Il dolore maschile e quello femminile

Medicina di genere - Gli studi di neuroscienze mostrano come la sensazione dolorosa utilizza meccanismi diversi nei due sessi
/ 27.06.2022
di Sergio Sciancalepore

«Mi fa male la mano destra». «Oggi il dolore al ginocchio sinistro è insopportabile!» È proprio così? Il dolore è davvero localizzato dove lo sentiamo? No, tutto avviene nel cervello. Uno stimolo doloroso – un’ustione, una puntura, un’infiammazione acuta o cronica – fa partire un segnale che, attraverso i nervi della sensibilità, raggiunge il cervello dove c’è una «mappa» che rappresenta le varie parti del corpo.

Se fa male il pollice, il segnale in partenza dal dito arriva al cervello, al punto della «mappa» corrispondente al pollice, attivando le specifiche cellule nervose: la sensazione dolorosa generata nel cervello è inviata al dito. Questo si verifica anche quando un arto non c’è più, quando viene amputato: è il fenomeno dell’arto «fantasma», il cervello continua a «sentire» l’arto che non esiste, sente che si muove e anche che fa male.

Il dolore non è solo un sintomo, è un segnale che ci avverte di un pericolo o di una situazione anomala: se non ci fosse lo stimolo doloroso legato al tatto potremmo mettere la mano su una fiamma e non accorgerci che sta bruciando. D’altra parte, sappiamo che la percezione del dolore non è uguale per tutti, c’è una gamma di sensibilità al dolore. Quello che finora era poco noto, era il motivo di questa variabilità legata al genere: perché donne e uomini – entro certi limiti, s’intende – hanno una diversa sensibilità? Per quale motivo l’emicrania, per esempio, è più diffusa tra le donne che non tra i maschi?

Le neuroscienze sperimentali stanno cercando di chiarire i meccanismi generali del dolore, approfondendo anche il tema per l’appunto della differenza di genere, ponendosi la domanda: se la percezione dolorosa può essere diversa, il motivo sta nei meccanismi utilizzati per far arrivare gli stimoli al cervello? Pare proprio sia così, e un ruolo fondamentale l’hanno gli ormoni sessuali e (sorpresa!) il sistema immunitario.

Sono numerose le sperimentazioni condotte su animali (soprattutto roditori) che mostrano come i segnali provenienti dalla periferia del corpo sono trasmessi in modo diverso nei due sessi. Nel caso di un dolore cronico – nei ratti è stata simulata una sciatalgia da lesione del nervo sciatico – i ricercatori hanno scoperto che negli esemplari maschi la trasmissione dello stimolo al cervello avviene in presenza di particolari cellule del sistema nervoso, le cellule della microglìa («gl» si pronuncia come in «glicerina»): sono cellule che svolgono un’importante funzione di difesa immunitaria nel sistema nervoso centrale, cioè nel cervello e nel midollo spinale – dove si trovano anche i fasci dei nervi della sensibilità. Nelle femmine, invece, è indispensabile la presenza dei linfociti T, cellule del sistema immunitario «generale». Quando lo stesso esperimento è condotto sulle femmine artificialmente prive dei linfociti T, accade un fatto sorprendente: la trasmissione del dolore utilizza il meccanismo maschile, quello tramite le cellule della microglìa. Che cosa permette questo passaggio dalla «modalità» femminile a quella maschile?

Il motivo lo si è compreso quando l’esperimento è stato condotto su ratti maschi privati dell’ormone maschile, il testosterone: la trasmissione del dolore diventa di tipo femminile, cioè con il coinvolgimento dei linfociti T. Appare evidente che a decidere quale delle due «vie» utilizzare – quella maschile o quella femminile – sono gli ormoni sessuali: il testosterone attiva la «via maschile» (microglìa), gli estrogeni quella «femminile» (linfociti T). La sensazione dolorosa è quindi un fenomeno complesso che coinvolge tre componenti: il sistema nervoso, il sistema immunitario (sia quello proprio del sistema nervoso, sia quello «generale») e gli ormoni sessuali.

A proposito del ruolo del sistema immunitario e dei linfociti T, importanti conferme vengono dagli studi sul cosiddetto «dolore neuropatico» umano. Il dolore neuropatico, o nevralgia, è una particolare sensazione dolorosa cronica, che insorge per effetto di una lesione o di un malfunzionamento dei nervi del sistema nervoso periferico – quella parte che si trova al di fuori del cervello e del midollo spinale e innerva gli arti o gli organi interni. Diverse sono le cause, per citarne alcune: la compressione di un nervo, malattie infettive (batteriche o virali) con interessamento del sistema nervoso, il diabete. Nel dolore neuropatico il sistema nervoso periferico diventa «ipersensibile» e invia continuamente segnali errati ai centri del dolore, anche in assenza di un danno reale. Da cosa è causata questa ipersensibilità?

Negli ultimi anni è stato sempre più evidenziato il ruolo dell’infiammazione e del sistema immunitario, in particolare dei linfociti T. Nelle donne, l’attività dei linfociti T è più elevata: i linfociti T sono a loro volta regolati da un altro sottogruppo di cellule immunitarie, i linfociti T «regolatori», e dall’estradiolo un ormone sessuale presente ad alti livelli nelle donne. Si sta cercando di capire in che modo questi tre elementi – linfociti T, regolatori ed estradiolo – sono in relazione nel generare questo tipo di dolore. Ancora da chiarire è la variabilità della sensazione dolorosa nelle età della vita della donna: nella pubertà, nell’età fertile (in rapporto alle cicliche variazioni ormonali) e nella menopausa.

Conoscere meglio i meccanismi del dolore e per quale motivo nei due sessi si manifesta in modo diverso è fondamentale per sviluppare terapie efficaci e mirate. Finora, la ricerca sperimentale e clinica non hanno dato sufficiente rilievo a questo argomento: l’80 per cento degli studi dedicati al dolore utilizza solo animali maschi e solo il 4 per cento è dedicato al tema delle differenze di genere. Qualcosa tuttavia sta cambiando: dal 2016, la massima Istituzione scientifica degli USA – i National Institutes of Health (NIH) – ha reso obbligatorio, per chi richiede un contributo per la ricerca sul dolore, di giustificare la scelta del sesso degli animali utilizzati negli esperimenti e lo stesso orientamento deve essere seguito anche nella sperimentazione umana.