«Con la tecnologia del giorno d’oggi, nessuno farà più le visite guidate», si mormorava tra i corridoi delle scuole di turismo. «Speriamo che la gente continui però almeno a viaggiare...».
La gente viaggia più che mai e le guide turistiche devono reinventare il loro mestiere. C’è ancora chi desidera il classico giro della città con fermata davanti a ogni monumento, chiesa e museo e a cui non importa se a parlare sia una voce registrata in un auricolare o una persona in carne ed ossa. Ma la guida turistica che incontriamo oggi in un ristorantino di Lugano non ha intenzione di ripetere giorno dopo giorno le stesse cose, mai e poi mai. «Cambio sempre tour, lo personalizzo a seconda del gruppo, dei suoi interessi e dell’età dei partecipanti». E ne inventa una nuova ogni settimana.
Patricia Carminati ha iniziato a portare in giro turisti in Patagonia, quando aveva vent’anni. Saliva sui ghiacciai e faceva trekking. Poi nel 2000 è arrivata in Svizzera, si è trovata bene con i laghi e le montagne: «Era come a casa mia...», sorride. Ha avuto due figli che adesso sono grandi. «Mi sono iscritta all’Associazione GuideSI, che era stata fondata nel 1997. Ci siamo battuti per il riconoscimento della nostra professione che ancora non era iscritta a un albo. Ora abbiamo la scuola, proponiamo una formazione anche noi e collaboriamo con tutti gli enti turistici. C’è ancora strada da fare ma lavoriamo moltissimo», spiega Patricia che nel frattempo è diventata segretaria dell’Associazione.
Delle 40 guide di GuideSI ognuno ha un po’ la sua specialità: ci si divide per regione geografica e anche per tema. Ci sono i tour dei parchi, dei musei, si può scegliere tra città o sentieri di montagna; ci sono i family tour e quelli in mountain bike; c’è l’offerta di andare sulle tracce di Mario Botta, i giri sul lago e le cacce al tesoro per scoprire i luoghi divertendosi. E la specialità di Patricia? I Food and Wine Tour. Per questo siamo qui in questo locale aperto da poco: perché deve provare e conoscere tutto, per offrire il meglio. Patricia fa la guida in inglese, spagnolo, francese, portoghese, italiano e tedesco. «I turisti di oggi arrivano già molto preparati. Hanno visto filmati, fotografie, letto articoli. Perché si spostano, allora? Per ricevere quella cosa che solo andando fisicamente in un posto puoi sentire: un odore, un’atmosfera, una parlata, un gusto. Dobbiamo trovare qualcosa di autentico, di unico; il nostro compito è creare un’esperienza al viaggiatore e dargli la possibilità di fare incontri indimenticabili. Alla fin fine il mio lavoro è quello di rendere felici le persone».
Una volta le è capitato di portare un gruppo di iraniani in visita ai castelli di Bellinzona. Pioveva. Per loro era una gioia perché in Iran non piove quasi mai. Uno del gruppo a un certo punto l’ha presa per una manica e le ha detto: «Patricia, vorrei realizzare il sogno della mia vita. Posso togliermi la camicia e andare sotto l’acqua?». E così, l’iraniano si è messo a torso nudo felice beato a godersi la pioggia... e dopo non finiva più di ringraziarla, come se fosse stata lei ad aggiungere questo dettaglio meteorologico alla giornata.
Un altro aneddoto: arriva una giornalista del «National Geografic» che chiede di realizzare un articolo con fotografie su artigiani del Ticino che abbiano storie particolari da raccontare. Per Patricia comincia il periodo di ricerca a destra e a sinistra di qualcosa che soddisfi la sua cliente e finalmente trova: «L’ho portata a casa di due gemelle di settant’anni che costruiscono marionette. Ci dicono che loro per accoglierci ci canteranno una canzone nella chiesa di Bedigliora. Immaginate due signore dalla voce angelica e una chitarra... la giornalista inglese era commossa fino alle lacrime. Quella sera se n’è andata dicendomi: “Ho una storia, è meravigliosa”. Per me, trovare la cosa giusta per ognuno è ciò che mi dà più soddisfazione, che sia un pullman di cinquanta persone o una coppia di innamorati». E così, per sei amici americani, ha organizzato una gita in battello sul Ceresio fino al Grotto San Rocco dove gli ospiti hanno potuto cucinare un risotto sotto la guida dello chef; per una signora statunitense che veniva a ritrovare la terra dei suoi avi ha preparato una giornata in Valle Maggia, con sosta al grotto per chiacchierare con chi aveva conosciuto suo nonno; alla squadra di calcio del San Gallo la miglior proposta è stato semplicemente un tour enogastronomico...
E chi sono oggi i turisti che vengono in Ticino? «La parte più consistente è sempre composta da svizzero tedeschi, tedeschi e italiani; poi ci sono molti americani, cinesi e cominciano ad arrivare anche parecchi romandi. Ci sono i brasiliani che fanno il giro dell’Europa e non vogliono vedere solo le città d’arte o le grandi capitali, ma anche i ghiacciai e le nostre piccole città circondate da montagne; ci sono gli indiani che amano starsene al grotto immersi nel verde tutto il giorno; ci sono le visite di chi arriva con AlpTransit la mattina e riparte la sera; molti gruppi di giovani da tutta la Svizzera per addii al celibato/nubilato; ci sono arabi, filippini e russi (ma meno rispetto a un paio di anni fa); insomma geograficamente c’è di tutto, ma come dicevo, se devo tracciare delle tendenze, direi che ora molti turisti cercano le piccole cose tipiche e autentiche e sono sempre più attratti dai programmi culinari. Infine, tra i ticinesi che si rivolgono a noi ci sono parecchie aziende o scuole che vogliono vedere con altri occhi ciò che già si crede di conoscere».
Ci alziamo dal nostro buon pranzo e andiamo in Piazza Cioccaro, dove Patricia ha appuntamento con una classe di terza media del canton Vaud e un fotografo: Albert Caruso. Caruso ha quattro figlie e quando vanno in viaggio fotografano dettagli di quello che vedono e poi parte la gara degli indovinelli: dove abbiamo visto questo? Hai notato quest’altro? Ecco che allora gli è venuta un’idea, che ha già sviluppato varie volte insieme a Patricia Carminati di GuideSI. Si tratta di un gioco in cui ogni gruppo di partecipanti si suddivide in squadre e a ogni squadra viene dato un certo numero di fotografie che rappresentano «pezzi» di Lugano: il leone sulla colonna all’entrata del Parco Ciani, un balcone particolarmente lavorato in Piazza Riforma, uno scorcio o un dettaglio architettonico e così via. Il gioco può abbinarsi a una piccola lezione di tecnica fotografica, perché i ragazzi devono rifotografare loro stessi quegli oggetti, mano a mano che li trovano sul loro percorso, per provare che li hanno visti. Oppure, semplicemente può essere un modo per visitare e notare più cose. È un allenamento a osservare e scoprire i piccoli segreti che il paesaggio urbano nasconde: un gioco che hanno chiamato caccia fotografica, che potrebbe fare chiunque di noi, anche se è nato qui. Perché ogni cosa cambia a seconda di come la si guarda e il segreto per essere sempre in viaggio è riuscire a stupirsi continuamente, anche di quello che c’è sotto casa propria.