«Il paziente ha il diritto di essere informato in maniera chiara e appropriata sul proprio stato di salute, sugli esami e sui trattamenti proposti, sulle conseguenze e sui rischi eventuali che implicano, sulla prognosi e sugli aspetti finanziari del trattamento…». Il Dipartimento Sanità e Sport (DSS) così sintetizza il diritto all’informazione di ogni paziente da parte del medico a cui si è affidato, il quale a sua volta troverà tempo e risorse adeguate per spiegargli a fondo ogni aspetto della sua situazione di salute e la relativa proposta terapeutica.
Ma può capitare che il paziente si senta insoddisfatto o poco convinto della proposta terapeutica, e tentenni sulla decisione da prendere nel cosiddetto consenso informato che dovrà sottoscrivere prima di procedere. «Sarebbe allora opportuno chiedere un secondo parere medico» afferma Thomas Lacina, medico nel reparto di radiologia della Clinica Ars Medica di Gravesano, sottolineando come questo diritto sancito dal legislatore non vada interpretato come un atto di sfiducia nei confronti del medico che ha espresso il primo parere, ma è votato a migliorare e chiarire le informazioni del paziente, «affinché egli possa decidere con cognizione di causa se acconsentire o no un trattamento proposto».
L’Ufficio Federale della Sanità pubblica (Ufsp) conferma il «diritto del paziente, se lo desidera, di consultare un altro medico di propria scelta, come un passo indicato in particolare per interventi chirurgici non urgenti o per trattamenti impegnativi», e ricorda altresì al paziente di «informarsi prima se la propria assicurazione assume i costi per questo secondo parere medico», cosa di norma consentita dagli assicuratori malattia. «Spesso la visita del paziente si svolge in quello che viene percepito come poco tempo in cui il medico deve proporgli cosa andrebbe fatto, spiegandogli ogni aspetto del percorso terapeutico o dell’intervento chirurgico. Una chiacchierata medico-paziente che dovrebbe fugare ogni dubbio e qualsiasi perplessità da parte di quest’ultimo il quale, ovviamente, vive un’asimmetria informativa dovuta alla complessità dell’arte medica di cui il suo curante detiene giocoforza abilità ed esperienza professionale», afferma Lacina che così giustifica ampiamente la possibilità del paziente di fare capo a una seconda opinione, migliorando il suo grado di informazione e la sua capacità di prendere una decisione in modo assolutamente consapevole.
«Affrontare in modo informato e convinto un trattamento o un intervento permette spesso di evitare malintesi», ne è convinto il nostro interlocutore che, insieme a Christopher Jackson (che pure partecipa al nostro incontro) ha fondato Isom (Istituto di seconda opinione in medicina). «Abbiamo creato un istituto indipendente (senza alcun conflitto di interessi) che fa capo a una rete di professionisti specialisti super partes: professori universitari elvetici con spirito medico-scientifico e di collaborazione a cui indirizziamo per un secondo parere chi ne fa richiesta, sia esso il medico di famiglia, sia il paziente stesso che lo desideri», riassume Christopher Jackson (Ceo di Isom), ricordando altresì un dato statistico che non deve passare inosservato: «Il punto 5 del documento Sanità 2020 del CF indica che in Svizzera gli esperti ritengono che i costi delle prestazioni potrebbero essere ridotti del 20 per cento, pari a 6 miliardi di franchi circa pagati dagli assicurati nel 2020; tema trattato nel 2019 dalla Società svizzera di ortopedia che, durante il congresso annuale di Baden, aveva disquisito su “Operazioni non necessarie”, proprio per riflettere e discuterne».
Entrambi i nostri interlocutori concordano che la richiesta di un secondo parere medico non è un atto di sfiducia verso il primo medico. A questo proposito, il radiologo sottolinea l’importanza di poter consultare medici al di sopra delle parti: «È la nostra idea di coordinazione: centralizzare in modo indipendente e autorevole un gruppo di specialisti che si rende disponibile in un tempo ragionevolmente breve (due settimane circa) per avere un parere da un professore universitario che, dunque, si prende il tempo di studiare il caso, la qualità, e controllare l’indicazione per quei pazienti che ancora non sono convinti di quale sia la migliore strada terapeutica percorribile».
Una sorta di «controllo di qualità» che, egli dice, «in Svizzera non esiste propriamente e l’unico vero controllo di qualità di cui possiamo disporre è per l’appunto la seconda opinione medica». Resta da capire come richiederla e quali siano i criteri di scelta del secondo medico. Congiunto, e più volte ribadito, l’invito del dottor Lacina e di Jackson ad affidarsi dapprima al prezioso supporto del medico di famiglia: «Egli ha esperienza e profonda conoscenza del proprio paziente e del suo vissuto». È inteso che «il paziente può liberamente decidere se informare il medico a cui chiede il secondo parere del fatto che già si era rivolto a un primo professionista, il quale già aveva dato una precedente indicazione in merito al trattamento o intervento chirurgico e alla sua necessità».
Resta da capire quali domande sarebbe opportuno porre al secondo medico. Il dottor Lacina così riassume i punti salienti che andrebbero toccati: «Perché questo trattamento o questo intervento è necessario? Ci sono alternative? Se sì, quali i rischi e benefici per rapporto al primo proposto? Quali i benefici e quali i rischi potenziali, compresi quelli riabilitativi? Quale lo scenario se decidessi di non intervenire? Il trattamento è scientificamente fondato?». E infine, a tutti verrebbe certamente da chiedere un’ultima cosa molto significativa con cui il medico conclude la serie di domande da porre sul tavolo: «Al mio posto, lei si sottoporrebbe al medesimo trattamento? Lo proporrebbe ai suoi famigliari? Se no, per quali motivi?».
È importante ribadire l’importanza della scelta del secondo medico a cui ci si affida: «Dobbiamo avere la certezza di rivolgerci a un professionista autorevole e indipendente, per avere la certezza di un secondo parere oggettivo che non vada a distruggere la fiducia del paziente nei confronti del primo operatore, perché non è certo compito del secondo medico influenzare la decisione ultima del paziente, il quale alla fine dovrebbe discutere il da farsi con il proprio medico di famiglia».