Marmotta, gipeto, lince, lupo e stambecco sono cinque specie di animali tipiche dell’arco alpino, nelle quali, con un po’ di fortuna, è facile imbattersi. In una sua ricerca, la giornalista romanda Lea Huszno ha riassunto storia e alcuni aneddoti di queste cinque specie che popolano le nostre Alpi, di cui alcune hanno già creato discussioni tra le genti del posto.
A cominciare dal lupo, che oggi è tra gli argomenti più controversi. Le sue predazioni su tutto il territorio elvetico stanno infatti dando seri grattacapi a chi detiene allevamenti. Antenato biologico del cane, vive principalmente in branchi e di lui si interessa in modo attivo, fra gli altri, anche la fondazione Kora che ha sede a Ittingen, e si occupa di ecologia dei carnivori e della gestione della fauna selvatica. Ne studia la biologia e segue l’andamento delle popolazioni, informando autorità e pubblico e offrendo consulenza. Il sodalizio persegue così l’obiettivo di elaborare le basi per una convivenza armoniosa con l’uomo.
Per quanto attiene al lupo, la responsabile del progetto della fondazione Kora, Manuela von Arx, afferma che «Il primo esemplare riapparso in Svizzera è stato avvistato in Vallese nel 1995, ma il primo branco vi si è impiantato solo nel 2012». Di fatto, questo antenato del cane era scomparso dalla Svizzera e dall’Europa a causa del disboscamento e del calo delle popolazioni degli ungulati. Negli anni Settanta il numero di esemplari è però ritornato a crescere: «La specie si è diffusa prima in Italia e poi in Francia, attraversando infine le Alpi per giungere in Svizzera». Von Arx sottolinea: «Lince, orso e lupo non ritornano però in un ambiente naturale intatto, bensì in un paesaggio dominato dall’uomo e sottoposto a molteplici pressioni».
Nel 2020 sono stati censiti undici branchi nel nostro Paese, sei dei quali nei Grigioni. Gli altri cinque vivono nelle altre regioni alpine, tra cui il Ticino, e uno nel Giura vodese: «In cerca di un loro territorio, i piccoli si separano dalla famiglia all’età di un anno, percorrendo molti chilometri. Di norma, se però un esemplare vive in un luogo per più di un anno, vi trascorrerà tutta la vita, ma la scelta di trattenersi dipende dalla disponibilità di cibo». Durante i primi due anni di vita il tasso di mortalità è molto elevato. Il lupo è carnivoro: si nutre di cervi, caprioli, camosci, cinghiali e talvolta anche di volpi. «È però opportunista e non perde occasione per attaccare possibili prede, come pecore o capre di greggi non sorvegliate da pastori o cani. In Svizzera non sono stati segnalati casi di aggressione di lupi ai danni di persone», chiosa Manuela von Arx.
Un altro animale di montagna è la marmotta che segnala la propria presenza col suo caratteristico fischio. Jürg Paul Müller, biologo specializzato in piccoli mammiferi, di questa racconta che «è il più grande roditore delle Alpi; ha una grande pancia e occhi scintillanti, mentre il suo grasso le permette di guarire da sola dalle ferite procurate dai morsi dei suoi compagni nei combattimenti per il dominio territoriale». La troviamo nei pascoli e nei prati dei Grigioni, del Vallese e del Cantone di Berna, e in Ticino a un’altitudine compresa tra 1100 e 3000 metri: «Le marmotte sono molto attive in estate, mentre in inverno vanno in letargo. Scavano tane per sfuggire sia al caldo che al freddo, ma anche ai loro predatori che sono aquile e volpi».
Dal suolo al cielo, troviamo il re delle Alpi. Così è chiamato il Gipeto Barbuto che ha ingiusta fama di essere predatore di bambini e di agnelli. La collaboratrice della Stazione ornitologica svizzera, Chloé Pang, spiega che è un uccello molto impressionante il cui nome è dovuto alla sua barba piumata di cui si ignora ancora oggi la funzione. «Con un’apertura alare di 2,5 metri è il più grande rapace diurno della Svizzera e può pesare fino a sette chili».
Della stessa famiglia dell’aquila e dell’avvoltoio «è uno spazzino che si nutre delle ossa delle carcasse di camosci, stambecchi e cervi e costruisce il suo nido con la pelliccia degli animali morti. Perciò si è guadagnato la reputazione di ladro di agnelli». Sradicato dalle Alpi alla fine del XIX secolo (a causa di una persecuzione incoraggiata dalla prima legge sulla caccia che ne raccomandava l’eliminazione) è stato reintrodotto nel nostro Paese nel 1991. «Attualmente ci sono 21 coppie riproduttrici in Svizzera e ogni anno nell’arco alpino nascono da 15 a 20 piccoli».
Infine la lince che, dopo orso e lupo, è stata avvistata lo scorso mese di marzo in val Bregaglia, sopra Soglio. È il più grande felino selvatico d’Europa e il suo avvistamento è stato confermato dal sito cantonale grigionese dedicato agli avvistamenti dei grandi predatori. Il collaboratore scientifico di Info Fauna, Simon Capt, spiega che essa appartiene alla stessa famiglia del gatto, del leone e della tigre e per sopravvivere deve predare in media un capriolo alla settimana. Non è facile incontrare questo animale dalla pelliccia giallastra pezzata di nero, con la coda corta: «È più facile vederla in inverno perché le sue impronte sono riconoscibili nella neve e la sua pelliccia è inconfondibile».
Nel massiccio del Giura e nelle Alpi vivono attualmente 250 linci. Delle stesse dimensioni di un cane dalmata adulto, pesano tra i 18 e i 25 chili. «Ogni esemplare vive da solo in un grande territorio che copre da 40 a 100 chilometri quadrati. Maschi e femmine si incontrano solo durante la stagione degli amori», precisa l’esperto che parla di un «carnivoro che caccia sin dall’età di dieci mesi, quando non viene più allattato e deve nutrirsi di carne fresca». Può restare immobile in agguato per diverse ore prima di attaccare la sua preda (caprioli, camosci, lepri e volpi). Meno pericoloso di un cinghiale, «se incontra esseri umani, li osserva ma non attacca, poiché non li considera prede».