Il dark web e l’illusione dell’anonimato

Il caffè delle mamme – Intervista a Ivano Gabrielli direttore della Polizia Postale italiana ed esperto dei pericoliche gli adolescenti trovano sul web
/ 12.09.2022
di Simona Ravizza

«I pericoli che gli adolescenti corrono accedendo al dark web possono essere assimilati a quelli a cui si espone chi si aggira in orario notturno in un quartiere malfamato senza conoscerne i segreti. È possibile incappare in immagini e video di pedopornografia, violenza sessuale, esecuzioni. Tutto materiale decisamente traumatizzante. E per chi accede senza avere le dovute accortezze tecniche è, inoltre, possibile subire furti di dati». A Il caffè delle mamme di settembre invitiamo Ivano Gabrielli, direttore della Polizia Postale italiana e super-esperto dei pericoli con cui i nostri figli si confrontano sul web.

Partiamo dall’inizio: che cos’è il dark web?
La Rete ha tre livelli. Il primo è la superficie, che occupa il 4-5%: gli utenti sono identificabili e i contenuti in chiaro, accessibili a tutti e indicizzati da Google e altri motori di ricerca. Il secondo è il deep web: gli utenti sono identificabili, ma i contenuti sono protetti da password come i documenti riservati delle aziende o la video-riunione via Zoom. In fondo, il terzo livello è rappresentato dalle reti darknet: ciò che viene comunemente definito dark web. È la parte più profonda e anonimizzata del web, accessibile attraverso specifici software il più delle volte gratuiti e consente di entrare in circuiti nei quali le persone possono scambiare messaggi, fare acquisti o vendere oggetti e prestazioni spesso illegali, con la certezza dell’anonimato. Nate anche per sfruttare comunicazioni sicure a dissidenti e perseguitati politici, in Paesi nei quali non vi è democrazia, sono divenute uno dei luoghi virtuali nei quali avvengono illeciti.

Chi si nasconde nelle darknet?
Sono il luogo nel quale si nascondono pedofili e pedopornografi di tutto il mondo, dove si cercano e si vendono armi e ogni tipo di strano oggetto. È un mondo complesso, popolato da molti millantatori e da diversi truffatori. I pagamenti avvengono con criptovalute.

Perché il problema riguarda anche gli adolescenti?
I ragazzi possono essere attratti dalle darknet perché subiscono la suggestione di accedere a un mondo privo di leggi e di regole, nel quale poter approcciare veri delinquenti o traffici illeciti. L’accesso alle darknet è piuttosto semplice, dal momento che è sufficiente installare un software gratuito per entrare nelle board o sui marketplace, rudimentali siti o portali dove gli utenti accedono a contenuti illegali. Per fortuna i giovanissimi non dispongono facilmente di criptovalute cosa che limita la loro possibilità di partecipazione alla vita delle darknet.

Quali sono i pericoli teorici che può correre un adolescente?
Chi frequenta questi circuiti fa del malaffare cibernetico un mestiere ed è quindi sempre pronto a sfruttare le occasioni che si presentano. I ragazzi possono caderne facilmente vittime.

Quali sono i riscontri reali che avete dalle vostre inchieste e indagini su che cosa un adolescente può fare nel dark web?
Le competenze di studenti di informatica piuttosto che il senso di sfida tipico dell’adolescenza possono indurre i ragazzi ad attivare caselle di posta elettronica anonime attraverso le quali cercare o acquisire immagini pornografiche, fare scherzi o minacciare professori. L’anonimato che le darknet assicurano induce ad accarezzare l’illusione di impunità, sbloccando freni inibitori di comportamenti scorretti, quando non palesemente illegali. È evidente che l’impunità non è mai garantita e rappresenta una mera illusione che talvolta induce alla commissione di azioni anche gravi.

L’illusione di anonimato che guai può portare?
Anche nel web in chiaro esistono dei circuiti che si presentano come anonimizzati. Questi servizi stanno attraendo sempre più giovani internauti abbagliandoli con l’idea di diventare invisibili in Rete. All’illusione di anonimato consegue la convinzione di impunità. Così si stanno moltiplicando gruppi di giovanissimi che condividono foto intime di vittime ignare. Il fenomeno dei cosiddetti stupri virtuali – circuiti di messaggistica istantanea e cloud criptati nei quali vengono scambiate e uploadate (scaricate) foto sessuali autoprodotte e rubate per utilizzarle come pretesto per uno sproloquio sessista e violento contro le donne, è oggetto di numerose attività investigative. In questi circuiti vengono mescolate immagini di violenza sessuale sui bambini e altri filmati scabrosi.

I ragazzi coinvolti nelle inchieste investigative erano consapevoli di quello che stavano facendo?
La percezione dei molti ragazzi coinvolti è quella di trovarsi al sicuro, nascosti da meccanismi informatici e deresponsabilizzati nella necessità di rompere la catena di visualizzazioni: la loro giustificazione è che non sono autori dell’upload né responsabili della creazione delle immagini, né protagonisti degli abusi che nelle immagini vengono documentati. Non sanno che comunque sono responsabili. In molti casi i giovanissimi dichiarano anche di non avere un interesse specifico nel materiale pedopornografico, così come nelle immagini di uccisioni e stupri ma, in un eccesso di disimpegno morale, valutano inutile e dannoso informare un adulto visto che non si sentono direttamente responsabili.

Da genitori a cosa bisogna stare attenti?
Occorre sensibilizzare i ragazzi su come ogni azione informatica, per quanto appaia evanescente, abbia in realtà un potere pervasivo, addirittura superiore alle azioni concrete. Il web non dimentica e anche l’esternazione estemporanea sui social, frutto di un momento di rabbia, può diventare una sorta di aggressione per chi la subisce.