Il domestico vaiolo delle scimmie

Mondoanimale - L’orthopoxvirus riporta la discussione sulle malattie virali trasmissibili da specie a specie
/ 08.08.2022
di Maria Grazia Buletti

«Da metà maggio in Europa si è registrato un aumento insolito di infezioni da orthopoxvirus in persone senza anamnesi di viaggio in una regione a rischio, e ce ne sono state anche in Svizzera». Così l’Ufficio federale della salute pubblica (Ufsp) illustra l’attuale situazione del virus del vaiolo delle scimmie, i cui dati «filogenetici» riportano all’origine nelle regioni dell’Africa Centrale e Occidentale.

Il vaiolo delle scimmie è causato da un’infezione virale e può essere trovato negli animali, inclusi roditori e scimmie, così come negli esseri umani. Negli ultimi mesi se ne parla a causa di un aumento di casi umani in alcuni paesi europei, dove però la malattia non è endemica. Sebbene il nome suggerisca che l’ospite principale di questo virus sia la scimmia, resta ignoto quello che gli esperti definiscono «serbatoio animale specifico» (animale ospite da cui parte il virus), anche se pare che nel continente africano siano i roditori indigeni a costituire un serbatoio naturale per questo virus.

L’Ufsp fa presente che le vie di trasmissione del vaiolo delle scimmie sono ancora oggetto di ricerche: «Esso può trasmettersi dall’animale all’uomo o viceversa, oppure anche da persona a persona». Le vie di trasmissione possono essere diverse e sono pure attualmente oggetto di ricerca: «Contatto con secreti, sangue o grandi goccioline respiratorie infette, contatto stretto con persone o animali infetti (solitamente con pelle o mucose, occhi, naso bocca, genitali…), contatto con oggetti contaminati (indumenti, lenzuola, articoli sanitari), rapporti sessuali con una persona infetta (maggiore probabilità di trasmissione da persona a persona)».

È legittimo chiedersi quale sia la situazione riguardo alla trasmissione da noi ai nostri animali domestici e viceversa, anche se dagli esperti giungono rassicurazioni: «Nel caso dell’attuale aumento di infezioni da orthopoxvirus al di fuori della regione endemica (ndr: è il caso dell’Europa, Svizzera compresa), secondo le conoscenze attuali la trasmissione avviene principalmente da persona a persona». Complice dunque la segnalazione di alcuni casi di vaiolo delle scimmie nell’uomo, l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e veterinaria (Usav) torna sul tema delle zoonosi: «Sono malattie trasmissibili dall’animale all’uomo o viceversa ed è quindi fondamentale sorvegliarle negli animali, nell’uomo e nelle derrate alimentari».

Anche nel caso specifico, dunque, l’Usav si interroga per trovare risposta alle domande che tutti si pongono alla luce dei fatti: «Una persona infetta può trasmettere il virus agli animali e viceversa? Quali animali sono particolarmente ricettivi? Quali sintomi manifestano gli animali infetti?». Dal canto suo, col timore che il virus possa diventare endemico in tutto il Continente passando dall’uomo agli altri animali, il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) ha precauzionalmente esortato le persone infette (assieme agli stretti contatti che sono attentamente monitorati) «a tener distanti i propri animali domestici».

Lo scrive nel Regno Unito «The Telegraph» secondo cui «le autorità sanitarie europee dovrebbero idealmente isolare in strutture monitorate criceti, gerbilli e porcellini d’India appartenenti a pazienti affetti da vaiolo delle scimmie». Finora sarebbero 344 i casi sospetti o confermati segnalati in più di venti paesi in tutto il mondo, mentre nelle linee guida pubblicate nei giorni scorsi, i roditori domestici (inclusi oltre gli indicati, anche i topi) sono considerati animali più a rischio di contagio di altri, poiché noti per essere suscettibili alla malattia. Ad ogni modo, in Inghilterra si stanno continuando a registrare casi e il direttore dell’UK Health Security Agency Wendy Shepherd, responsabile del monitoraggio del virus nel Paese, ha dichiarato: «Stiamo continuando a identificare prontamente ulteriori casi di vaiolo delle scimmie nel Regno Unito. Come misura precauzionale, i nostri team di protezione della salute consigliano ai casi confermati di evitare il contatto con animali domestici per 21 giorni». Una misura per evitare che questi possano essere infettati e, di conseguenza, trasmettere il virus ad altre persone. Anche se è stato specificato che «altri mammiferi tenuti come animali domestici, come cani e gatti, corrono un rischio molto minore».

Gli scienziati non sottovalutano nulla e le ricerche continuano. La buona notizia viene dall’UK Health Security Agency che sottolinea: «Il rischio che qualcuno trasmetta il vaiolo delle scimmie al proprio animale domestico è basso. Infatti, per ora ci sono prove di rischio solo per un numero limitato di specie, la maggior parte delle quali sono roditori». I sintomi della malattia possono variare fra le diverse specie animali. Quelli collegati al vaiolo delle scimmie riscontrati in diversi cani da prateria durante l’epidemia del 2003 negli USA sono così descritti: «Tosse, febbre, congiuntivite, mancanza di appetito, difficoltà respiratorie ed eruzioni cutanee». Sintomi simili sono stati osservati anche in primati non umani che sono stati infettati, mentre alcuni animali possono sperimentare una forma più lieve della malattia, con meno manifestazioni.

Allo stato attuale, in Svizzera si può comunque dormire sonni tranquilli. Punto di riferimento di monitoraggio e relative informazioni resta l’Usav. Ad ogni modo, basterebbe una semplice quarantena per quegli animali domestici entrati in contatto con esseri umani infetti, mentre quelli più a rischio restano i roditori. Ricordiamo che l’Ecdc specifica che per cani e gatti i rischi di contrarre il vaiolo delle scimmie è inferiore, «anche se nel dubbio di contagio dovrebbero essere tenuti in casa, semplicemente isolati».