Il bello della Svizzera è da scoprire

Pubblicazioni – Nelle piccole guide curate da Heimatschutz passato e presente diventano tappe di itinerari che permettono di conoscere e apprezzare il nostro patrimonio
/ 02.09.2019
di Luciana Caglio

Anche un paese piccolo, densamente popolato e costruito, dove una fitta rete di mezzi di trasporto rende tutto accessibile e ogni angolo sembra esplorato e catalogato, può riservare sorprese, curiosità, persino qualche mistero. In questa culla del classico turismo alpino, che aprì e sfruttò panorami spettacolari ormai di fama mondiale, c’è dell’altro. Da scovare entrando negli «interstizi», per dirla con il sociologo-etnologo Jean-Didier Urbain, fra i primi ad affrontare scientificamente il turismo moderno e le sue derive. E per contrastare l’avanzata del viaggio standard, verso mete appena sfiorate da visitatori affrettati, propose l’antidoto dell’osservazione mirata e lenta, in grado di rivelare gli aspetti ignorati di luoghi familiari. Maturando così una nuova sensibilità nei confronti del proprio territorio. Perché, dietro l’angolo, ci attende «il più bello della Svizzera».

S’intitolano, appunto, Die schönsten... der Schweiz e Les plus beaux... de Suisse le guide, pubblicate, negli ultimi due decenni, dall’Heimatschutz. Si tratta di opuscoli, formato cartolina che, con testi e immagini, impeccabili per precisione e originalità, illustrano itinerari all’insegna del «bello». Un bello in senso allargato, che concerne sia l’aspetto estetico sia i contenuti storici e sociali di località, edifici, impianti, oggetti, servizi che compongono l’ambiente di vita quotidiano. Un bello però che, proprio in Svizzera, ha subito i cambiamenti di uno sviluppo industriale e tecnologico, persino aggressivo. Con effetti allarmanti: le tracce del passato, preziose testimonianze d’epoca, cancellate o sfigurate.

A questo pericolo l’Heimatschutz ha reagito con efficace tempestività. Un’associazione tradizionale, nata nel 1905, con l’intento di salvaguardare il patrimonio naturale ed edificato ha saputo creare un modello d’intervento innovativo: promovendo la conoscenza e l’apprezzamento delle cose che ci circondano da vicino. Quelle di ieri come quelle di oggi. In quest’operazione di recupero non è caduta nel tranello della nostalgia per un illusorio passato tutto bello e invidiabile.

Nelle piccole guide Die schönsten... der Schweiz passato e presente diventano le tappe di itinerari, a loro modo, alternativi, all’insegna del già visto da rivedere. Sono percorsi da compiere a piedi, o in treno, in funicolare, in battello, ma soprattutto con lo sguardo, la riflessione e, infine, con il piacere della sorpresa. Anche luoghi abituali, considerati anonimi, nascondono un’identità e una storia, insomma un plusvalore da decifrare. Un compito non facile, soprattutto in un territorio sempre più urbanizzato: «la città diffusa», come aveva definito il fenomeno Tita Carloni, riferendosi al Ticino degli anni 70/80. Ma tutta la Svizzera aveva vissuto una stagione di euforia edilizia, contrassegnata da creatività e affarismo, sfociata in uno scontro politico-culturale: «Abbattere il vecchio e costruire il nuovo o proteggere e conservare?». L’Heimatschutz ha svolto un ruolo, per così dire, di mediazione. Proponendo la visione da una prospettiva ben diversa: per individuare in un fabbricato, al di là dei dati ufficiali concernenti un’epoca e uno stile, altri connotati. Quelli che attestano la funzionalità, i legami con l’ambiente, e quindi con la popolazione: come dire il suo stato di salute e la sua stessa ragion d’essere, capace di sfidare il tempo.

Negli opuscoli Die schönsten…, proprio il tema centrale dell’architettura si presta a un’interpretazione allargata e sfaccettata. Quindi non solo opere cosiddette canoniche, palazzi, castelli, chiese: meritano attenzione edifici e strutture che ci toccano direttamente, responsabili della nostra qualità di vita, privata e collettiva. Parlando di musei, per esempio, senza tralasciare le grandi istituzioni nazionali, si suggeriscono visite negli interstizi: il museo della carta a Basilea, la Ballyana a Schönenwerd, il Bahnmuseum Albula a Bergün, il Museum Bruder Klaus a Sachseln, che racconta storie di mercenari e oggetti che documentano incontri galanti. E si citano anche piccoli, pregevoli, musei in Ticino: Hermann Hesse a Montagnola, Vincenzo Vela a Ligornetto, il Monte Verità, il M.A.X. a Chiasso.

Ma oltre ai musei per definizione contenitori di cultura, altri luoghi, edificati o all’aperto, altri impianti, altri spazi pubblici e privati, persino mezzi di trasporto hanno ottenuto il privilegio di comparire da protagonisti in questa singolare collana editoriale. Già i titoli degli opuscoli sono indicativi. Ecco Die schönsten Bäder, i più begli impianti balneari che documentano gli esordi dell’era sportiva a partire dal 1860, quando uomini e donne nuotavano in zone separate. Vi figura anche il Lido di Lugano, con il padiglione liberty progettato dall’architetto Americo Marazzi nel 1928, rimasto fortunatamente intatto. Ecco la guida ai più begli hotel, dove il turismo belle époque ha lasciato tracce raffinate. Ecco Die schönsten Cafés und Tea Rooms, dove s’incontravano personaggi illustri e avventori comuni, insomma centri spontanei di aggregazione. Ecco, motivo d’orgoglio nazionale, il repertorio dei più bei mezzi di trasporto, fra i quali la ferrovia del Monte Generoso, cremagliera riscattata dalla Migros, nel 1942. E poi le guide delle più belle passeggiate, fra boschi, cascate, laghetti che riservano sorprese vicine a noi: come le Gole della Breggia a Balerna. Non a caso, nell’era verde che stiamo vivendo, le pubblicazioni più recenti puntano sull’incontro con la natura, attraverso i più bei parchi e giardini e alla scoperta di isole, per lo più ignorate: quella del lago di Cauma, nei Grigioni, o, in Ticino, la minuscola isola di Giornico. Ed è una voglia di verde che si fa sentire anche nelle città: si cita, fra altri il nuovo spazio urbano creato alla foce del Cassarate. Insomma, questi opuscoli biligue, tedesco e francese, non trascurano la Svizzera italiana.

Senza dubbio con quest’operazione l’Heimatschutz contribuisce a suscitare una voglia di Svizzera, da non confondere, però, con una forma di chiusura nazionalista. Coincide con «la necessità, creata dalle migrazioni contemporanee verso l’esterno, di un viaggio di ritorno verso le origini e ciò che si è, lasciato alle spalle»: come scrive Eric J. Leed, nell’ultima pagina dell’imperdibile saggio La mente del viaggiatore. L’autore, peccando d’ottimismo, allude addirittura a «una nuova manifestazione della vecchia tradizione del viaggio filosofico».