Già nel 2002 il Museo regionale delle Centovalli e del Pedemonte con il Comune di Borgnone inaugurarono i lavori di recupero del Parco dei Mulini, area artigianale di grande valore. Con questi primi interventi fu possibile tutelare le pregiate testimonianze del passato rurale. A distanza di 15 anni, altri provvedimenti sono stati necessari per mettere in sicurezza e valorizzare le strutture esistenti, di nuovo invase dall’impetuoso avanzare della natura.
Lo scorso maggio sono quindi state celebrate le operazioni di salvaguardia promosse dal Museo regionale, dal Comune di Centovalli e dal candidato Parco nazionale del Locarnese. «L’obiettivo centrale degli interventi è la conservazione del patrimonio culturale allo scopo di tramandare alle future generazioni alcune testimonianze significative del passato di questa regione», precisa Mattia Dellagana, curatore del Museo. Il Parco dei mulini si può oggi comodamente raggiungere percorrendo la strada cantonale, ma più suggestivo è arrivarvi camminando lungo la Via del Mercato, l’antica mulattiera che da secoli collega i villaggi della sponda sinistra della Melezza.
Il Parco dei Mulini si trova poco dopo il villaggio di Borgnone, in prossimità dell’omonimo riale dei mulini (Rii di Mulitt). Di particolare interesse è il maglio parzialmente ricostruito durante i recenti interventi di riqualifica. Si tratta di un attrezzo indispensabile al fabbro che così modellava il ferro secondo le esigenze d’allora, cioè fabbricando falci, vanghe, badili o altri utensili tipici della civiltà contadina. Il maglio era alimentato dalla forza dell’acqua che azionava le ruote (oggi scomparse). Per dare forma al ferro occorreva anche il fuoco ed ecco che a pochi passi s’intravvedono le tracce di una forgia e lo spiazzo di una carbonaia. Acqua e fuoco erano elementi essenziali di questo periodo rurale. Numerose sono le tracce ancora reperibili: segni di canali d’adduzione, incavi nelle rocce per deviare l’acqua. Ben conservato e in parte ricostruito è il lavatoio dell’Acquacalda di Borgnone che, come leggiamo nel libro Inattesa memoria di Veronica Carmine (edito dal Museo regionale), era apprezzato anche dalle donne di Lionza perché alimentato da una sorgente temperata. Più discosti i resti di un forno del pane risalente al 1884 e i ruderi di una cappella con portico.
Camminando sulla Via del Mercato ci si può imbattere nei segni di un periodo ormai lontano, a testimonianza del forte legame tra le comunità locali e le risorse del territorio. Tra questi un masso con l’incisione «Locarno – K19» che rimanda alla citata Via del Mercato, denominazione che deriva dall’abitudine della popolazione di utilizzare questi sentieri per recarsi periodicamente al Mercato di Locarno al fine di scambiare i propri prodotti. L’arteria di comunicazione è anche inserita nell’inventario delle vie storiche d’importanza nazionale ed era in passato l’unico collegamento con la città per i villaggi dell’alta Centovalli. Con la costruzione della strada cantonale, avvenuta nella seconda metà dell’Ottocento, la mulattiera ha perso il suo ruolo secolare e, in alcune sue parti, il tracciato originale è stato abbandonato e quindi scomparso. «La mulattiera è però oggi di nuovo percorribile, nella sua quasi totalità», rassicura Mattia Dellagana. Si parte da Camedo percorrendo inizialmente la strada che sale per Borgnone e quindi proseguire, passando dal Parco dei Mulini, per Lionza e, attraversato il bosco del Gaggio, verso Verdasio. La passeggiata può poi continuare in quota verso Calezzo per terminare ad Intragna, dove ad accogliere i visitatori c’è il campanile più alto del Ticino con i suoi 65 metri, oltre al Museo regionale delle Centovalli e del Pedemonte.