Statisticamente da bambini pare che ridiamo decine di volte al giorno, sempre meno via via che cresciamo, fino ad arrivare da adulti a un numero che rischia di arrivare pericolosamente vicino allo zero. Purtroppo. Perché ridere non solo è una capacità innata dell’uomo e di pochi altri mammiferi, ma fa pure bene, come dicevano i nostri nonni e conferma pure la lingua italiana (mai sentita l’espressione «una sana risata»?).
Una diceria e un’espressione confermati, oltre che da Sigmund Freud, che sulle battute di spirito ci scrisse pure un saggio, anche da alcuni studi universitari, che hanno evidenziato gli effetti benefici di pensiero positivo, sorriso e riso non solo sull’umore – cosa questa che in tempi di pandemia e lockdown declinato in tutte le possibili forme e maniere e conseguente aumento d’ansia, stress e disturbi psicologici vari già non sarebbe male – ma pure sull’organismo. Dunque conviene ridere, e dedicarsi a questa piacevole attività il più possibile, con costanza e regolarità. Perché se si è felici, o per lo meno sereni, di solito si sta meglio. In tutti i sensi.
Partendo da questo assunto, in India un medico ha avuto l’intuizione di unire tradizione e innovazione: ha preso le tecniche dello yoga, disciplina in cui la respirazione è un aspetto fondamentale, il principale mezzo di scambio tra l’esterno e noi stessi, e vi ha unito una bella e ovviamente sana risata. In estrema sintesi, ha combinato la pratica della respirazione profonda yoga a esercizi di contrazione del diaframma stimolati grazie al riso, provocato senza l’ausilio della comicità ma per pura gioia (sì, proprio come avviene nei bambini). Il risultato è appunto lo yoga della risata, una pratica che ha iniziato a diffondersi ventisei anni fa – il primo Club della risata nacque il 13 marzo 1995 in un parco pubblico di Mumbai – e che oggi secondo i suoi fautori coinvolge milioni di persone in tutto il mondo.
Si pratica da soli, ma la sua forza si esplica soprattutto in gruppo perché, come ben si sa, una bella e sana risata è, per definizione, contagiosa (altro che Covid!). È inoltre una disciplina semplice ed economica, che si può praticare ovunque – nelle aziende, a scuola o in famiglia – e che sta iniziando ad essere usata anche in contesti sociosanitari, ad esempio con anziani, disabili, pazienti oncologici e psichiatrici…. in generale in tutti i gruppi in cui si avverte il bisogno di abbassare lo stress (pare si stia sperimentando la sua introduzione anche nelle carceri).
Si ride per scelta dunque, per stare bene e far star meglio gli altri. Anche se forse gli ideatori si sono lasciati un po’ prendere la mano dall’entusiasmo (nel 1998 hanno organizzato la prima Giornata mondiale della risata, che da allora si tiene la prima domenica di maggio, il cui scopo è portare la pace in se stessi e nel mondo) l’idea, ammettiamolo, è intrigante. E obbliga gli scettici a trattenersi, ché mai come in questo caso ogni sorriso e/o riso di compatimento è da evitare, pena il dar ragione agli avversari.
Da valutare come sempre con attenzione, tuttavia, i vantati effetti terapeutici. Leggendo i libri e scorrendo i siti pare infatti che basti ridere per oltre dieci minuti di fila ogni giorno per essere quasi miracolati. Nulla da dire sull’effetto benefico, in particolare ansiolitico e di ristabilimento dell’umore, di una fragorosa risata – chiunque di noi l’ha sperimentato almeno una volta nella vita – e su quello di coesione sociale e di rafforzamento dei legami affettivi; nessun dubbio pure che ridendo si induca il nostro corpo a produrre tutta la gamma di sostanze che provocano quella sensazione di benessere che proviamo quando siamo felici e spensierati; tuttavia, lo confessiamo, sulla «straordinaria biochimica del benessere» (citazione) che questa pratica indurrebbe sul nostro organismo qualche perplessità la abbiamo.
In effetti secondo gli adepti dello yoga della risata il riso prolungato, favorendo l’arrivo dell’ossigeno ai tessuti e l’energia interiore, stimola la produzione di endorfina (un antidolorifico naturale) e serotonina (un antidepressivo naturale) e abbassa il cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. Ciò provocherebbe (cito solo le cose più importanti dal lunghissimo elenco trovato) un rafforzamento delle difese immunitarie, un alleviamento del dolore, migliorerebbe la circolazione sanguigna provocando una conseguente azione di prevenzione sui problemi cardiovascolari e sul tasso di colesterolo e potenzierebbe l’intelligenza emotiva e la resilienza. Per non parlare dell’aumento delle prestazioni sul posto di lavoro e dell’azione di antinvecchiamento, in particolare sugli anziani.
E in un articolo dell’agenzia di stampa italiana Ansa, oltre alla citatissima storia di Norma Cousins, giornalista americano «guarito dal ridere» da una malattia autoimmune (la spondilite anchilosante) a cui i medici avevano dato sei mesi di vita, ho letto la testimonianza di una persona che afferma di essere guarita dalla fibromialgia, una malattia di difficilissima diagnosi che provoca dolori muscolari e stanchezza cronici, disturbi del sonno e della circolazione e altri sintomi non meno perniciosi, che però la Lega svizzera contro il reumatismo afferma essere «inguaribile». Di che far urlare (non ridere) lo scettico che c’è o dovrebbe esserci in ognuno di noi e far accendere tutti i possibili segnali intellettuali di allarme.
Eppure Lara Lucaccioni, uno dei massimi guru italiani della disciplina, afferma sul suo sito che lo yoga della risata «ha modificato positivamente la mia vita in moltissimi ambiti, sia fisici che psicologici e relazionali» (non ridete, ma pure la sua stitichezza cronica è scomparsa).
E anche Vanita Monica Albergoni, colei che introdusse nel 2003 questa pratica in Ticino fondando il primo Club della risata, non ha alcuna esitazione nel definirla «una cosa geniale» che «ha cambiato totalmente la mia vita» poiché le ha permesso di «ritrovare la nostra vera essenza, la risata che ci appartiene». A suo dire infatti ritrovare il nostro «essere gioioso», una condizione che perdiamo progressivamente durante la crescita, ci permette di rovesciare la nostra prospettiva di vita: «Non siamo felici quando otteniamo qualcosa, ma otteniamo qualcosa solo se siamo felici». Filosofia interessante, che merita di essere valutata con attenzione.
Al di là dunque delle possibili trovate (e sparate) pubblicitarie e da marketing, una cosa è certa: ridere non fa male, anzi. È stata pure fondata una disciplina apposita, la gelotologia (dal greco γελὸς, che significa riso), che studia appunto le potenzialità terapeutiche della risata, in particolare le correlazioni tra emozioni e sistema immunitario. Tra i metodi esaminati vi sono, oltre lo yoga della risata, anche lo yoga demenziale di Jacopo Fo, figlio del premio Nobel per la letteratura Dario, e soprattutto la clownterapia, il metodo sicuramente più noto al grande pubblico anche grazie a un film dedicato al dr. Patch Adams (interpretato da Robin Williams).
Verità scientificamente provata, come affermano maestri e adepti delle varie discipline e tecniche di «risoterapia», oppure semplice effetto placebo? Ognuno trovi, se lo desidera, la sua risposta, magari anche sperimentando di persona (oltre al già citato Club cantonale della risata, in facebook si trovano diverse pagine e gruppi dedicati allo yoga della risata, tra cui una anche ticinese che tuttavia non è aggiornata da tempo; nel nostro cantone è pure attiva l’associazione Ridere per vivere). Di sicuro male non farà; anzi, al contrario di quanto si credeva o sperava nel ’68, questa volta una risata non ci seppellirà.
Guarire ridendo
Lo yoga della risata, una pratica millenaria che fa bene a corpo e mente
/ 24.05.2021
di Rocco Bianchi
di Rocco Bianchi