Anche Calluna Vulgaris, della famiglia botanica delle Ericaceae, nota a tutti con il nome di Brugo, in questo difficile anno ha sofferto la siccità, potendo regalarci la sua bellissima fioritura soltanto a settembre, anziché nel mese di agosto come sempre era stato. Assomiglia molto all’erica, tanto che alcuni erroneamente la chiamano erica selvatica, ma così non è.
Pianta spontanea, forte e selvaggia, il Brugo è tipico dei suoli calcarei fortemente acidificati; cresce fino a 1200 mslm per l’appunto nelle brughiere, presso i boschi di conifere o in altri luoghi adatti a lei, nella forma di cespugli che si allargano spontanei sulla superficie del terreno. Si presenta con minuscole foglie aghiformi e numerosissimi fiorellini (raggruppati tra loro e stretti ai rami) dall’inconfondibile delicata tonalità, tra il rosa e il tenue viola.
Il nome Calluna deriva dal greco «kallynein» che significa «pulire», e a tal proposito alcuni ricordano ancora come i suoi rami erano utilizzati per la confezione di piccole scope. Per la medesima ragione, uno dei suoi molti nomi popolari è Scopetta, mentre altri si rifanno ai luoghi in cui cresce, come Erba brughiera.
Nel Medioevo la pianta era impiegata per sciogliere i calcoli renali e vescicali, con il tempo perse un poco della sua popolarità ma ancora oggi nella medicina popolare si usano le cime fiorite di Calluna Vulgaris, raccolte da agosto a ottobre, per contrastare le affezioni urinarie (contengono arbutina) e intestinali, inoltre influenzano positivamente la vescica e i reni; ha quindi proprietà diuretiche, astringenti e antibatteriche. Per questo si pone tra i rimedi naturali per la cistite, ed è indicata contro la ritenzione idrica; in verità, sono molte le piante medicinali che generano questa stessa azione diuretica, ad esempio la Betulla, l’Uva ursina, il Carciofo, la Spirea olmaria, il Corbezzolo, il Prezzemolo, l’Ortica e la Gramigna, ognuna agisce sull’organismo con differenti modalità a dipendenza dei principi attivi che contiene.
La pianta ha pure proprietà blandamente sedative e può essere usata per conciliare il sonno: un decotto si prepara facendo bollire per 10 minuti 1,5 gr di fiori in una tazza di acqua fredda. Il Brugo viene venduto in forma di gemmoderivato ma, localmente, si usa per combattere le infiammazioni della mucosa orale, e nella sua forma di impacchi per uso esterno, cura le infiammazioni cutanee. A tal proposito – e sempre avvertendo, come facciamo ogni volta, di non curarsi mai con le piante senza prima consultare un medico – possiamo riportare qui un vecchio rimedio, indicato per chi soffre di acne, dato che potrebbe rivelarsi utile ancora oggi: fate macerare 100 gr di fiori freschi di Brugo in mezzo litro di olio di oliva per almeno otto giorni, poi con un batuffolo di ovatta imbevuto di questo olio, due volte al giorno, premete delicatamente i punti critici dei foruncoli del viso non ancora aperti (conservate quest’olio in un recipiente ben chiuso al riparo della luce).
Il nettare dei fiori del Brugo è molto amato dalle api, pare che cibandosene si salvino la vita perché contiene un antidoto contro un pericoloso parassita per loro nocivo. Peraltro, il miele di Brugo è profumatissimo, ha un colore unico con ambrati riflessi rossi e arancioni, ha proprietà antireumatiche, diuretiche e disinfettanti delle vie urinarie, oltre ad essere un ottimo fluidificante nelle forme più fastidiose di tosse; è pure apprezzato in cucina dove viene servito abbinato ai formaggi stagionati e piccanti, giacché li rende particolarmente sfiziosi.
Il Brugo è un fiore famoso in Scozia, (Heather): in estate le colline delle Highlands si colorano di grandi distese fiorite di questi piccoli fiori che si declinano dal bianco al rosa al viola, che fanno apparire le brughiere come grandi laghi o mari di fiori. Qui, all’epoca della fioritura del Brugo, molti alveari sono portati nella brughiera perché il miele che le api ricavano dall’abbondante nettare dei fiori è di eccellente qualità e definito nientemeno che «nutrimento degli dei». Un miele che era conosciuto già da Plinio; lo chiamava «miele ericeo».
Non da ultimo, con il Brugo si confezionavano materassi conosciuti come «letti d’Erica» (sempre a causa di una confusione che parte da lontano: le due specie all’epoca erano infatti accumunate da un medesimo genere, che venne poi separato in seguito). Giudicati in grado di restituire le forze a chi vi si coricava, nelle leggende celtiche molti giovani amanti usavano questi letti durante i loro incontri amorosi, ed era pure abitudine regalare fiori di Brugo a forma di cappello d’elfo come pegno di amore.
Sempre i Celti ritenevano che le qualità magiche di questo arbusto erano in grado di addolcire il carattere delle persone più ostinate, ma anche di stimolare lo sviluppo e la pratica delle volontà e della perseveranza per raggiungere obbiettivi prefissati. L’incantevole e libero Brugo era, ed è anche oggi, considerato un simbolo di buona fortuna, portatore di passionalità, amore, affetto, compagnia e capacità di salvaguardare i segreti.