La collaborazione fra Comuni, servizi e famiglie, la diffusione e lo scambio di informazioni, la disponibilità di spazi per attività di aggregazione. Sono queste le principali indicazioni per lottare contro la povertà nella prima infanzia, povertà che trascende l’aspetto economico per interessare l’accoglienza, il processo di apprendimento e quello di crescita dentro e fuori la famiglia. I Comuni sono chiamati a giocare un ruolo strategico con il supporto dei rispettivi Cantoni soprattutto per inserire le misure di sostegno a favore delle famiglie in una strategia coordinata. Con il Programma nazionale contro la povertà che si conclude proprio nel 2018 – ma con un rinnovato impegno già espresso dal Consiglio federale lo scorso 18 aprile – si è cercato negli ultimi cinque anni di rafforzare l’efficacia e il coordinamento delle misure esistenti.
In Ticino la Legge per le famiglie del 2003 e le iniziative seguite alla presentazione nel 2013 del «Quadro d’orientamento per la formazione, l’educazione e l’accoglienza della prima infanzia in Svizzera» hanno favorito lo sviluppo di una strategia cantonale e di una rete di collaborazione che si distingue a livello nazionale. Non a caso lo scorso anno la mostra nazionale dedicata a come i bambini scoprono il mondo è partita con successo proprio da Bellinzona. Oltre 9000 visitatori a Castelgrande e più di 5000 partecipanti a un centinaio di eventi organizzati in tutto il Ticino hanno lanciato l’esposizione su un percorso ancora in corso nel resto del Paese. A Bellinzona il recente seminario (uno dei sei organizzati in Svizzera) «Prima infanzia: oltre la povertà economica. Quale ruolo e quali progetti per i Comuni» ha permesso di ribadire l’importanza del ruolo svolto dai Comuni in questo ambito, presentando anche nel nostro Cantone i risultati di un sondaggio tra i Comuni commissionato dall’ACS, Associazione dei Comuni Svizzeri (vedi intervista in basso) e una guida per i Comuni di piccole e medie dimensioni promossa dall’Ufficio federale delle Assicurazioni Sociali nell’ambito del Programma nazionale contro la povertà.
«Il sostegno ai bambini in età prescolastica affinché possano crescere in un ambiente sano, ricco di stimoli e con adeguati legami affettivi passa in primo luogo dalle loro famiglie», spiega Paolo Bernasconi, segretario generale dei Cemea Ticino (Centri d’esercitazione ai metodi dell’educazione attiva), organizzatore del seminario. La collaborazione con le famiglie è quindi essenziale. «In Ticino – prosegue Bernasconi – un forte impulso è stato dato dalla presentazione nel 2013 del Quadro d’orientamento edito dalla Commissione svizzera per l’UNESCO e dalla Rete svizzera per la custodia dei bambini. Si tratta del primo documento che in Svizzera fa riferimento alle esigenze e ai diritti del bambino piccolo. Ne è coautore il ticinese Dieter Schürch, membro della Commissione UNESCO e fra i promotori delle successive iniziative ticinesi: la Piattaforma della prima infanzia dedicata ai professionisti del settore (seguita dal Ticino Progetto Infanzia) e il Forum Genitorialità che riunisce le associazioni che lavorano per le famiglie».
Nella recente giornata di studio, seguita da una settantina di partecipanti di cui circa la metà rappresentanti dei Comuni e il restante suddiviso fra professionisti del settore e associazioni dei genitori, è stata ribadita la volontà di continuare a lavorare insieme. Precisa il nostro interlocutore: «Il bisogno di occasioni di scambio è emerso in modo chiaro. Si tratta, nella relazione fra Comuni, servizi e famiglie, di intensificare il passaggio di informazioni per giungere ad una mappatura delle offerte di custodia e consulenza».
La questione finanziaria ha pure il suo peso. Il supporto del Cantone a questo livello è un’esigenza manifestata durante il seminario che traspare anche dall’indagine nei Comuni svolta dalla Scuola universitaria professionale di Lucerna per conto dell’ACS. Per il Ticino nuovi finanziamenti dovrebbero giungere con il prossimo pacchetto di misure sociali. Se per strutture come i nidi d’infanzia i costi costituiscono una voce importante, è pur vero che per favorire l’integrazione sociale e il passaggio d’informazioni non sono sempre necessari investimenti onerosi. Paolo Bernasconi, citando la necessità di spazi per svolgere piccole attività di gruppo, evidenzia che a questo scopo si possono sfruttare luoghi esistenti come aule scolastiche o sale comunali. Esiste quindi un margine di manovra che può essere sfruttato per offrire ai bambini e alle loro famiglie occasioni di incontro nei luoghi di residenza in modo da potersi sentire a tutti gli effetti parte della comunità.
Il documento previsto sui risultati del seminario servirà da base per promuovere queste richieste lavorando a stretto contatto con i Comuni. Altri obiettivi: migliorare le sinergie fra i diversi attori coinvolti nella promozione della prima infanzia e condividere le buone pratiche territoriali, come ad esempio quella del centro di socializzazione Il tRaGitto. Promosso da un’associazione e sostenuto sia dal Cantone sia dalla Città di Lugano, questo progetto offre uno spazio in cui riconoscere la diversità e le appartenenze comuni, favorire l’integrazione sociale e sviluppare nuove competenze.
I professionisti della prima infanzia mirano a coinvolgere i genitori su un piano paritario, a stimolare le autorità comunali (cui competono le decisioni e la gestione delle offerte per questa fascia d’età) e a collaborare con gli altri enti pubblici e privati. Per tutti vale il proposito di impegnarsi affinché i bambini, come si legge in apertura del Quadro d’orientamento, possano scoprire il mondo spinti dalla loro curiosità e accompagnati dalla nostra attenzione.