchi, ndr.)». 

L’Europa è confrontata con l’allarme terrorismo. Quanto incide questo fenomeno sul suo mestiere, quotidianamente in viaggio da una nazione all’altra? «Personalmente ne ho paura e lo temo per la mia famiglia e anche per il futuro del Regno Unito» – dice l’autista inglese, evocando le conseguenze dell’attentato del 22 marzo scorso sul ponte di Westminster a Londra. Un altro tema di preoccupazione, avvertito da Jim Armstrong, è la pressione degli immigrati alle frontiere dei Paesi europei. «A Calais, il grande campo profughi poi smantellato dalla Francia, che collega il Regno Unito attraverso il canale di Dover, è per me il passaggio più critico: mi è successo più volte di sorprendere immigrati clandestini nascosti nel mio pullman e di doverli allontanare. Mi accade in media dalle due alle tre volte all’anno. La polizia non interviene. Occorre essere vigili».

A trascorrere tanto tempo tra il traffico di strade e autostrade europee è anche Ahmet Kücük, 54 anni, cittadino turco con passaporto tedesco. «Faccio questo mestiere da 25 anni, praticamente da sempre». Per lui i problemi non si chiamano né terrorismo internazionale né clandestini, bensì più concretamente la sua preoccupazione maggiore sono le aree di parcheggio dei torpedoni, «troppe volte occupate abusivamente dalle auto private e così ci troviamo spesso costretti a cercare altri posti non propriamente consoni e la polizia ci fa storie. Qui a Lugano invece questo spiazzo è assolutamente all’avanguardia, anche se un po’ fuori dal centro cittadino. Sono una ventina di anni che faccio tappe intermedie di viaggio a Lugano e mi sono sempre trovato bene, soprattutto qui il parcheggio è gratuito» – sottolinea il conducente di lungo corso, che da cinque giorni guida il suo gruppo di 27 turisti pensionati, tra cui «un vivace 96enne in carrozzella» tra Como, Ascona, Lago Maggiore e che si appresta a ripartire verso l’Austria e la Germania. 

Cosa ama di più del suo mestiere? «L’azienda per la quale lavoro è sana e lo stipendio abbastanza buono, 2’500 euro al mese. Certo non sono i salari che pagano ai conducenti in Svizzera o in Lussemburgo. Fortunatamente ho tre figli, ma già tutti indipendenti, a parte l’ultimo di 19 anni che frequenta l’università. Il grande problema è il tempo libero: ormai la mia prima casa è questa» – afferma Ahmet battendo l’indice sul volante. «Poi, seconda, viene la casa a Berlino». «Il prossimo weekend sarò in congedo, ma poi mi attendono sei giorni di filata di lavoro in Olanda, poi altri due giorni di pausa, e quindi dovrò guidare per altri cinque giorni in Austria. La mia vita è al volante di questo bus: Svizzera, Italia, Croazia, Ungheria, fino in Russia. Riesco comunque anch’io, come i miei turisti a bordo, a vedere città e realtà nuove e inoltre la nostra ditta ci paga l’albergo e il buon cibo, so di altri conducenti costretti invece a dormire la notte all’interno del loro torpedone».

Stesso Paese di provenienza, la Germania, ma differente compagnia turistica è quella per la quale lavora Frank Hartmann, 58 anni, di Dortmund, che rinuncia «senza problemi» alla sua breve siesta nel suo posto di guida per offrire il proprio racconto di conducente professionista, che svolge ininterrottamente da tre decenni. «Del mio lavoro mi piace la libertà, in giro per l’Europa e di poter vedere cose sempre diverse. Io non sono certo il tipo da ufficio. Compio viaggi per i turisti ovunque, dalla Sicilia a Mosca. Certo, non posso dire che non sia anche un lavoro stressante, ogni giorno in mezzo a un traffico crescente». 

La spaventa il terrorismo? «Non ho paura. Se deve accadere può accadere ovunque, non importa se fai il conducente di autobus o chissà quale altro mestiere. Nel mondo siamo tutti stranieri». Quante ore di guida compie al giorno? «Dipende, in ogni caso al massimo otto, intercalate sempre da pause ogni due ore. Sono in viaggio per la maggior parte dell’anno. In definitiva, sono a casa pochi giorni nell’arco di dodici mesi». Vive solo? «Sì. Questo non è un mestiere per chi ama la vita di famiglia. Quella l’ho avuta un tempo, ho avuto anche una figlia che oggi ha 36 anni. È andata così, bisogna accettarlo. Ora quando torno a casa c’è solo posto per la stanchezza», dice Frank Hartmann, il quale riporta il discorso sulla passione del viaggiare tra un Paese e l’altro e dove – assicura – «per comunicare con il resto del mondo mi bastano il tedesco e quattro parole di inglese».