Il top sportivo, fra ieri e oggi

Sport - Per il pubblico televisivo, i migliori sportivi svizzeri del 2019 sono il re della lotta Christian Stucki e la sprinter Mujinga Kambundji
/ 06.01.2020
di Giancarlo Dionisio

Centoquaranta chili di muscoli, distribuiti su 198 centimetri di statura. Sono le misure di Christian «Chrigu» Stucki, eletto, lo scorso dicembre, Sportivo svizzero dell’anno 2019. Ha preceduto l’immortale Roger Federer, e il pluricampione del mondo della MTB, Nino Schurter. La classifica non l’hanno stabilita i giornalisti, o gli esperti di turno. No, il verdetto è stato espresso mediante il televoto, dai telespettatori delle tre reti televisive nazionali. Non si è trattato di un plebiscito, tuttavia il successo dell’atleta bernese è stato tutto sommato netto. E pure un poco sorprendente.

Stucki si è laureato, l’estate scorsa, Schwingerkönig, re della lotta svizzera, ovvero colui che in pochi giorni, a volte in pochi minuti, passa dall’anonimato alla notorietà. Il successo di Chrigu assume un’enorme valenza storica. Dal 1950, da quando è andato in scena lo Swiss Sport Award, mai un lottatore era riuscito a primeggiare. Eppure, nel corso degli anni, non sono mancati i personaggi capaci di calamitare le attenzioni dei rotocalchi e delle TV.

Pensate ad esempio a Jörg Abderhalden, sovrano in ben tre occasioni (1998-2004-2007), ma sempre sconfitto al Gala dello sport, una volta dal campione mondiale di ciclismo Oscar Camenzind, due volte dall’inarrivabile Roger Federer. Sebbene Abderhalden fu poi capace, paradossalmente, di conquistare nel gennaio del 2008, il titolo di Svizzero dell’anno, primo in una classifica assoluta, che comprende gente di sport, cultura, spettacolo, scienza, politica ed economia.

Come spiegare il trionfo di un lottatore dopo 69 sconfitte? Segno dei tempi? Voglia di radici, di tradizioni? Cosa c’è, in ambito sportivo, di più tradizionale della lotta svizzera? A livello iconografico, i primi reperti risalgono al 1400 e si trovano nella cattedrale di Losanna. La prima edizione della Schwingfest, la Festa della lotta, si tenne nel 1805 nelle Alpi bernesi, vicino alle antiche rovine del castello di Unspunnen, toponimo che ci riconduce alla celeberrima pietra omonima di 83,5 chili, oggetto di una gara di lancio, che fa da corollario al torneo di lotta.

Voglia di «local», quindi? Desiderio di sottolineare e riaffermare, con energia e con amore, magari anche con qualche paura, l’importanza della nostra storia? Sì, magari, forse!

Ogni medaglia ha il suo rovescio. La Sportiva svizzera dell’anno è figlia di madre svizzera e padre congolese: la sprinter Mujinga Kambundji, medaglia di bronzo sui 200 metri ai Mondiali di Doha. Più minuta rispetto a Stucki, solo 168 cm per 59 chili, ma altrettanto esplosiva. Lo ribadisco: ha votato il pubblico, quindi presumo persone di matrice culturale elvetica, ma anche altre appartenenti alle varie comunità etniche presenti sul nostro territorio. Il verdetto è stato per certi versi sorprendente, ma non certo perché le prestazioni di Mujinga siano state inferiori a quelle delle rivali. È stata la prima incoronazione di un’atleta di colore, da quando nel 1971 anche le donne sono state ammesse al concorso. Inoltre, abbiamo assistito a un ribaltamento di ottica.

Fra le sconfitte ci sono, Daniela Ryf, triatleta, e Belinda Bencic, tennista, quindi sportive provenienti da discipline che negli ultimi anni hanno raccolto parecchi allori, e le sciatrici Wendi Holdener, campionessa mondiale di Supercombinata, e Corinne Suter, due volte sul podio iridato nelle discipline veloci. Siamo un paese di sciatori. Negli albi d’oro, gli sportivi della neve e del ghiaccio la fanno da padroni, con 23 trionfi in campo femminile, 11 in quello maschile. Credo tuttavia che il pubblico abbia capito e apprezzato l’unicità del risultato di Mujiinga Kambundji, in una disciplina, lo sprint, così apparentemente primordiale, e così fitta di concorrenza di altissimo livello. Tant’è vero che anche la staffetta 4 per 100, formata anche dalla ticinese Ajla Del Ponte, da Salomé Kora e da Sarah Atcho, è stata nominata squadra dell’anno, nonostante il quarto posto ai Mondiali, a fronte, ad esempio, dell’oro conquistato dalla staffetta rossocrociata di Mountain Bike, capitanata da Nino Schurter.

Un solo punto accomuna il re e la regina dello sport elvetico: sono entrambi bernesi. Entrambi hanno ringraziato il pubblico in perfetto Bärntütsch.