Gabriel Garcia Marquez, scrittore colombiano premio Nobel per la Letteratura, lo sintetizza in modo magistrale: «La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla». A Il caffè delle mamme la domanda è ricorrente: da grandi cosa ricorderanno i bambini del tempo passato insieme a noi? Le fiabe della buonanotte, i giochi sul lettone, le ore dedicate a fare e disfare costruzioni di Lego e di legnetti Kapla oppure a inventarsi storie di castelli e principesse, saranno custoditi almeno un po’ nella mente e nei cuori dei nostri figli? Come genitori che ricordi riusciamo a formare? L’interrogativo affiora spesso anche nelle chiacchierate notturne con mio marito Riccardo: resterà qualcosa – ci chiediamo – delle serate trascorse a giocare a Taboo, Cluedo e Risiko, delle estati a viaggiare alla scoperta di luoghi d’arte, dei menu studiati con l’amore di chi spera di lasciare traccia dei sapori dell’infanzia e dell’adolescenza? L’occasione per rispondere ai mille interrogativi su come e cosa ricordano i bambini arriva da una lectio magistralis di Tomaso Vecchi, professore ordinario di Psicologia cognitiva e sperimentale e vicerettore dell’Università di Pavia, autore di saggi come Che cos’è la memoria e Memoria (ed. Carocci). L’ha tenuta durante il webinar del ciclo «Frontiere in medicina dell’età evolutiva», organizzato a metà ottobre da Gian Luigi Marseglia, direttore della clinica pediatrica al San Matteo di Pavia, e al quale ho partecipato come moderatrice. Di seguito i cinque punti essenziali della lezione di Vecchi.
Uno. Generalmente è impossibile rievocare episodi precedenti ai tre-cinque anni di età. Lo possiamo sperimentare anche a Il caffè delle mamme. Ciascuno può farlo. È quella che brutalmente viene definita amnesia infantile. Un po’ ciò può essere determinato dal fatto che le strutture neurali legate al ricordo – soprattutto le aree frontali – si sviluppano progressivamente solo durante la crescita. Un po’ può dipendere dal doppio filo che lega la memoria al linguaggio, ancora in fase di apprendimento a quell’età: «È possibile che ciò che accade prima dei tre-cinque anni venga perduto – sintetizza Vecchi – a causa dello sviluppo del linguaggio stesso». Ciò, però, vale per gli adulti. Perché?
Due. Il principio generale è che la memoria dipende dal passato, ma riguarda il futuro: le informazioni che da grandi teniamo a mente sono soprattutto quelle utili per il nostro futuro. È il motivo per cui modifichiamo in continuazione le conoscenze in funzione di quello che ci può servire. «I nostri ricordi si sono formati sulla base di conoscenze passate. Invece il loro utilizzo, ossia la finalità evolutiva, non riguarda il ricordo in sé – scrive Vecchi in Che cos’è la memoria –, ma piuttosto l’uso di queste informazioni per prevedere il futuro». Anche ciò, però, vale sempre per gli adulti.
Tre. Come funziona, invece, per un bimbo? Qui arriviamo ad affrontare quella che, almeno in apparenza, può sembrare una contraddizione: se chiediamo a nostro figlio di tre anni cos’ha fatto ieri o la scorsa estate, lui riuscirà a raccontarcelo per filo e per segno. Infatti, di per sé i bambini riescono a trattenere informazioni di vario tipo già da un anno di età. Ma com’è possibile, allora, che memorie estremamente accurate durante i primi anni vengano cancellate nell’età adulta? Il motivo è che, al contrario degli adulti, la memoria di un bambino non serve per aggiornare delle conoscenze utili nel futuro.
Quattro. Questo punto è il cuore della questione: «La memoria di un bambino serve – sottolinea Vecchi – per comprendere il mondo, trovare regolarità nelle esperienze vissute, acquisire il significato delle cose». In gergo tecnico, è quella che viene definita come «costruzione di una semantica». Da piccolo mi ricordo nei dettagli cosa ho fatto al mare nell’estate A, B e C; poi mi dimentico i particolari e acquisisco il significato di che cosa si fa al mare, e dunque cosa vuole dire. «Prima la memoria dei bambini si basa su ciò che hanno a disposizione, ovvero i ricordi così come sono – dice Vecchi –. A seguito di ripetute esposizioni ai medesimi eventi, si arriva alla costruzione di una conoscenza concettuale. Così la necessità di mantenere accuratamente le singole informazioni cessa». Per Il Caffè delle mamme questa è l’argomentazione che inchioda chiunque sia scettico sull’importanza di formare ricordi nei bambini (marito Riccardo compreso). Da grandi non si ricorderanno più il trullo della Puglia circondato da ulivi, le chiese inerpicate sulla roccia di Modica (Sicilia) e nemmeno i Fori imperiali di Roma illuminati la notte: ma, c’è da sperare, si porteranno con sé il ricordo della bellezza di viaggiare. La storia della Guerra degli scoiattoli letta in un lungo viaggio in treno sicuramente la scorderanno, ma forse qualcosa rimarrà della dolcezza del tempo insieme. Le nostre ore in cucina a preparare a mano il pesto ligure o gli gnocchi certamente andranno perse, ma magari il sapore del cibo buono lo porteranno con sé. Ne Alla ricerca del tempo perduto, Proust descrive bene il funzionamento associativo della memoria: dopo aver mangiato un pezzo di madeleine, il suo sapore lo riporta mentalmente alla prima volta in cui l’ha provata e alle sensazioni che aveva provato allora: «Avverto la resistenza e odo il rumore degli spazi percorsi… All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di madeleine che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio».
Del resto, quello che ci lega alla memoria dei nostri figli per Il caffè delle mamme è una delle scommesse più importanti che dobbiamo affrontare come genitori: dare solidi basi di un tempo felice insieme per potere affrontare poi da soli (senza sentirsi tali) le difficoltà della vita.
Cinque. Questo è il punto dolente. I bambini, come anche gli adulti, hanno una memoria flash-bulb, traducibile con memoria a lampadina: in mente restano più facilmente impresse le sorprese e i traumi. Le prime sono impegnative da fare, i secondi purtroppo sono facili da creare.