Si chiama e si chiamerà sempre museo, ma quello dei fossili del Monte San Giorgio (www.museodeifossili.ch) ha molto di più da offrire. Per esempio una terrazza panoramica, un’aula didattica, filmati, oggetti da toccare, esperienze virtuali e tante emozioni. Un vero tuffo nel mare del Triassico medio, ossia un periodo compreso tra circa 247 e 237 milioni di anni fa, tra il Permiano e il Giurassico.
Un tuffo che si vive ancor più intensamente se si approfitta anche delle diverse possibilità per visitare l’esposizione di Meride che, nella sua forma attuale, ha da poco festeggiato i dieci anni. D’indubbio interesse sono gli occhiali di realtà virtuale, con i quali, seduti su una comoda poltrona, gli animali dell’ambiente marino prendono forma e movimento. Come per magia ci si ritrova immersi tra sauri, pesci e altri affascinanti esseri viventi. Un’esperienza appassionante: «Non si tratta di un filmato statico ma di una vera e propria ricostruzione digitale; si può interagire con gli animali, i quali si muovono a dipendenza delle scelte del visitatore seguendolo nei suoi movimenti», racconta Daniele Albisetti, responsabile del sito Patrimonio mondiale UNESCO per il lato svizzero, in cui è inserito anche il museo. La realtà virtuale, come ci spiega Albisetti, è d’altronde in grande espansione, anche a Meride: «Sì, il sistema è in funzione già dal 2019 e nel 2022 è stato affinato, mettendo l’ospite al centro dell’esperienza, mentre altri sviluppi sono in fase di studio. Anche per l’esposizione sono previste delle interessanti applicazioni, con l’animazione delle vetrine». Un prototipo di questo sistema è già in funzione e permette di far rivivere su uno schermo i fossili esposti, rendendoli interessanti per un pubblico ancor più ampio.
In ogni caso, l’esposizione è un concentrato di storia. Dal pianoterra ai livelli superiori sono esposti i ritrovamenti di un periodo di 4 milioni di anni. Orizzonti fossiliferi che sono ambienti di vita tra loro sovrapposti, ricostruiti grazie agli oltre 20mila fossili ritrovati, di cui solo una minima parte, chiaramente, è però presentata. Ogni stratificazione è contraddistinta dalla presenza di invertebrati, pesci e rettili (i sauri), la cui evoluzione si può seguire salendo di livello, grazie ai fossili, ma anche alle spiegazioni e alle ricostruzioni. Come quelle che accolgono i visitatori all’ingresso: si tratta per esempio di un grosso esemplare di Ticinosuchus ferox, uno dei rettili terrestri più famosi del giacimento, un arcosauro, antenato dei dinosauri. Oltre ai modelli, il museo è anche ricco di calchi, ossia di copie dei fossili originali che, proprio perché si tratta di duplicati, si possono toccare. «Abbiamo contrassegnato esplicitamente i calchi che si possono (si devono) toccare con un simbolo di una mano, così che tutti siano invogliati a tastare, per poter vivere più intensamente la loro visita al museo», spiega Albisetti.
Una visita è chiaramente possibile anche con le guide o le audioguide, ma per chi preferisce essere indipendente il percorso è comunque disseminato di altri strumenti didattici, come le postazioni multimediali del Paleorama e il rilievo interattivo. Si tratta in sostanza di filmati coinvolgenti dove si cerca d’illustrare la storia del triassico, ma anche come i paleontologi siano riusciti e riescano tuttora a ricavare tante informazioni da apparenti semplici strati di roccia. Si apprende per esempio che una campagna di scavo è molto più complessa di quanto si possa immaginare: «Si fa solitamente solo uno scavo all’anno che dura alcune settimane, mentre il resto del tempo è necessario per la fase di preparazione (condotta dal Museo cantonale di storia naturale a Lugano) che significa liberare, ricomporre, identificare e descrivere i fossili», spiega brevemente Daniele Albisetti. Una volta riportati alla luce, i fossili sono oggetto di ulteriori studi che forniscono importanti indicazioni e informazioni sulla loro vita, sull’ambiente circostante e sull’evoluzione. Un lavoro che oggi si svolge sempre più appoggiandosi anche alle nuove tecniche, compresi i modelli ricostruiti in tre dimensioni, che sono poi alla base dell’affascinante realtà virtuale e che arricchiscono le sale del Museo dei fossili.
Nel 2019 è stata inoltre inaugurata la terrazza panoramica della Val Mara, una postazione esterna a circa dieci minuti di cammino dal paese e dal museo di Meride (lungo il sentiero geo-paleontologico in direzione Serpiano). La parete rocciosa, alta circa 20 metri, permette di ammirare all’istante un profilo sedimentario di 60’000 anni del Triassico medio (in ogni metro ci sono circa 3000 anni), osservandone la successione dei molteplici strati che affiorano dalla fiancata, dove sono pure stati estratti alcuni dei fossili esposti. Un territorio d’indubbio valore, suggellato dall’entrata del Monte San Giorgio nella lista del Patrimonio mondiale UNESCO nel 2003 (nel 2010 anche la parte italiana). I primi fossili furono invece portati alla luce, e poi studiati da paleontologi, già nel 1850 e subito rivelarono la loro varietà e l’eccezionale stato di conservazione. «Il Monte San Giorgio – sottolinea in conclusione Albisetti – è d’altronde il miglior esempio al mondo di vita marina del Triassico medio».