È uno dei sei circoli sardi che sono rimasti in Svizzera e, disposizioni sanitarie a parte, sta benissimo. La sede è a Bodio, naturalmente, di fronte alla stazione. Naturalmente, perché l’associazione è stata fondata da ex operai della Monteforno, nell’autunno del 1980.
«Ci siamo uniti perché siamo emigranti», mi racconta Nino Carboni, che da 51 anni vive a Bodio. «Abbiamo dato il nome “Coghinas” al nostro Circolo Culturale Sardo perché noi operai della Monteforno venivamo tutti da quella regione lì, cioè dai paesi di Tula e Oschiri, intorno al Lago Coghinas in provincia di Sassari». C’era bisogno di sentirsi uniti, di aiutarsi, di valorizzare il percorso degli emigranti, di vivere e trasmettere la cultura del paese d’origine.
La figura del fondatore può essere incarnata in Nando Ceruso, che è stato segretario, presidente e cuore del Circolo per anni. Venivano organizzate riunioni per aggiornarsi e scambiarsi informazioni, feste aperte alla popolazione, attività socio-culturali, dibattiti sui vari temi che potevano interessare i sardi all’estero e c’era anche uno sportello aperto ai membri e a chi necessitava di un aiuto burocratico. «Devi immaginarti che all’inizio, quando ci trovavamo, era un’epoca in cui le informazioni si trasmettevano ancora soprattutto oralmente», spiega Carboni, detto anche Nonno Nino perché è spesso andato nelle scuole a raccontare dell’acciaieria e della sua storia e sia gli alunni sia i docenti lo chiamano così.
«Io per esempio avevo i genitori in campagna, vicino a Tula. Per raggiungere il telefono mia madre doveva percorrere sei chilometri a piedi... si può capire che non ci sentivamo spesso. Allora quando a una riunione un compare raccontava cosa stava succedendo al paese, anche dettagli e piccoli cambiamenti, per gli altri era importante». E poi c’erano altre questioni legate al fatto di essere migranti: per esempio non tutti avevano dimestichezza con i biglietti del treno, quando si trattava di tornare in Sardegna per fare le ferie, o con i sindacati, o con l’amministrazione italiana per i contributi e le spese, o anche con le pratiche per i lavori edili di chi si costruiva la casa su territorio sardo... insomma, negli anni Ottanta e fino alla chiusura della Monteforno al Circolo Culturale Sardo «Coghinas» di Bodio c’era una segretaria che lavorava a tempo pieno.
Soprattutto però, l’associazione ha sempre onorato il proprio scopo culturale: Nonno Nino mi mostra gli album fotografici, ben conservati in un armadio del Circolo. La palestra di Giornico straripante di tavoli e amici del Circolo che mangiano, assistono alle danze tipiche e ai canti in costume, gente che trascorre una giornata a impregnarsi di un ambiente simpatico e denso di identità viva, prorompente. Si sono svolti inoltre numerosi corsi di lingua e cultura sarda, di balletto folcloristico, concorsi di disegno e attività sportive, proiezioni di film e spettacoli teatrali, momenti conviviali con le scuole o con la popolazione locale.
Man mano che gli anni passavano, le proporzioni tra sardi e amici dei sardi si invertivano: all’inizio i fondatori e i membri erano tutti isolani, poi si sono uniti altri emigrati italiani e anche ticinesi amici, e amici degli amici. Oggi i sardi sono solo una parte tra gli iscritti al Circolo. Meinrado Robbiani ha chiamato la vasta comunità sarda legata alla Monteforno «l’esempio più illuminante e rappresentativo di laboratorio sindacale e d’integrazione che il Ticino abbia vissuto sulla sua pelle», ricordando anche come gli operai – tutti gli operai della Monteforno – hanno dimostrato un attaccamento all’impresa ben maggiore, ben più autentico e generoso di quello manifestato dai dirigenti e dagli istituti finanziari. Nel 2002 è stata eletta presidente del Circolo «Coghinas» Michela Carboni, figlia di Nino, allora 27enne, nata in Leventina: grazie alla sua generazione quell’associazione che era stato simbolo di emigrazione diventava simbolo di cultura che viaggia, che vive altrove, che si radica e si mantiene vivo in tanti posti, per esempio nel cuore dei figli e dei nipoti degli immigrati.
Anche se negli ultimi anni i circoli sardi di tutto il mondo hanno vissuto pesanti tagli di fondi destinati a loro dalla Regione Autonoma della Sardegna, fino al 2019 il Circolo «Coghinas» continuava la sua attività di promotore di cultura sarda, invitando gruppi di artisti, partecipando alla Fiera del Turismo di Lugano, creando occasioni per rimanere uniti. La biblioteca della sede conserva parte della storia del Circolo e della Monteforno, oltre a offrire una vasta scelta di romanzi, libri di poesia, storia, geografia, dizionari, enciclopedie, diari politici, insomma tutto ciò che si vuole per sentirsi in contatto e approfondire la conoscenza con la Sardegna. In un certo senso è doveroso verso la terra d’origine, scrivono gli autori di un piccolo libro sul primo decennio del Circolo Emigrati Sardi Coghinas nel 1990; perché l’isola sarda ha pagato un grande tributo per lo sviluppo dell’Europa, inviando le sue braccia e i suoi abitanti che dopo la guerra non trovavano lavoro in patria. Si è svuotata, soprattutto dagli anni Sessanta in poi, faticando così a costruirsi un percorso proprio di sviluppo industriale. Questi figli partiti, questi emigranti, sentono dunque di dover ritornare qualcosa anche a lei, la terra che li ha generati e visti partire.
Nel 2020 ogni progetto per festeggiare il bel traguardo dei 40 anni è stato bloccato e sappiamo tutti perché. Per fortuna, però, mi raccontano Nino Carboni e sua figlia, Michela (oggi sposata Solinas e vice presidente del Circolo), «nel 2019 c’è stata una bellissima iniziativa venuta dalla Scuola Elementare di Bodio». La maestra Manuela Della Santa Molena ha scoperto un giorno che solo tre suoi allievi sapevano che in paese c’era stata la Monteforno. Ha dunque pensato di creare un progetto per la sua classe al fine di conoscere la storia del paese e della fabbrica, diffondendo poi le notizie raccolte a beneficio degli altri. E così, durante tutto l’anno scolastico i bambini hanno studiato l’acciaieria sotto vari aspetti, hanno intervistato ex operai e uno storico e all’inizio dell’estate 2019 hanno disseminato il paese di Bodio di cartelloni che ne raccontavano la storia. Si è così creato un percorso alla scoperta della Monteforno camminando tra viuzze, piazze e fontane soffermandosi a leggere i cartelloni realiz-
zati dai ragazzi. Che cosa era quella fabbrica, perché si chiamava così, chi vi lavorava, dove alloggiavano gli operai, come si fonde l’acciaio e cosa significa «laminatoio» e cosa è successo quando la Monteforno è stata chiusa?
Il Circolo Culturale Sardo «Coghinas» ha sostenuto il progetto della Maestra Manuela e ha in programma per l’anno prossimo una pubblicazione per non lasciare che quel lavoro cada nell’oblio. Alla fine, ecco cosa succede quando una comunità straniera si integra davvero nel territorio: aiuta a mantenere la memoria del posto stesso. Grazie ai sardi, le molte persone che hanno visitato Bodio nella scorsa estate hanno potuto ripercorrere gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta di una Leventina viva, piena di bar e barbieri, cinema e macellerie... dove dialetto ticinese e «limba (lingua) sarda» potevano guardarsi e ascoltarsi cantare.