«Il progetto “Impariamo a studiare: alla scoperta dei metodi di studio” è nato una decina di anni fa, nel Locarnese. Vi era un unico docente formato ad hoc per questo ruolo, per cui l’offerta si limitava ad uno o due percorsi annuali, nella regione, destinati ai ragazzi di scuola media, senza distinzione di età». Descrive così la nascita dei corsi voluti da Pro Juventute della Svizzera italiana Roberta Wullschleger, che due anni fa, quando il progetto ha raggiunto un’ampiezza tale da necessitare un coordinamento, ha assunto il ruolo di responsabile, lasciando quello di docente, che esercitava da cinque anni. Nel tempo, infatti, il corso ha conosciuto un successo crescente, che ha spinto Pro Juventute Svizzera italiana ad ampliare progressivamente il suo progetto.
Attualmente i percorsi, suddivisi per ragazzi del primo e del secondo ciclo, sono proposti a Chiasso, Paradiso, Bellinzona, Locarno e nelle Tre Valli in autunno e in primavera; il corso primaverile del 2021 comincia proprio in questi giorni. «Per la precisione, i percorsi autunnali si rivolgono a ragazzi a partire dalla seconda media; quelli di prima possono prendere parte ai corsi che si tengono nella seconda parte dell’anno», puntualizza Roberta Wullschelger, «questo perché da settembre a dicembre, le ragazzine e i ragazzini di prima media impiegano tutte le energie nello scoprire il nuovo mondo in cui si trovano immersi: nuovi compagni, docenti, modi di relazionarsi, orari, metodi di insegnamento, nuove materie ed aspettative nei loro confronti, una struttura scolastica diversa, un viaggio casa-scuola per molti di loro più lungo, eccetera. Insomma, le novità sono così tante che un tempo di adattamento è necessario e fisiologico. Dopo la pausa natalizia, in genere, corpo e mente si sono abituati e adattati alla nuova realtà ed ecco allora che loro energie possono essere utilizzate per qualcosa di nuovo».
La proposta di Pro Juventute Svizzera italiana, che fin dalla sua nascita si inserisce all’interno del progetto educativo della Fondazione, oltre ad essere cresciuta, nel corso degli anni si è pure affinata: «Grazie alle esperienze fatte sono stati apportati quegli accorgimenti che meglio permettono di raggiungere lo scopo principale di ogni nostra attività, ovvero consentire ai giovani di vivere un’esperienza di senso, all’interno della quale siano loro i veri protagonisti e dalla quale ognuno possa uscire con una maggiore conoscenza di sé, delle proprie inclinazioni e dei propri bisogni», commenta la responsabile, «oggi nella fattispecie lavoriamo con piccoli gruppi (massimo 12 partecipanti) distinti per fasce di età, cui proponiamo un percorso dai tempi relativamente lunghi – come sono peraltro i tempi dell’educazione – (10 incontri settimanali di 1h30 l’uno) e curiamo molto non solo i contenuti legati alle modalità di apprendimento, ma anche e soprattutto gli aspetti relazionali e la vita del gruppo stesso, anch’essi di grande importanza».
Obiettivo del progetto è quello di offrire ai ragazzi delle basi solide per quanto riguarda metodi e tecniche di studio. Sappiamo infatti che negli insuccessi scolastici – che in genere si cominciano a manifestare proprio durante gli anni delle scuole medie – una scarsa organizzazione e la mancanza di un approccio sistematico allo studio giocano un ruolo di rilievo. Senza metodo e senza tecnica l’esperienza dell’apprendimento scolastico corre inoltre il rischio di limitarsi ad essere un pesante esercizio, senza riuscire ad esprimere la propria dimensione di esperienza educativa interessante e piacevole.
«In questi anni ci siamo accorti che la difficoltà nel trovare una propria modalità di lavorare non si limita solo ai ragazzini delle scuole medie, ma si ritrova anche nei ragazzi più grandi, che frequentano una scuola post-obbligatoria, sia a tempo pieno che all’interno di una formazione duale (apprendistato) – commenta Roberta Wullschleger – credo che una possibile causa sia semplicemente la disabitudine che abbiamo a fermarci e chiederci che cosa stiamo facendo, come lo stiamo facendo e soprattutto perché lo stiamo facendo. Siamo sempre più portati a rispondere alle esigenze che l’esterno (le aspettative della società, dell’ambiente in cui cresciamo,…) ha su di noi piuttosto che chiederci quali siano i nostri reali bisogni, desideri e quale sia il senso che ci porta a fare ciò che stiamo facendo. È un atteggiamento che ci caratterizza un po’ tutti e che ci porta ad essere scollegati da noi stessi, a conoscerci sempre meno. Come posso appropriarmi di una nuova conoscenza se non mi conosco? Dove andrà a depositarsi e crescere il nuovo seme se non conosco il terreno nel quale semino e non gli ho preparato uno spazio dedicato?».
Per trovare le strategie e la modalità di lavoro che meglio si adattano alle proprie capacità di apprendimento, è quindi essenziale conoscersi, esplorarsi, osservarsi ed essere in ascolto verso sé stessi. «Farlo da soli non è però sempre facile – spiega la responsabile del progetto – trovarsi in un contesto come il nostro, dover venire a conoscenza dell’esistenza di diversi modi di apprendere, avere la possibilità di confrontarsi con altri, condividere le proprie difficoltà e insieme provare a trovare delle vie per farvi fronte e avere poi l’occasione di metterle in atto, proprio con lo scopo di individuare ciò che più conviene ad ognuno, è sicuramente una valida opportunità per trovare la propria strada».
Durante i dieci incontri si vanno a toccare i punti principali dei metodi di studio: dalla sottolineatura, alla schematizzazione, passando alla ricerca delle parole chiave e la loro categorizzazione, per citarne solo alcuni. Il fatto di approfondire tecniche e strategie riconosciute, porta in automatico a lavorare su aspetti focali dell’attività di uno studente, quali l’attenzione, la concentrazione, la comprensione, l’assimilazione e la memorizzazione.
Oltre a lavorare su tecniche e metodi, il progetto si propone poi di fornire degli spunti di approfondimento relativi alla concezione stessa dello studio, grazie ai quali i ragazzi possono comprendere come uno studio adeguato e curato porti ad essere maggiormente consapevoli delle proprie capacità e delle proprie facoltà. Imparare a studiare significa così scoprire le opportunità che si celano dietro l’acquisizione di competenze, che possono anche essere spese sul piano relazionale: con i propri compagni di scuola, i membri della propria famiglia e altre persone in generale.
«Il corso fornisce gli strumenti per organizzare meglio il proprio tempo, l’ambiente di lavoro e il metodo di studio, con l’obiettivo di rendere i momenti ad esso dedicati più efficaci – e di conseguenza più brevi – e pure più soddisfacenti, visto il miglioramento dei risultati che è lecito attendersi», sottolinea la responsabile di progetto. Il riscontro da parte dei ragazzi è in genere positivo e i genitori, da parte loro, osservano spesso un cambiamento nei loro figli, sia nell’attitudine che, appunto, nei risultati.
Abbiamo appena toccato un aspetto fondamentale nella società di oggi, quello del tempo. «Una migliore organizzazione dello studio e l’utilizzo di strategie adeguate alle proprie modalità di apprendimento fanno sì che il tempo impiegato per studiare diminuisca. Non è infatti solo la quantità di ore passate sui libri a fare la differenza, ma anche la qualità con cui questo tempo è impiegato – afferma Roberta Wullschleger – per noi questo concetto è molto importante, anzi direi fondamentale, soprattutto se pensiamo che stiamo parlando di ragazzi e ragazze che hanno tra gli undici e i quindici anni e che passano gran parte della loro giornata sui banchi di scuola. Riuscire ad ottimizzare il tempo di studio per poter avere ancora a disposizione del tempo libero è davvero importante per i ragazzi. Come è altrettanto importante che il tempo e le energie dedicati allo studio diano i loro frutti, quali ad esempio dei risultati che corrispondano all’investimento».