I problemi dei nuclei ticinesi

Pubblicati dodici video che descrivono tutte le tipologie di nuclei urbani ticinesi negli anni Sessanta
/ 25.12.2017
di Lorenzo De Carli

«Descrivere le trasformazioni territoriali dell’ultimo cinquantennio significa tentare di illustrare il passaggio precipitoso da una configurazione fondata su un relativo equilibrio tra città e campagna (piccole città, campagne in stato di incipiente declino) verso la formazione di uno spezzone, peraltro assai discontinuo, di città diffusa». Così scriveva l’architetto Tita Carloni nel saggio intitolato «La grande trasformazione del territorio», apparso nel 1998 nella Storia del Cantone Ticino. L’Ottocento e il Novecento curata da Raffaello Ceschi. Da allora, la «città diffusa» non ha fatto che crescere, creando ampie zone edificate senza soluzione di continuità.

Nelle pagine del portale di storia partecipativa lanostraStoria.ch sta aumentando quella documentazione iconografica del nostro territorio, grazie alla quale studiare le trasformazioni descritte da Carloni, ben visibili all’occhio dell’architetto addestrato a leggere la sintassi del terreno edificato ma quasi impercepite da chi non compie lo sforzo di opporsi alla forza dell’oblio sostenuta dall’abitudine.

Grazie a Memoriav – l’associazione che salvaguarda il patrimonio culturale svizzero – nel 2010 fu possibile digitalizzare alcuni film in 16 millimetri della RSI contenenti una serie di trasmissioni televisive prodotte da Bixio Candolfi nel 1970 e curate da Sergio Genni, complessivamente intitolate I problemi dei nuclei ticinesi. Mai più trasmessi in televisione, quei dodici, brevi, documentari di straordinario interesse, grazie alla Fondazione Patrimonio Culturale della RSI, sono ora disponibili su lanostraStoria.ch. Si tratta di documenti che mostrano la grande trasformazione del territorio descritta da Tita Carloni e lo fanno proprio in presa diretta, negli anni in cui si assistette ad una fortissima accelerazione del fenomeno.

«Molte terre coltivate situate attorno ai vecchi borghi e ai villaggi pedemontani e collinari vennero abbandonate per la scarsità del rendimento e per l’arcaicità dei modi di lavorazione; talvolta per la difficoltà d’accesso o più semplicemente per stanchezza. Esse divennero facile preda di agenti immobiliari sovente improvvisati, che comperavano a basso prezzo da venditori ingenui o disarmati, preoccupati di spartire equamente i beni tra gli eredi o di affrontare, senza contrarre debiti, modesti investimenti come l’acquisto di un’automobile o di un autocarro, il riattamento della casa o gli studi dei figli» – così ancora Carloni, descrivendo un fenomeno non solo urbanistico ma anche sociologico, quando non addirittura antropologico, di quella «mutazione antropologica» di cui parlava Pasolini.

I dodici documentari raccolti nel dossier «I problemi dei nuclei ticinesi» furono diffusi tra il novembre e il dicembre del 1970. Nella loro collocazione originale, i documentari erano inseriti in quattro puntate della trasmissione televisiva «Enciclopedia TV». Andate in onda in diretta, erano caratterizzate da momenti di dibattito in studio e dai brevi filmati pubblicati su lanostraStoria.ch. Negli archivi della RSI sono rimasti solo questi ultimi, mentre dei dibattiti sappiamo solo chi vi partecipò.

I dodici documentari, con il commento di Carlo Cocco, ci consentono di avere una visione diretta di tutte le tipologie urbanistiche ticinesi così come si presentavano alla fine degli anni Sessanta. I centri delle città (Lugano, Locarno e Bellinzona) pressoché rigirati come un guanto in un paio di decenni; i villaggi pedemontani (Sonvico, Carona, Tegna, Verscio e Cavigliano) dove i terreni prima coltivati, vicino ai vecchi nuclei superstiti, sono già scempiati da case e casette costruite senza alcun riguardo per quanto sta attorno; i villaggi di lago (Ponte Tresa, Morcote, Gandria e Bissone), un tempo omogeneamente sviluppatisi in modo da conciliare le attività di pesca con quelle agricole, successivamente sfigurati da un’edilizia priva di regole e dal passaggio di nuove vie di transito; e da ultimo i villaggi di montagna (Quinto, Campo Blenio, Carì, Corippo e Campello), spesso prediletti da quelli che lo scrittore Piero Bianconi chiamava i «paguri», vale dire quei cittadini della Svizzera tedesca che acquistavano e riattavano le case dei ticinesi.

Dodici documentari, che sarebbe davvero utile esaminare alla luce delle grandi tensioni negli anni Sessanta prodotte dal progetto di legge urbanistica cantonale.