Il fiuto di un cane, la perseveranza di un volontario

Redog – Compie 50 anni la Società svizzera per cani da ricerca e da salvataggio. Abbiamo incontrato il team dell’unità regionale ticinese durante un’esercitazione sul Tamaro
/ 21.06.2021
di Guido Grilli

Ritrovare persone disperse. Salvare vite. Affidarsi al fiuto di un cane pazientemente addestrato dal suo conducente. È sabato mattina quando in vetta al Tamaro assistiamo a un’esercitazione di Redog Ticino, una delle 12 unità regionali della Società svizzera per cani da ricerca e da salvataggio, che quest’anno taglia un traguardo prestigioso: 50 anni di attività umanitaria, basata esclusivamente sul volontariato.

Ogni team è formato da un cane e da un conducente, poi ci sono gli aiuti, ossia soccorritori con le medesime competenze ma senza l’animale a quattro zampe. Bisogna esserci per capire quanto è indissolubile il connubio fra ogni cane e padrone. Uno degli esercizi avviene nell’ampio prato in pendenza, sotto la chiesa di Botta. Un figurante all’improvviso si stacca dal gruppo e sparisce a nascondersi – è qui che interviene l’impareggiabile fiuto del cane (220 milioni di ricettori olfattivi contro i 5-10 dell’uomo). Il conducente rivolge il proprio cane verso il possibile luogo di ritrovamento – questione anche d’aria e vento, vettore indispensabile per catturare gli odori – e quindi, indicando con il braccio e la mano allungate la direzione, l’animale parte a corsa. E quando tornerà con in bocca il «bringsel», l’oggetto per segnalare un ritrovamento – sacco, marsupio o avrà individuato il disperso – il soccorritore lo seguirà e, accanto alla persona ritrovata, il cane otterrà la sua ricompensa: cibo, feste e tante carezze. 

Angelo Arrigoni, 61 anni, da 17 alla Redog, vice-istruttore, sta lavorando per raggiungere il suo secondo brevetto. «Con il primo cane, un meticcio di strada, confrontato a tutte le paure del mondo – racconta – sono riuscito, con tutto il gruppo Redog e il capo intervento, a costruire un binomio affiatatissimo, giungere alla conclusione della formazione e ad essere operativo: ho svolto 8 interventi ufficiali. Dopo il mio prepensionamento ho deciso di rimettermi in gioco con un altro cane». Con quali vantaggi? «Si ha più esperienza, ma è sempre un ricominciare da capo. Ogni cane ha la sua storia. Occorre sempre trovare una grande sintonia tra conducente e cane, che va costruita passo a passo. Si lavora sempre sulla motivazione, con la ricompensa basata principalmente sul gioco. Questa attività ci impegna tutti i weekend. Per arrivare al secondo brevetto? Occorrono circa tre anni. Servono costanza e pazienza: talora si fanno quattro passi avanti e poi uno indietro».

Nel team di Redog c’è anche Barbara Zanetti, 52 anni. È dapprima il suo cane, Zoe, a voler esprimersi con un irrefrenabile e affettuoso abbaio. «Ho iniziato con la ricerca da catastrofe e poi sono passata alla ricerca di superficie, anche perché Zoe è piuttosto energica e la vedo più adatta a muoversi in spazi aperti anziché sotto le macerie. È un cucciolo e si vede, ma ha voglia di andare a cercare le persone. Deve ancora capire la tecnica di riporto, è ancora a volte distratta, ma piano piano… Per ora è nella dimensione dell’esercitazione: ha voglia di cercare qualcuno, un figurante che scappa a nascondersi. Lungo il collo ha il “bringsel” e quando trova la persona dovrebbe tornare da me con questo oggettino in bocca in segno di ritrovamento per poi ottenere la ricompensa, ma non siamo ancora arrivati a questa meta».

Parliamo del sodalizio. Roberto Arrondo, 56 anni, due brevetti alle spalle, è uno dei 12 capi intervento a livello svizzero per la Redog nella quale è attivo da 17 anni, formatore e in preallarme 365 giorni l’anno, salvo durante le vacanze: «Redog in Svizzera conta 750 soci, tutti volontari che complessivamente prestano più di 100 mila ore all’anno. Riceviamo alla nostra centrale d’allarme tra le 10 e le 25 chiamate d’intervento, che poi vengono filtrate e gestite in collaborazione con la polizia. In media sono 10 all’anno gli interventi effettivi. Con l’impiego di un cane garantiamo una copertura di ricerca fino a 200-250 mila metri quadri, pari a 20-30 campi da calcio». Sovente le ricerche si concludono con esito letale. «Sì, purtroppo è così. Ma per fortuna qualche volta registriamo ritrovamenti di persone ancora in vita. La casistica è ampia: ricercatori di funghi, cacciatori, persone con problemi di orientamento, soprattutto anziani che si allontano dal loro domicilio».

Cosa offre la Redog agli altri partner d’intervento? «Possediamo unità cinofile per la ricerca di persone disperse. Redog non è solo attiva nella ricerca di superficie, ma anche sotto le macerie, quindi catastrofe, spesso impiegati anche all’estero in caso di terremoti, oltre che in Svizzera (ricordo le frane di Davesco-Soragno e Bombinasco). Siamo inoltre dotati di dispositivi tecnici di grande aiuto per la ricerca: il drone, visori termici – in grado di misurare la temperatura dei corpi, utile soprattutto d’inverno quando lo sbalzo della temperatura corporea rispetto a quella dell’ambiente è considerevole – visori notturni e sonde per la ricerca sotto le macerie. Nei gruppi d’oltre Gottardo abbiamo inoltre i cani molecolari (mantrailing), che seguono l’odore specifico della persona dopo averlo preso da un capo d’abbigliamento appartenente all’individuo disperso. Da qualche anno abbiamo inoltre qualche “cane da cadavere”, che si distingue dal “cane da superficie” che cerca di principio persone vive». Altri numeri significativi: a livello svizzero Redog conta 47 cani di ricerca di superficie brevettati; 50 persone brevettate per l’aiuto Sar. Redog Ticino, presieduto da Fabio Giussani, che assieme ad Arrondo è uno dei due capi intervento cantonali, conta invece 3 conducenti brevettati per la ricerca e 6 aiuti Sar. Per la ricerca di superficie vi sono una quindicina di membri, di cui 4 in attesa di brevetto e che stanno al contempo lavorando col proprio cane per arrivare a far ottenere anche a loro l’ambìto diploma. La ricerca è gratuita per i parenti delle persone scomparse (centrale d’allarme Redog 0844 441144).

Ma come si ottiene il brevetto? «Per il brevetto di superficie bisogna superare nel medesimo anno due test pratici di ricerca che contemplano l’attitudine del cane al lavoro – in seguito l’esame di brevetto prevede una ricerca di bosco, una in un sentiero e una in una zona aperta, tutte della durata di 1 ora e mezzo, alla presenza di una decina di giudici. Inoltre occorre superare un esame denominato, “Sar-Helfer – Search and Rescue, aiuto nella ricerca e salvataggio”, che include tecniche alpine, nozioni topografiche e competenze nei primi soccorsi – massaggio cardiaco compreso».

Tra i soccorritori esperti c’è Daniele Zanetti, responsabile di Redog Ticino per la formazione dei nuovi conducenti nelle tecniche alpine. «Il lavoro deve svolgersi con continuità» – osserva, mentre accarezza il suo Opal con cui da diversi anni ha superato il brevetto conducente-cane. «L’impegno è tanto. Io sono in pensione, per cui ho tempo». La performance del cane migliora di anno in anno? «Sì, perché si lavora sulla felicità del cane. Per lui trovare un sacco, una persona è sinonimo di ricompensa. Quando arriva il weekend, Opal intuisce che si va a lavorare. Lo vedi saltare, felice». Parliamo di esperienze di salvataggio concrete. «Una delle ricerche recenti ha riguardato una donna, purtroppo con esito mortale. La signora aveva perso una scarpa durante una caduta, ritrovata da uno dei nostri cani e così siamo giunti alla persona, purtroppo esanime. Un’esperienza positiva ha invece riguardato una donna con problemi cognitivi, che si era dispersa. L’abbiamo ritrovata sana e salva di notte. Si spera di non essere mai toccati da disgrazie simili, ma purtroppo esistono: famiglie che hanno perso dei cari e altre che grazie a noi o altri enti di soccorso sono riusciti a ritrovare parenti in vita».

In vetta incontriamo pure un giovanissimo: Paolo Canonica, 22 anni, informatico, segretario della Redog Ticino. «Sono catturato soprattutto dagli aspetti tecnologici della ricerca» – dichiara mentre manovra un drone, che ha appena lanciato in queste alture a distanze altrimenti irraggiungibili per l’uomo. Ci mostra le immagini nella telecamera catturate dall’oggetto volante, cui tutti i soccorritori ripongono grandi speranze. Un complemento indispensabile, che si aggiunge al fiuto dei cani e al grande sacrificio dell’energico gruppo della Redog Ticino. E tra il gruppo qualcuno supera i confini della formalità: «Siamo tutti uniti, come una famiglia».