«Un giorno avremo un mondo senza guerre, senza stupide guerre, per la precisione. Perché nessuna guerra è intelligente». Vira Shcherblyuk è partita vent’anni fa dall’Ucraina e da allora vive in Ticino. «Mi sento metà ucraina e metà svizzera, visto che metà della mia vita l’ho vissuta qui a Lugano», ci spiega, «e quando è cominciata l’aggressione russa mi sentivo, come dire?, in colpa per non poter fare niente per i miei connazionali». In realtà proprio niente non l’ha fatto, visto che poche settimane dopo l’avvio dell’«operazione speciale», come la definisce ipocritamente Putin, è andata al confine polacco a prendere due ragazze, figlie di un’amica, e le ha portate al salvo in Svizzera. «Sì, ma poi mi è venuto in mente che avrei potuto fare qualcosa d’altro, e di poterlo fare con l’arte. Credo che Dio mi abbia dato un solo talento, la pittura. Fin da piccola disegnavo dappertutto: sulle mani, sui tavoli, sulle porte col risultato che venivo punita. Mi dicevano che gli artisti sono tutti pazzi e poveri».
Ma, nel suo tempo libero, rilassandosi dopo il lavoro, Vira non ha mai smesso di dipingere (vedi il sito www.25vira.art). E quando è scoppiata la guerra ha sentito l’impulso «di trovare i miei simili e di esprimere qualcosa sulla tela. In quei giorni mi era capitato di andare in giro con un nastro giallo e azzurro nei capelli e un paio di persone mi hanno salutato riconoscendo i colori della bandiera ucraina. Mi son presa del tempo per dipingere e alla fine dell’anno scorso ho potuto esporre alcuni miei lavori dedicati all’Ucraina a New York. Ho poi posto una condizione per l’acquisto delle opere: che l’intero ricavato andasse al mio Paese. Ho potuto così inviare un aiuto concreto a varie associazioni di volontari a favore di famiglie povere e orfani, così come a una scuola speciale che ospita bambini con bisogni particolari».
Ora ci mostra la seconda copia di un quadro, piuttosto iconico, venduto a New York (vedi foto). Mostra una donna che piange. Da un occhio le colano tre gocce: una rossa, una azzurra e una gialla che vanno a formare un cuore coi colori della bandiera ucraina. «Ma il messaggio non è solo quello del dolore per la guerra; ho usato colori vivaci, in contro tendenza rispetto ai tanti quadri che usano tonalità cupe quando rappresentano la guerra e la morte. L’ho fatto perché so che gli ucraini stanno trasmettendo al mondo un’idea di unità e la decisione di difendere i bei valori della democrazia, del poter scegliere per me, per noi, il nostro destino. Pur nel dolore e nella violenza, espressa dalla lacrima di sangue, volevo trasmettere energia. C’è tantissima sofferenza che però si trasforma in questo blu-cielo e nel giallo del grano. Ce la faremo. Quello che gli ucraini difendono a me dà tanta energia. C’è il pianto, ma il futuro è brillante e colorato».
Meno intuitiva la lettura di un’altra tela. Ci sono quattro figure femminili circondate da due ali grigie all’esterno delle quali si vedono delle armi avvolte dentro nastri blu e gialli. «Mi sono ispirata a un’icona bizantina che aveva mia nonna e che rappresenta santa Sofia martire con le tre figlie Fede, Speranza e Carità. Sofia significa saggezza ed è la madre della speranza, della fede e dell’amore (carità). Solo la saggezza, oggi, può farci superare la guerra. La stupida guerra, appunto. Le ali sono quelle delle gru. È un omaggio al villaggio di mio padre dove c’era la statua di una gru. Ho immaginato le sue ali grigie che proteggevano Sofia e le sue figlie dall’aggressione delle armi, che restano fuori. Significa che la mia terra protegge sé stessa. E non solo: secondo me, con la sua battaglia, l’Ucraina oggi protegge tutta l’Europa. Io sogno un futuro senza muri tra Ucraina e Russia, spero che ci sarà una vittoria molto più grande, molto più profonda proprio perché basata sulla saggezza, l’amore, la speranza e la fede».