Il cervello delle emozioni

Simposio - L’intestino è il nostro secondo cervello attraverso cui si relazionano cibo, psiche e flora intestinale; se ne parlerà mercoledì 9 settembre al LAC
/ 31.08.2020
di Maria Grazia Buletti

Una decisione presa «di pancia»: «viscerale» e perciò spontanea, inconsapevole, istintiva. Le «farfalle nello stomaco»: un nugolo di emozioni che fremono proprio lì, se ci innamoriamo, se viviamo un evento emotivo piacevole. Un certo «mal di pancia» se ci arrabbiamo, se siamo contrariati, ansiosi, sotto stress. Le emozioni positive, negative, semplici o complesse, influenzano il nostro comportamento spesso in modo più incisivo della volontà. 

Non possiamo decidere di essere felici, ma vuoi vedere che potremmo agire per provare ad esserlo il più possibile? Possiamo farlo proprio «di pancia»! 

Il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach nel 1862 scrisse L’uomo è ciò che mangia: «Egli pose il cibo all’origine della società, del pensiero, nella religione e persino nelle differenze culturali di classe, affermando che per “introdurre qualcosa nella tua testa e nel tuo cuore è necessario che tu abbia messo qualcosa nello stomaco”, dimostrando che il pensiero comincia proprio dalla pancia e poi arriva alla testa», così lo psichiatra e psicoterapeuta luganese Michele Mattia riassume la stretta correlazione che esiste fra mente e tratto gastrointestinale. 

Cosa d’altronde inconsciamente nota e socialmente in uso: non parliamo forse di invito a cena per discutere di affari o per un appuntamento galante? Al punto che si comincia finalmente a comprendere che l’intestino è il nostro secondo cervello, impegnato in una relazione bidirezionale con la mente. «I pensieri influenzano le funzioni intestinali e viceversa, l’intestino è in grado di agire sulla mente e quindi sul nostro comportamento e sulla nostra sensazione di benessere», afferma il gastroenterologo bellinzonese Florian Bihl spiegando che il nostro tratto gastrointestinale accoglie abitualmente un’enorme quantità di microrganismi (microbioma): una massa viva e brulicante che interagisce con le mucose e le strutture immunitarie, influenzando costantemente la nostra salute, compresa quella della mente. 

«Un sano equilibrio del microbioma dà una sensazione di benessere fisico: dello star bene dell’intestino ne beneficia quindi la mente, come è noto dall’antichità secondo il detto Mens sana in corpore sano». Lo psichiatra Michele Mattia ricorda che sono ormai lontani i tempi in cui Cartesio separava drasticamente emozione e intelletto: «Le neuroscienze hanno percorso parecchia strada dagli anni Novanta, quando il neurologo Antonio Damasio confutava questa separazione, scrivendo il suo libro L’errore di Cartesio che sanciva di fatto il legame fra ragione e sentimento, fra cervello e pancia». 

Scopriamo che ci sono più neuroni nel tratto dell’apparato digerente che in qualsiasi organo del corpo umano. E che nell’intestino si produce la maggior parte della serotonina e gran parte della dopamina che circolano nel nostro organismo. «Oggi riemerge quella conoscenza più profonda radicata nella radice millenaria dei proverbi popolari: la conoscenza esperienziale del legame netto fra ciò che viviamo e ciò che sentiamo nel nostro corpo», afferma il dottor Mattia che però invita alla prudenza: «Malgrado la maggiore conoscenza dei neurotrasmettitori prodotti dall’intestino periferico, le nostre terapie devono ancora essere migliorate perché i farmaci agiscono ancora oggi su di esso come effetti collaterali, e dobbiamo ancora comprendere la vera azione sull’umore di dopamina e serotonina». 

La dimensione ritrovata mens et abdomen non deve dunque creare falsi miti secondo cui il microbioma può risolvere ogni problema: «Siamo in una fase interessante che permette di porre le basi scientifiche di quelle che erano conoscenze empiriche per poter meglio agire nella direzione: l’uomo è ciò che mangia». Ciò non toglie che, come afferma il gastroenterologo: «Il microbioma del nostro tratto digerente contiene un mondo: esso è individuale come le impronte digitali, e per questo ciascuno dovrà comprendere quale sia il suo equilibrio normale affinché ne possa beneficiare l’intero organismo». 

È facile comprendere che l’alimentazione può fare la differenza, ma che non esistono regimi alimentari universali proprio per l’unicità di ciascun microbioma: «È evidente che l’alimentazione può cambiare il microbioma, con conseguenze anche nella percezione del sistema nervoso intestinale e influenzando il nostro umore, la nostra salute e la nostra sensazione di benessere psicofisico. Ma ciascuno dovrà riflettere su cosa potrà cambiare su se stesso, che faccia bene a lui e solo a lui». L’invito del dottor Bihl ad ascoltare se stessi è chiaro, così come lo è il fatto che qualsiasi tipo di regime alimentare può non funzionare universalmente: «Qualcuno può trarre beneficio da una dieta vegetariana, altri no, ad esempio. Però posso ascoltarmi e mangiare ciò che sento mi faccia bene, bere o non bere vino se sento di non gradirlo e via dicendo». 

Impossibile, al momento del nostro incontro, non fare cenno al flagello del Coronavirus: «Paradossalmente, la situazione creatasi obbliga a mangiare meglio e più prodotti coltivati, alimenti del territorio cucinati con maggiore cura perché c’è più tempo: ciò migliora sensibilmente l’umore del nostro microbioma che di riflesso farà sentire meglio anche noi», dice il dottor Bihl che si augura che manterremo qualche buona abitudine alimentare anche in seguito. 

Risulta che dobbiamo trattare bene il nostro tratto digerente perché esso elabora e ci protegge da ciò che ingeriamo: «È un organo molto gentile, benefico, amico nostro, solo che merita di essere trattato bene badando a ciò che mettiamo in bocca per qualità e quantità di alimenti». Una regola, ripete, individuale: «Non c’è una dieta giusta per tutti o soluzioni condivise e condivisibili perché ciascuno ha un proprio microbioma». 

L’intestino è davvero il nostro secondo cervello? Mercoledì 9 settembre si confronteranno sul tema medici e specialisti del settore nel Simposio a loro dedicato al LAC, Lugano Arte e Cultura. Per ora abbiamo capito che la pancia ha un ruolo importante per la nostra salute, conoscere il legame tra cervello e intestino significa conoscersi. Ciò comporta una visione olistica dell’essere umano, alla quale poi possiamo aggiungere, come in una buona ricetta di cucina, un pizzico di immaginazione perché, diceva Einstein: «La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo». E ci fa stare bene.