In difesa dei «genitori pigri»

Psicologia  ◆  Per madri e padri, secondo le ultime tendenze in arrivo da Gran Bretagna, Stati Uniti e Spagna, è ora di «fare meno»e lasciare che i figli si annoino anche durante le lunghe vacanze estive
/ 19.06.2023
di Stefania Prandi

L’ultima, in ordine di tempo, a suggerire una regola che a molti può suonare strana, è la psicologa inglese Jenna Vyas-Lee. Specializzata in sviluppo infantile, nel suo studio al centro di Londra riceve, da anni, genitori in preda all’esaurimento. E a tutti dà la stessa indicazione: «Fate meno».

In un’intervista al quotidiano «The Telegraph», ha raccontato che madri e padri esausti si rivolgono a lei per capire come migliorare nel loro ruolo genitoriale. Vyas-Lee risponde: «Abbandonate l’idea di performance e smettete di leggere libri e ascoltare podcast sulla genitorialità». A detta della psicologa, il ruolo dei genitori di oggi è diventato insostenibile perché improntato eccessivamente al sacrificio. Stimolati in continuazione da un’industria multimiliardaria, amplificata dai social media, i genitori sono ossessionati da modelli che impongono cosa sia giusto dire e fare con i propri figli. Una pressione che crea malumore e ansia ai grandi e non giova per niente ai più piccoli, intrappolati in un carosello infinito di appuntamenti di gioco, sport, attività e «tempo di qualità» con la mamma o il papà, senza potere godere dei «tempi vuoti» dell’infanzia.

La teoria del «fare meno» – indicata anche come «genitorialità pigra» (definizione che può sembrare negativa, senza volerlo essere) – invece dell’iperstimolazione prevede un approccio più distaccato, che permetta al bambino di sperimentare la vita in modo indipendente, affrontando le conseguenze naturali delle proprie azioni e decisioni. I «genitori pigri» possono trascorrere un intero pomeriggio a guardare un cartone animato o un film con i propri figli sul divano, cenando poi tutti insieme, senza sentirsi in colpa di non avere fatto altro. Secondo un sondaggio dell’American Heart Association, un pasto al giorno in famiglia è sufficiente per ridurre significativamente lo stress, aumentare l’autostima e favorire la connessione sociale, soprattutto per i più piccoli.

Peter Gray, psicologo, per oltre trent’anni ricercatore al Boston College, autore di diversi testi tra i quali Lasciateli giocare, pubblicato in italiano da Einaudi, ha passato anni a rivendicare il gioco libero come base dell’apprendimento e a pretendere che all’infanzia fossero restituite l’autonomia e la libertà del passato. A suo avviso, i bambini di oggi sono troppo affaticati dalle continue attività imposte dagli adulti e crescono sprovvisti di strumenti per affrontare le crisi emotive. Gray si domanda: se non cadono mai, o se ogni volta che lo fanno vengono subito soccorsi, se restano senza spazi per l’improvvisazione, come svilupperanno la resilienza (cioè la capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà)?

Sembrano trascorsi secoli – invece sono passati soltanto pochi decenni – da quando bambini e adolescenti girovagano, lontani dalla supervisione e dal controllo diretto degli adulti. I bimbi di cinque anni andavano all’asilo a piedi da soli o con gli amici e giocavano, con i più grandi, nei parchi o nei campi. In un articolo pubblicato lo scorso marzo su «Psychology Today», Gray riflette sugli effetti della genitorialità incentrata sul controllo e sull’occupazione del tempo libero dei propri figli. Nel testo cita un’indagine realizzata negli Stati Uniti del 2019 nei Centers for Disease Control. Secondo la ricerca, nel 2018 (quindi prima della pandemia), quasi il quaranta per cento degli studenti delle scuole superiori provava sentimenti persistenti di tristezza o disperazione, mentre il venti per cento aveva preso in considerazione l’ipotesi del suicidio. In un nuovo articolo del «Journal of Pediatrics», scritto sempre da Gray insieme ai colleghi David Lancy (antropologo che ha studiato i bambini di tutto il mondo) e David Bjorklund (psicologo autore di libri di testo sullo sviluppo cognitivo dei bambini), è stata creata una sintesi delle varie linee guida che dimostrano come i bambini abbiano bisogno di maggiore indipendenza. Secondo decine di ricerche, il gioco e il tempo libero promuovono la felicità non solo nel breve, ma anche nel lungo periodo.

Emilia Martínez Saura, psicologa della clinica Mens Sana di Cartagena, in Spagna, cita un sondaggio di Lingokids, spiegando che nello sforzo di essere perfetti sette genitori spagnoli su dieci rischiano il burnout. Otto su dieci si sentono, da un lato, in colpa per non aver dedicato ai figli abbastanza tempo e, dall’altro, sono frustrati per non avere spazi per se stessi. Le conseguenze sono stanchezza, difficoltà a dormire, ansia, malumore e irritabilità. Martínez Saura osserva il fenomeno anche nella sua pratica quotidiana. I genitori fanno i compiti con i figli, guardano i loro giochi e organizzano i loro orari.

Questo, oltre a impedire lo sviluppo dei piccoli come persone responsabili e indipendenti, porta a focalizzare l’attenzione sul fallimento. Il messaggio che ricevono è di non essere abbastanza capaci e di deludere gli adulti.

Jenna Vyas-Lee insiste sulla necessità di allentare la vigilanza. È possibile che i bimbi si annoino, ma poco male: il tedio stimola la creatività, permette di trovare nuova energia e «ossigena» i neuroni. Il sito Best Case Parenting.com ribadisce che la «genitorialità pigra» permette agli adulti di essere presenti e intervenire solo al momento del bisogno. In modo provocatorio, Karol Markowicz, editorialista di «The New York Post», quando le viene chiesto cosa faranno i suoi figli durante le vacanze scolastiche, risponde: «Niente». Mandare la bimba di cinque anni a uno dei campi giochi estivi costringerebbe l’intera famiglia ad alzarsi presto e il fratellino di due anni resterebbe senza compagnia. «Sono una madre pigra e ne vado fiera», assicura. I bimbi trascorrono, comunque, del tempo al parchetto, la casa è piena di giochi e possono anche guardare i cartoni animati, con moderazione. «Crescere dei figli per me e mio marito è faticoso e non c’è motivo di renderlo più difficile, logorandoci alla ricerca di un intrattenimento costante».