Guardiani e fidati custodi di passi alpini. Albergatori e ristoratori che accolgono i viandanti a 2000 metri tra nord e sud delle Alpi. Una missione la loro, unita ad una passione per la montagna e la natura: lavorare lassù, a due metri dal cielo, preparando piatti caldi o panini ai turisti di passaggio, per cinque o sei mesi l’anno, più che un lavoro è una scelta di vita.
Come quella di Marco Albertini, 70 anni, ex atleta e maestro di sci, che seppure in pensione gestisce l’Ospizio San Bernardino, un casone arroccato sul passo con due secoli di storia addosso e che da qualche decennio è di proprietà della sua famiglia, originaria di Mesocco. «L’ha acquistato nel 1968 mio fratello Giancarlo, quindi da oltre una ventina d’anni lo gestisco io», racconta mentre da un promontorio si alza l’inconfondibile suono del corno delle alpi che saluta una bella giornata di sole d’inizio settembre sul passo grigionese. L’aria è frizzante, 12 gradi, mentre a valle si superano i 30. Dalle 10 del mattino alle 7 di sera l’ospizio offre bevande e piatti tipici agli avventori – e sono tanti anche in periodo di pandemia – che, rinunciando alla più comoda e veloce galleria autostradale, si inerpicano con auto, camper, moto e biciclette (sempre di più quelle elettriche) sui tornanti del passo che collega la Viamala a nord con il Moesano a sud. Transito lento e panoramico, con l’ospizio – che la famiglia Albertini ha voluto mantenere il più possibile nella sua connotazione originale – che rappresenta un perfetto «pit stop» per chi, giunto in cima, si ferma ad ammirare la parete settentrionale del Pizzo Uccello (la montagna simbolo di San Bernardino) che si riflette sul laghetto Moesola. Un’area di sosta o di ripartenza – a piedi o in mountain bike – per i tanti sentieri che attraversano il passo e che offrono una totale immersione nella selvaggia quanto affascinante natura alpestre. «Non prepariamo piatti caldi o cucinati, a parte una zuppa d’orzo quando il clima è sfavorevole. Qui siamo in alta montagna, non abbiamo elettricità, o meglio produciamo noi l’energia che ci serve con una pompa che attinge acqua da una sorgente o attraverso un generatore. Quindi possiamo offrire una gastronomia limitata con salumi e formaggi tipici, a parte qualche grigliata organizzata con gli amici in tempi di apertura della caccia». Nonostante la denominazione ospizio faccia pensare all’alloggio, salvo rare eccezioni legate alle condizioni atmosferiche, sul San Bernardino non si dorme. «C’è solo una stanza doppia, che serve soprattutto al personale che si ferma la sera. E anch’io qualche volta dormo qui», spiega Albertini.
Si alloggia invece nello storico Ospizio e si mangiano gustosi piatti caldi nell’adiacente Albergo Ristorante sul San Gottardo. Strategicamente posizionati sulla via delle genti, anch’essi a quota 2000 metri i due ritrovi da circa sette anni sono affidati alla gestione di Marzio Eusebio, 66 anni, esperto ristoratore e albergatore leventinese, nonché sindaco per quasi trent’anni di Dalpe («libero villaggio in libera valle», chiosa Eusebio ricordando la sua avversione all’aggregazione dell’Alta Leventina). «L’Ospizio era stato appena ristrutturato, così ho accettato di lanciarmi in questa nuova avventura di gerente d’alta quota. E devo dire che mi ritengo soddisfatto di come stanno andando le cose. Certo, la pandemia ha ridotto il flusso turistico, ma con tedeschi, svizzero tedeschi e romandi che in luglio e agosto non hanno rinunciato a salire sul San Gottardo – che d’altra parte è il passo più transitato d’Europa – abbiamo contenuto la crisi. È vero altresì che sono completamente mancati i gruppi organizzati, che soprattutto per l’ospizio sono fondamentali, considerando che giornalmente nel nostro ritrovo avevamo almeno 20-30 persone che arrivavano sul San Gottardo a bordo di un pullman». In un prossimo futuro, vale a dire dalla prossima estate, però, ci sarà un motivo in più per valicare la «Via delle genti». «Oltre al Museo nazionale, ai laghetti alpini, ai sentieri e ai bunker fortificati, avremo anche una nuova attrazione turistica: le cinque pale eoliche della centrale elettrica che stanno montando e che già da questo mese di novembre entreranno in funzione», sottolinea Eusebio sorridendo sotto i suoi grandi baffi bianchi.
Non servono «effetti speciali» invece per attirare i turisti sul Passo del Lucomagno, bastano le montagne e la natura incontaminata dell’alta Valle di Blenio. Sono stati proprio questi i richiami ai quali non ha saputo resistere Stéphanie Scapozza, 36 anni, originaria di Breganzona, dunque una luganese che ha lasciato la città per immergersi in questo paradiso terrestre a 1700 metri. Da circa sette anni, Scapozza è gerente del Centro Pro Natura di Acquacalda, sulla strada del Lucomagno, appunto, a circa quattro chilometri dal passo, dove peraltro c’è un altro rifugio «tradizionale» per viandanti, l’Ospizio Santa Maria. Il Centro Pro Natura – acquistato nel 2010 da Pro Natura in occasione del 50° della sua fondazione – invece, è un approdo più culturale del vivere la montagna. «Offriamo ristorazione e alloggio durante il periodo estivo – spiega la gerente – ma è con la proposta di escursioni guidate sui sentieri, convegni, corsi e seminari su temi naturalistici che ci caratterizziamo e siamo apprezzati», dice.
Intanto però ai viandanti, grazie alla professionalità di Stéphanie e del suo team, da maggio a metà ottobre oltre all’alloggio (l’albergo può ospitare fino a 30 persone, mentre il campeggio dispone di una ventina di piazzuole) vengono proposti nel menù «à la carte» gustosi piatti cucinati con prodotti locali, salumi e formaggi provenienti da alpeggi e caseifici della regione bleniese e da tutto il Ticino. «Anche in cucina non possiamo tradire la nostra filosofia, che è quella di valorizzare il territorio, sempre nel rispetto della natura e della tradizione locale. Non solo per i turisti, ma anche per la gente del posto. È diventato un rituale, ad esempio, la proposta del pranzo domenicale con polenta e spezzatino o polenta e formaggio. I clienti vengono soprattutto dalla valle, ma anche luganesi o bellinzonesi fanno a gara per prenotare un tavolo in terrazza».
Quest’anno, però, il Centro Pro Natura ha dovuto chiudere prima i battenti, già alla fine di agosto. Il Covid-19 non c’entra con la chiusura anticipata, dettata da lavori di ristrutturazione dei servizi igienici che servono il campeggio, struttura molto ben frequentata durante la stagione estiva, anche per soggiorni di una settimana o più. E come non invidiare tendisti e camperisti che arrivano sul Lucomagno e invece di dare un’occhiata furtiva al panorama decidono di fermarsi, tra lo scorrere del Brenno e la cordigliera delle montagne bleniesi, per una vacanza rigeneratrice lontano dalla frenetica pianura. «Io sono una cittadina, ma per niente al mondo oggi cambierei questo vivere in mezzo alla natura», conclude Stéphanie guardandosi intorno. E salutandoci, le brillano gli occhi.