I soccorritori psicologici d’urgenza

Care Team Ticino – I volontari del gruppo, detti caregivers, garantiscono un’assistenza a livello emozionale e pratico alle persone colpite, direttamente o indirettamente, da un evento traumatico
/ 29.03.2021
di Alessandra Ostini Sutto

Quando ci si immagina un evento traumatico, si pensa istintivamente all’intervento del personale dell’ambulanza e della polizia. Le persone colpite, direttamente ma pure indirettamente (come testimoni e familiari) hanno però bisogno anche di un’assistenza, professionale, a livello emozionale e pratico; un bisogno cui risponde la figura del «caregiver».

I caregivers sono dei «soccorritori psicologici», dei soccorritori cioè istruiti nel sostegno psicosociale d’urgenza. «Il ruolo del caregiver è quello di essere presente ascoltando attivamente la persona da supportare. Concretamente la sua presenza può garantire i seguenti aspetti: avere un unico interlocutore su cui potersi appoggiare continuamente, avere assicurati i propri bisogni primari (quali ricevere sicurezza, stare al caldo, mangiare, bere, ecc.), essere compresi e rispettati nelle proprie necessità, essere protetti nella propria intimità e nella sfera privata, ricevere informazioni tempestive, esatte e verificate sulle condizioni di salute dei propri cari coinvolti nell’evento», afferma Massimo Binsacca, coordinatore e caposervizio del Care Team Ticino, un servizio cantonale che interviene, appunto, nell’urgenza a supporto delle vittime di un evento straordinario, consentendo così, anche, di evitare o ridurre danni ulteriori alla psiche delle vittime.

«Il Care Team Ticino ha iniziato la propria operatività nel gennaio del 2015 poiché era nata l’esigenza di avere un supporto psicosociale e psicologico d’urgenza – spiega Binsacca – di fatto questo aspetto era stato inserito nelle linee direttive dello Stato e nel 2013 era stato costituito un gruppo di lavoro che potesse concretizzarlo».

Il Care Team è costituito da volontari che hanno una formazione in vari ambiti (sociale, sanitario, psicologico, ecc.) e una predisposizione all’aiuto; nella loro attività sono seguiti e sostenuti da specialisti con formazione in psicologia o psichiatria. «I volontari, di principio, sono già militi di protezione civile ma, essendo l’elemento femminile poco presente, reclutiamo delle donne, che in seguito vengono incorporate in una delle sei Regioni di questa organizzazione – spiega il coordinatore – attualmente il Team è composto da circa 40 volontari e nel corso del 2021 ne saranno formati ancora 12, per raggiungere il contingente adeguato a coprire i picchetti settimanali con due persone (generalmente una donna e un uomo), 7 giorni su sette, 24 ore al giorno».

Nella maggior parte dei casi, l’attivazione del Care Team Ticino avviene per il tramite della polizia e dei servizi ambulanza. «In genere la richiesta di avere qualcuno che possa essere di aiuto e sostegno nella fase acuta parte dalla persona coinvolta dall’evento», aggiunge Binsacca. Dopo l’allarme, si cerca di garantire la presenza in loco del nucleo di picchetto in un tempo massimo di 90 minuti. «Se l’evento richiede più personale, vi è la possibilità di attivare il resto del gruppo – continua – il servizio copre l’intero territorio cantonale e, dal 2016, pure la Mesolcina e la Calanca».

Tra i volontari del Care Team Ticino c’è Eva Ghanfili, 62 anni, infermiera specializzata in cure intense, membro di comitato del Comité National du Don d’Organ, dell’associazione Insieme per ricevere e donare e di DebriSi (l’associazione Debriefer della Svizzera italiana). «Il mio lavoro come infermiera nel reparto di medicina intensiva è impegnativo, tante volte anche dal lato emotivo. Mi sono chiesta spesso come si possano superare certi eventi. Ed è questo uno dei motivi che mi hanno spinta a seguire una formazione specifica nel sostegno psicologico e psicotraumatico – spiega Eva Ghanfili – ho capito che certi “malesseri” non si vedono attraverso i risultati delle analisi del sangue o le radiografie. Sono sofferenze vissute, ferite della nostra psiche, del nostro “io”. Vengono alla luce ascoltando le persone. Per me è da sempre importante sapere come posso essere utile a queste persone e che risposte posso dar loro senza ferirle ulteriormente. A volte, infatti, basta un semplice silenzio ed essere presenti».

Prima di iniziare il percorso di caregiver, Eva Ghanfili ha svolto in Ticino la formazione come Debriefer tramite l’associazione DebriSi nel 2002. «Poi ho conosciuto la fondazione Carelink e ho partecipato ad una prima formazione tramite loro come caregiver nel 2006, nella Svizzera tedesca. Da allora svolgo questa attività nel mio tempo libero, su chiamata», racconta la caregiver che nel 2014 è entrata a far parte pure del team di volontari del Care Team Ticino: «Oltre ad aver seguito la formazione richiesta, per rimanere aggiornata leggo tanti libri sul tema e seguo formazioni e seminari in questo ambito», continua l’infermiera.

La citata fondazione Carelink è la principale organizzazione in Svizzera di intervento e assistenza per aiuto psicosociale d’urgenza nel caso di eventi straordinari in imprese e istituzioni. La sua storia inizia con lo schianto del velivolo Swissair nei pressi di Halifax nel 1998, a seguito del quale l’intervento dello Swissair Emergency Care Team durò diverse settimane; un operato senza precedenti. Franz Bucher, che dirigeva il team, nei mesi successivi venne sommerso di richieste dalla Svizzera e dall’estero, di consulenza e formazione, ma pure di aiuti concreti. Da questo interesse scaturì l’idea di creare, su incarico di Swissair, l’organizzazione Carelink, costituita come associazione il 28 agosto 2001. Dopo il grounding della compagnia aerea, il 2 ottobre, crebbe l’interesse da parte delle FFS per l’organizzazione, che tra qualche mese compirà 20 anni. Un nuovo capitolo segnato, il 24 novembre dello stesso anno, dal velivolo della Crossair che precipitò nei pressi di Bassersdorf. Nel frattempo Carelink – convertita in fondazione nel 2003 – si è resa indipendente dalle FFS, che restano un partner importante; ad oggi è organizzata in un team centrale che opera a tempo pieno e uno composto da 350 volontari, formati professionalmente.

Oltre a fornire assistenza pratica e psicologica alle persone colpite da una disgrazia, Carelink offre, infatti, la formazione necessaria per poter agire come caregiver, che si compone, dopo una procedura iniziale di valutazione, di un corso d’introduzione, completato da regolari interventi di perfezionamento ed esercitazioni.

Simile la procedura adottata dal Care Team Ticino: «Se la domanda viene accettata, e dopo un colloquio personale, i caregivers seguono il corso d’introduzione all’aiuto psicologico d’urgenza e il corso tecnico specifico che permette loro di operare sulle persone traumatizzate. Annualmente sono previsti corsi d’aggiornamento e perfezionamento», spiega il coordinatore del CTTi.

Ma quali sono i principali requisiti per diventare un caregiver? A livello attitudinale un valido soccorritore psicologico deve avere resistenza alle situazioni di stress, una corretta gestione delle proprie emozioni, una solida conoscenza di sé e dei propri limiti, delle buone competenze relazionali e capacità comunicative. A livello organizzativo, deve svolgere un’attività che consenta di assentarsi dal lavoro in caso di intervento, che può essere richiesto, per esempio, in caso di un incidente stradale grave, un suicidio, una catastrofe naturale, un infortunio sul lavoro o la ricerca di una persona scomparsa. «Nel contesto attuale, durante il lockdown dello scorso mese di marzo, il Care Team è stato di supporto alla Task Force psicologica creata dal Cantone con il compito di sostenere i parenti delle persone degenti nelle case anziani – aggiunge Binsacca – nella seconda fase è stato chiamato a svolgere anche un ruolo di supporto della cellula del Contact Tracing».

Facendo un passo indietro alle situazioni più tradizionali per un caregiver, un intervento può durare da poche ore a più giorni, a dipendenza dei bisogni delle persone colpite. «La nostra azione può avere un senso fino a 7 giorni dall’evento; in seguito si cerca di attivare la rete di supporto, per esempio il servizio medico psicologico (per persone fino ai 18 anni), il servizio psicosociale (per gli adulti), le antenne di supporto nei vari livelli scolastici», spiega Massimo Binsacca. Definire un percorso per i giorni successivi è infatti uno dei pilastri di ogni intervento «care». Gli altri sono garantire un’assistenza prestata sul posto il più presto possibile, ricorrendo a metodi d’assistenza essenziali e di facile applicazione, rassicurare la persona che si assiste ed aiutarla a ricostruire l’avvenimento e fare ordine nei propri pensieri.

Di regola le persone assistite trovano nel caregiver una figura importante. «Quando vedo che le persone con cui ho a che fare si sentono meglio, anche solo un po’, mi sento utile e soddisfatta», commenta Eva Ghanfili, cui si aggiunge Massimo Binsacca: «In generale possiamo affermare che la riconoscenza per l’aiuto ricevuto è un segnale che il nostro compito è stato svolto adeguatamente».