Trovare un fidanzato, rispettivamente una fidanzata, è uno dei desideri che più manifestano le persone con disabilità nell’ambito della loro sfera affettiva e sessuale. L’autonomia e l’autodeterminazione, mete verso le quali negli ultimi decenni le persone stesse e le loro famiglie hanno mosso passi fondamentali, comprende anche questa intima componente della vita. Da fonte di imbarazzato silenzio l’argomento è diventato dapprima oggetto di discussione e risposte puntuali, poi parte integrante del piano di sviluppo individuale allestito dagli operatori degli istituti di accoglienza. Alle formazioni iniziali dedicate a utenti, famiglie e operatori promosse da Atgabbes (Associazione ticinese di genitori ed amici dei bambini bisognosi di educazione speciale) sono seguiti, grazie anche a nuove linee guida a livello nazionale e cantonale, approcci globali e coordinati. Lo conferma il corso «Come accogliere e accompagnare la sessualità delle persone con disabilità» organizzato da Atgabbes unitamente alle fondazioni OTAF di Sorengo e San Gottardo di Lopagno. Terminata un mese fa, la formazione è probabilmente la prima in Ticino di tale spessore, preludio a un percorso di continuità per gli operatori che l’hanno seguita e a servizi più strutturati nelle due fondazioni.
Il punto di riferimento nel nostro cantone per le questioni legate all’affettività e alla sessualità delle persone con disabilità è il settore di Atgabbes che nel nome riprende i due concetti. Promosso in maniera più organizzata e capillare grazie anche al riconoscimento finanziario dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali nel 2012, il settore è stato presentato negli istituti che ospitano persone con disabilità l’anno successivo. Sono quindi trascorsi poco più di dieci anni da quando Atgabbes ha deciso di rispondere alle richieste delle famiglie con un servizio specifico dedicato a questo tema delicato. «Il percorso di crescita di bambine e bambini con disabilità racchiude numerose sfide per loro stessi e i genitori», spiega Donatella Oggier-Fusi, consulente e referente del Settore affettività e sessualità, da anni attiva professionalmente nell’associazione. «Fino ad alcuni decenni fa, l’accento era posto su altre priorità, come l’integrazione scolastica e professionale o ancora la possibile autonomia abitativa in età adulta. L’aspetto affettivo e sessuale, più che essere considerato parte integrante dell’identità umana lungo l’intero arco della vita, tendeva a emergere quale questione problematica legata a comportamenti non adeguati. Atgabbes ha iniziato alla fine degli anni Novanta a proporre corsi sulle relazioni e l’innamoramento dapprima per i giovani adulti con disabilità intellettive, poi per le loro famiglie». Il tema si è quindi sviluppato progressivamente nell’ambito dell’organizzazione dei genitori e negli istituti, come conferma Luca Soldini, Capo settore risorse umane e formazione della Fondazione OTAF. Al riguardo precisa: «Nella vita quotidiana dei laboratori protetti e delle strutture residenziali la tematica è sempre stata presente, ma affrontata per molto tempo senza poter contare su linee guida (introdotte all’OTAF l’anno scorso) e su conoscenze specifiche da parte degli operatori».
Le relazioni e la qualità di vita
A distanza di trent’anni l’argomento viene affrontato come altri nella formazione professionale degli operatori e discusso comunemente nelle nuove generazioni di famiglie. Per Donatella Oggier-Fusi questo cambiamento è significativo, perché le relazioni affettive e sessuali vanno considerate parte della qualità di vita di ogni essere umano, indipendentemente dalla sua disabilità. A livello internazionale questi principi sono racchiusi nella Convenzione ONU per le persone con disabilità. Punto di riferimento sul piano nazionale è la guida realizzata dalla Fondazione Salute Sessuale Svizzera e INSOS (Associazione di categoria dei prestatori di servizi per le persone in situazione di handicap), disponibile in italiano dal 2018. La pubblicazione, intitolata Sessualità, intimità e vita di coppia. Guida per l’accompagnamento delle persone con disabilità in istituzione, è stata utilizzata quale punto di partenza nel corso formativo svoltosi sull’arco di quattro giornate e al quale hanno partecipato venti operatori.
«Con questo corso – afferma Donatella Oggier-Fusi – si è voluto fornire ai partecipanti gli strumenti necessari per poter progettare e realizzare negli istituti percorsi educativi idonei e coerenti. Gli operatori formati rappresentano una risorsa interna per le fondazioni, come pure per l’intera rete di sostegno agli utenti. Negli ultimi dieci anni l’approccio si è fatto più pragmatico con risposte in sintonia con quanto viene espresso dalle persone con disabilità nella vita di ogni giorno. È importante disporre di spazi e tempi adeguati per poter parlare di carezze, di gesti che incarnano l’affetto, l’amore, la sensualità e la sessualità. L’ordine di queste ultime parole non è casuale; rispecchia infatti le priorità espresse dalla maggior parte delle persone coinvolte». Altra caratteristica della formazione, l’implicazione personale dei partecipanti chiamati a iniziare dalle proprie rappresentazioni per poi traslarle nell’ambito della disabilità. Attraverso attività teoriche, pratiche ed esperienziali, si è affrontato sia il trattamento di comportamenti problematici con i relativi interventi, sia il progettare percorsi educativi. «I nostri operatori – aggiunge Luca Soldini – hanno apprezzato la possibilità di conoscere metodi di lavoro e di accedere a fonti bibliografiche, in modo da riuscire ad agire al meglio nel rispetto dell’utente e delle sue esigenze. Un esempio in questo senso è offerto dal Sistema delle bandiere (Flag System), strumento per promuovere relazioni sane e positive, prevenendo le forme di violenza. Già sperimentato in Belgio e nei Paesi Bassi, il sistema si basa su disegni che rappresentano situazioni di vita quotidiane e che possono fungere da spunto per sedersi insieme e avviare il discorso con bambini, giovani e adulti». Per i nostri interlocutori, inoltre, un elemento essenziale del corso, che ha potuto contare sulla presenza di esperti provenienti da fuori cantone, è il confronto fra gli operatori e la necessità di lavorare in rete, scambiandosi idee e buone pratiche.
Educazione, diritti e bisogni
Gli approcci teorici e metodologici ai quali si ispira l’esperienza ticinese sono due: quello italiano che fa capo allo psicologo Fabio Veglia e quello del resto della Svizzera. Ognuno ha le sue specificità con il primo a privilegiare la via educativa, mentre il secondo tende a concentrarsi sui diritti delle persone con disabilità per quanto riguarda la sfera affettiva e sessuale. «È soprattutto in questa seconda visione – aggiunge al proposito Donatella Oggier-Fusi – che si inserisce la figura dell’assistente sessuale, presente anche in Ticino, ma poco sollecitata. Il suo intervento, legato alla ricerca di risposte a bisogni fisiologici, viene in genere attivato dalla persona stessa o dalle figure di riferimento in modo mirato nel contesto di un percorso più ampio». A prevalere, come già rilevato, sono gli aspetti affettivi e relazionali.
Offrire sempre maggiori competenze alle persone con disabilità affinché possano sentirsi a loro agio nella società coinvolge ogni sfera della vita, compresa quella affettiva e sessuale. Regole sociali, occasioni, pericoli vanno affrontati in ogni contesto, senza dimenticare l’influenza dei social media che ha accelerato la necessità di occuparsi in maniera strutturata di questa tematica. Per far fronte alle crescenti richieste, il settore Affettività e Sessualità di Atgabbes può ora contare su una nuova risorsa nella persona di Melanie Gallino. Con il corso appena concluso anche per gli istituti coinvolti si apre un nuovo capitolo. Luca Soldini: «Desideriamo creare gruppi di lavoro interni per poi mettere in atto servizi e strategie che possano essere di sostegno ai bisogni specifici dei singoli utenti. Procederemo per gradi, identificando tempi e spazi da dedicare all’accompagnamento, sviluppando una cultura d’istituto anche in questo ambito». Il benessere della persona con disabilità rimane prioritario. L’obiettivo della sua inclusione nella società è perseguito con risposte appropriate rispetto ai suoi bisogni in ogni componente della vita, quindi anche in quella affettiva e sessuale, per la quale necessita un’educazione e un accompagnamento da assicurare in armonia nei diversi contesti, dalla famiglia agli istituti, alla rete professionale esterna.