Un luogo, a Lugano, è diventato il punto di riferimento per i ragazzi ticinesi con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), cioè dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia, che a volte sono associati a disturbi dell’attenzione e iperattività (ADHD). È la sede de Il Punto di Paola Jaumin, in viale Cassarate 5. Uno spazio, accogliente in tutti i sensi, in cui bambini e ragazzi dislessici, sostenuti da tutor professionisti, possono imparare a studiare e ad affrontare al meglio le difficoltà con cui si scontrano quotidianamente nel loro percorso scolastico.
La dislessia, cioè la difficoltà nel decodificare un testo in termini di velocità e correttezza, – al pari di disgrafia (scarsa abilità grafo-motoria per cui l’atto della scrittura è lento e la grafia discontinua e poco leggibile), disortografia (incapacità di scrivere rappresentando correttamente i suoni e le parole), discalculia (problemi nell’abilità di calcolo) – piuttosto che un disturbo, dovrebbe essere definita una caratteristica, che può migliorare ma non è destinata a sparire. Dalla dislessia non si guarisce perché non è una malattia. I dislessici hanno un cervello che lavora diversamente rispetto a quello delle altre persone. E la cifra distintiva del loro processo di apprendimento è la fatica. Fatica nello svolgere attività, come scrivere, leggere, far di conto, di cui non acquisiscono gli automatismi. Continuamente pungolati dalla necessità di elaborare strategie per affrontare difficoltà che per gli altri non sono affatto tali, i dislessici sviluppano spesso doti di creatività e flessibilità grazie alle quali sanno trovare soluzioni inedite ai problemi o avere uno sguardo originale e innovativo di fronte alle situazioni più disparate.
Affinché un ragazzo con DSA esprima tutto il suo potenziale sono necessarie alcune condizioni, prima tra le quali trovare qualcuno che conosca le sue caratteristiche, lo capisca e lo incoraggi aiutandolo a trovare il proprio metodo di studio. E a questo punto entra in gioco il tutor dell’apprendimento. Una figura professionale non ancora codificata che Paola Jaumin ha il merito di aver introdotto nel nostro Cantone.
In un video di presentazione, i collaboratori de Il Punto spiegano brevemente in cosa consista il loro lavoro: «Il tutor è colui che rende accessibile il processo di apprendimento, adattandolo alle caratteristiche individuali di ognuno»; «Un tutor deve saper osservare, aspettare i tempi naturali dei ragazzi»; «Non deve solo essere un esperto in DSA, deve anche conoscere le materie scolastiche»; «Deve essere assolutamente in grado di ascoltare tutti i ragazzi»; «Non deve trarre conclusioni affrettate»; «Non deve pensare che tutti i ragazzi siano uguali»; «Deve essere un sostegno, divertente, ingegnoso, empatico»; «Si lavora per costruire l’autostima dei ragazzi»; «Si insegna e si impara».
La scintilla dalla quale è partito il percorso di Paola Jaumin come tutor è l’amore. La sua laurea in ingegneria gestionale l’ha condotta naturalmente in ambiti aziendali, fino al momento della decisione di fare la mamma a tempo pieno dei suoi tre bambini. Due dei quali si sono rivelati dislessici (come il padre), in tempi in cui di dislessia non si parlava affatto e le conoscenze in merito erano agli albori. La prima esperienza come tutor è avvenuta aiutando i figli nell’iter scolastico (che per il maggiore si sta ora concretizzando in una laurea in Ingegneria biomedica e per la minore è giunto al conseguimento della maturità liceale con ottimi risultati). Forte dell’esperienza acquisita in famiglia, e soprattutto conscia delle difficoltà di cui la vita scolastica dei dislessici è costellata, Paola Jaumin si è specializzata come tutor psicoeducativo per bambini e adolescenti con DSA e ADHD presso l’Università Cattolica di Milano, per poi proseguire la formazione presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e la scuola Erickson di Trento.
Poi, sei anni fa, gli esordi professionali come tutor. Ora presso Il Punto di Paola (il cui nome deriva da un racconto per bambini, Il Punto di Peter H. Reynolds, che parla di autostima e di superamento delle convinzioni limitanti) lavorano sei collaboratori, ai quali ogni anno si rivolgono oltre cento giovani. I tutor impegnati presso Il Punto hanno un rapporto stretto con ogni singolo studente, ma una parte molto importante è svolta anche dagli incontri di équipe, che sono momenti di condivisione e di confronto tra adulti, da cui nasce maggior consapevolezza, efficacia e progetti comuni di sviluppo.
Estate o inverno, il Centro non si ferma mai. Nel periodo estivo appena trascorso si sono svolti tre corsi tematici: uno dedicato alla scrittura, uno al metodo di studio in generale e uno al metodo di studio relativo alla matematica.
Ma che cosa si insegna e come, nella sede de Il Punto? «Il nostro compito specifico – spiega Paola Jaumin – non è quello di insegnare una particolare materia. La nostra competenza è concentrata su come funziona l’apprendimento. L’obiettivo è di formare uno studente che arrivi progressivamente a gestire il proprio studio in modo efficace e autonomo».
Tant’è vero che è considerato un momento formativo importantissimo anche quello in cui lo studente si trova in difficoltà con un argomento di cui neppure i tutor sono esperti: è un’occasione, per docente e discente, di mettere in atto le strategie più efficaci per imparare. «Che cosa possiamo fare per affrontare questo tema che non conosciamo? Quali sono le fonti a cui possiamo attingere? Quali materiali ci possono essere utili? Come possiamo schematizzarlo?» sono le domande da porsi. «Non è la singola materia ad essere insegnata ma il metodo, che darà l’opportunità di affrontare qualsiasi materia in maniera positiva, efficace e vincente».
Di quali strumenti si possono avvalere i ragazzi con DSA per aiutarsi? «È ormai assodata l’importanza dell’uso di strumenti compensativi (che possono essere pc, iPad, calcolatrici, ma anche mappe mentali), ma questo uso deve essere accompagnato in modo che si possa distinguere quali strumenti usare a seconda delle necessità e come usarli. Si tratta anche di acquisire le strategie di controllo per essere certi che gli strumenti a disposizione siano stati utilizzati correttamente».
Non esistono ricette preconfezionate né facili suggerimenti fai da te. «La nostra competenza è aver imparato a fare un’analisi di profilo e a proporre strategie conseguenti».
Visto che la richiesta è molto ampia e in continua crescita, si assiste purtroppo all’offerta di tutor improvvisati, senza formazione specifica. «Non basta essere un insegnante, per quanto esperto, e neppure aver avuto a che fare con uno o più ragazzi con DSA, perché ogni singolo individuo è un caso a sé stante. Io stessa, ho due figli con la medesima diagnosi ma che sono agli antipodi!».
In Ticino i tutor sono pochissimi e concentrati tutti nel Luganese. Per ovviare alla carenza di personale con una preparazione specifica in questo ambito, questo mese di settembre è prevista la partenza di un progetto unico, che prevede di formare una rete capillare di tutor sparsi in tutto il Cantone: il primo corso di formazione per tutor specializzati in DSA, della durata di un semestre, organizzato da Il Punto in collaborazione con ADAT (Associazione DSA ADHD Ticino) ed ECAP Ticino Unia, ente per la formazione degli adulti.
Il corso insegna che cosa sono i DSA e come influiscono sul processo di apprendimento, come creare una relazione di fiducia con i ragazzi, come programmare un percorso di accompagnamento, come elaborare strategie di apprendimento specifiche e trasversali, e molto altro. Un modulo è anche dedicato alla mediazione. «Spesso il tutor si trova nella condizione di assumere il ruolo del mediatore. Intorno al ragazzo con DSA ruota tutta una serie di persone: genitori (spesso sfiniti dalla fatica dell’affiancamento e frustrati per gli scarsi risultati), logopedista, neuropsicologo, ergoterapista, eventuali insegnanti di sostegno a scuola. Mettere in comunicazione tutte queste figure e mediare tra di loro è a volte arduo. La regola è: porre al centro gli interessi dei ragazzi».
Il diploma conseguito a fine corso sarà riconosciuto dal Cantone e aprirà le porte, per chi lo frequenterà, a una professione impegnativa ma che promette enormi soddisfazioni e la possibilità di vedere i propri allievi rifiorire nel desiderio di realizzarsi, nell’autostima e nella consapevolezza del proprio valore.