Il sogno dei vaccini anti cancro

Medicina - Carattere preventivo e terapeutico sono la cifra dei vaccini antitumorali per guardare al futuro
/ 04.07.2022
di Maria Grazia Buletti

«La vaccinazione “anticancro” può avere uno scopo preventivo molto importante, e fornisce all’organismo di un soggetto sano gli strumenti per attaccare agenti infettivologici patogeni che sono in grado di favorire la crescita di certi tipi di tumore». A parlare è la professoressa Silke Gillessen, direttore medico e scientifico dello IOSI, che nel numero 25 di «Azione» del 20 giugno 2022 (Le nuove frontiere della ricerca oncologica) ci ha permesso di esplorare le nuove prospettive di ricerca e terapeutiche dell’immunoterapia oncologica, insieme al responsabile medico della ricerca IOSI Anastasios Stathis.

Per focalizzare il discorso sui vaccini contro i tumori, un esempio su tutti riguarda quello della cervice uterina che è fra i più difficili da curare e per il quale il vaccino contro il HPV (papilloma virus umano) è estremamente efficace. Lo spiega bene la professoressa Gillessen che ricorda come quest’ultimo sia responsabile pure di tumore a pene, orofaringe e ano: «Ecco perché il vaccino è determinante! Inoltre, un recente studio inglese ha dimostrato che le donne vaccinate hanno l’87 per cento di probabilità in meno di avere un cancro alla cervice; se ne può dedurre che se tutti fossero vaccinati, questo tumore si ridurrebbe sostanzialmente».

Gli esperti dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) sono infatti convinti che il tumore della cervice potrebbe essere eliminato a livello globale entro la fine del XXI secolo proprio grazie all’efficacia di questo vaccino e ad altri strumenti di prevenzione e di screening. A questo proposito hanno lanciato un’iniziativa globale che, per la prima volta nella storia dell’umanità, punta a eliminare definitivamente un tumore.

Di principio queste immunizzazioni funzionano come le altre, solo che invece di proteggere l’organismo da influenza, tetano o malattie esantematiche, lo difendono da infezioni potenzialmente cancerose. Altro esempio, oltre al vaccino per il tumore della cervice: «Ci sono i vaccini contro epatite B, il cui virus è tra i fattori di rischio del cancro al fegato». In aggiunta a quelli preventivi, in oncologia si dispone di vaccini cosiddetti terapeutici. Il dottor Stathis così ne definisce l’azione: «Essi stimolano il sistema immunitario perché attacchi un tumore, mentre non servono a prevenirlo. Sono dunque strumenti di cura e non di prevenzione, progettati in base alle caratteristiche specifiche del tumore stesso».

Gillessen porta ad esempio un vaccino di cellule dendritiche per il tumore alla prostata approvato negli USA: «È logisticamente molto difficile da produrre, in quando bisogna modificare le cellule stesse del paziente perché agiscano contro una proteina specifica per il tumore alla prostata, ma bisogna dire che, ad oggi, questo vaccino ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza nei pazienti con cancro alla prostata metastatica». La ricerca è fondamentale e prosegue a ventaglio, «in combinazione con i nuovi checkpoint inhibitors».

«Per ora si tratta di pura ricerca che associa i vaccini agli anticorpi che attivano il sistema immunitario, dove convergono tante combinazioni (e anche tentativi) per migliorare questi farmaci dal punto di vista strutturale». Non a caso nel campo della ricerca vaccinale emerge la tecnologia mRNA di cui tanto si è parlato in merito al vaccino anti Covid-19. «I vaccini a mRNA funzionano in modo diverso rispetto a quelli tradizionali: non contengono virus vivi, attenuati o frammenti del rivestimento virale, mentre invece sfruttano molecole di acido ribonucleico messaggero (mRNA) per “insegnare” alle nostre cellule come assemblare la proteina Spike, che è la chiave con cui il Coronavirus SARS-CoV-2 entra nell’organismo e lo infetta. La proteina Spike così assemblata viene riconosciuta come estranea dal sistema immunitario che, a sua volta, produce anticorpi neutralizzanti in grado di bloccare il Coronavirus. In questi vaccini c’è dunque solo l’informazione genetica che serve alla cellula per costruire copie della proteina Spike».

Una tecnologia, quella mRNA, che però non è nata con il Covid-19, ma nell’ambito di ricerca vaccinale oncologica e Gillessen lo spiega così: «Per arrivare ai vaccini a RNA messaggero ci sono voluti molti anni di ricerca finalizzati però a un altro importantissimo obiettivo: la lotta contro i tumori. Il sogno degli scienziati, che fino a oggi non ha avuto successo, era ottenere un vaccino terapeutico contro il cancro; andare in questa direzione ha però prodotto il risultato fondamentale che conosciamo nella lotta al Coronavirus».

Questo è un chiaro esempio di come la ricerca, anche quella oncologica, va avanti in un’ottica evolutiva e globale. Ciascuno dei ricercatori aggiunge dei mattoni all’edificio; questi possono essere più grandi, più visibili, oppure possono essere più piccoli o nascosti: tutto è parte di un percorso che, per molti aspetti, è simile a una corsa a staffetta nella quale il testimone viene passato da uno all’altro, da continente a continente, mentre tutti corrono, e spesso ci vogliono parecchi anni per giungere a evidenze scientifiche approvate. Il sogno dei vaccini antitumorali ha portato ai primi vaccini anti Covid-19 e ci si chiede dove possa condurre in futuro.

I nostri interlocutori sono concordi: «I risultati ottenuti con i vaccini mRNA sono comunque ancora soggetti a ulteriori studi e stanno alimentando la ricerca. Intanto, non dobbiamo dimenticare che abbiamo già due vaccini preventivi contro il cancro dei quali abbiamo già accennato ma che è importante ribadire: quello antiepatite B, che previene non solo la malattia infettiva ma pure il tumore epatico (ndr: una delle conseguenze dell’epatite cronica), e quello che protegge dall’infezione del papilloma virus umano (HPV) che causa i tumori della cervice uterina e altri tipi di tumore e che, non dimentichiamo, colpiscono donne e uomini».

Ricordiamo che lo IOSI si sta globalmente muovendo in direzioni differenziate. Infine, la professoressa Gillessen accenna a due differenti modalità che, ribadisce, già si stanno utilizzando «di routine»: «Si tratta di quegli approcci che tolgono i freni al sistema immunitario (checkpoint inhibitors) e più recentemente delle cellule CAR-T». Così si guarda a un futuro che disponga di sempre più armi per combattere il cancro.