Sarà che le calorose e accoglienti piscine sportive, con la temperatura dell’acqua amorevolmente regolata sopra i 24 gradi, rimarranno chiuse almeno fino a fine febbraio. Sarà che quest’anno, a causa delle restrizioni che hanno colpito i comprensori sciistici, provare l’ebbrezza delle nevi ghiacciate è un po’ più complicato del solito. O sarà semplicemente che il virus ci ha ormai spinti a riscoprire le bellezze naturali del territorio. Fatto sta che quest’inverno pozze, laghi e laghetti ticinesi – meraviglie nostrane letteralmente «mozzafiato» con le loro acque a temperatura da era glaciale – sembrano più affollati del solito.
Fino ad oggi conoscevamo le tradizionali nuotate natalizie, come quella di Santo Stefano a Paradiso, o quella del giorno della Befana a Brissago. Ma ecco che ora un gruppo di audacissimi amici sportivi ha deciso di andare ben oltre e ha fondato l’associazione Gelidisti del Ticino. Obiettivo: temprare corpo e mente sfidando le acque di laghi e fiumi ghiacciati.
Un nome che dice già tutto. Il gelo trasformato in religione e dottrina, con quel suffisso -ista che indica l’aderenza totale a un’ideologia. Stalinisti dell’acqua polare, suprematisti dell’ebbrezza del freddo pungente che incendia ogni capillare, il loro profeta è l’eccentrico Alessandro Veletta, classe 1979 di Tenero, già noto per le sue ardite imprese acquatiche. Dalla Dirinella-Brissago tutta a delfino, ai 24,5 chilometri del Gran Fondo del Naviglio, storica gara di nuoto nei canali milanesi, alla somma fatica d’Ercole, due anni fa, per una raccolta fondi: una 24 ore di nuoto ininterrotto, avanti e indietro per 47 chilometri nella vasca da 25 metri del Lido di Locarno. Fino all’apparizione miracolosa delle acque ghiacciate, che gli ha svelato un nuovo universo. «Un inverno soffrivo di un raffreddore che non voleva andarsene – spiega Veletta – ma le medicine non facevano nessun effetto. Così, seguendo i consigli di un amico, sono andato alla Pozza di Tenero, ho cominciato gradualmente ad immergermi e da allora non ho mai più avuto il raffreddore».
I discepoli finora sono una quindicina. Per rispettare le regole sanitarie però i Gelidisti del Ticino non si ritrovano mai in più di cinque. Il loro santuario è la Pozza di Tenero, ma a volte può capitare di vederli anche alla Cascata della Piumogna o, come lo scorso 31 dicembre, per un brindisi di fine anno a base di immersione in acqua ghiacciata, al Pozzón di Osogna con i suoi deliziosi 2 gradi centigradi. L’iniziazione, spiega il guru Veletta, avviene secondo un rituale ben preciso. «Si entra in acqua prestando massima attenzione al respiro, ci si immerge per un minuto, poi si esce e si rientra. Quando si esce non bisogna però frizionare la pelle con l’accappatoio, ma vivere con intensità la sensazione del freddo». Ma i gelidisti (forse) non sono completamente pazzi. I benefici della crioterapia, ovvero delle cure eseguite mediante il raffreddamento del corpo, in realtà sono noti da tempo. Da millenni numerose popolazioni praticano bagni nel ghiaccio per guarire da infiammazioni, dolori ossei o altre patologie. Si dice che Cristiano Ronaldo e Usain Bolt abbiano addirittura una criosauna in casa, a base di azoto vaporizzato a –170 gradi, mentre i ciclisti, nelle grandi corse a tappe, per recuperare più rapidamente si immergono in apposite vasche riempite di acqua e ghiaccio.
Sanela Micic, classe 1982 di Bellinzona, nuova adepta dei Gelidisti del Ticino, è un’entusiasta sostenitrice dei benefici del freddo. Prima di entrare nel gruppo non faceva nemmeno il bagno d’estate. Quando ha deciso di provare per la prima volta a immergersi nell’acqua ghiacciata, credeva di non farcela. Poi anche lei è stata folgorata sulle sponde pietrose della Pozza di Tenero e oggi ripone piena fede nel gelidismo. «Il freddo fa paura – scandisce Sanela Micic – e proprio per questo immergersi nell’acqua gelida, controllando il respiro, permette di imparare a mantenere la calma, ad avere il controllo della mente, delle emozioni e del corpo». Il corpo ghiacciato che, attraverso il respiro, tempra la mente, scaccia le paure, produce sicurezza in sé stessi, spinge ad alzare il proprio limite e superarlo. «Dona la pace interiore», sintetizza Alessandro Veletta. Come monaci buddhisti, come asceti meditanti, come i primi alpinisti per cui le irraggiungibili vette erano solo un riflesso della propria interiorità.
L’associazione Gelidisti del Ticino è la prima a sud delle Alpi. Ma in Svizzera interna qualche appassionato c’è già da tempo. A Berna esiste il Club Gfrörli, fondato nel 2006 da un gruppo di studenti talmente affezionati al loro fiume, l’Aare, da farci il bagno ogni martedì e venerdì anche d’inverno, in bikini e costume. «Ti scaldi nell’acqua fredda e ti senti come un drago», ha detto una volta uno di loro in un’intervista. Per rendere tutto più interessante, i gelidisti bernesi hanno fatto un patto: ad ogni nuotata ogni membro paga 50 centesimi che vengono messi in un salvadanaio comune, e a fine stagione chi può vantare il maggior numero di presenze vince l’intero malloppo. A Zurigo vent’anni fa è stato invece fondato il Samichlaus-Schwimmen, 111 metri di puro brivido nella Limmat. A Ginevra è la Coupe de Noël a riunire gli appassionati, e lo fa dal lontano 1934. Cento metri nel Lemano a circa 6 gradi, senza muta e senza alcun tipo di aiuto come pinne o guanti. Nel 1934 i partecipanti erano nove, nel 2019 più di 2500.
Ma perché questo boom? Dicono gli esperti: il nuoto invernale può provocare dipendenza. Il freddo stimola, in risposta allo shock termico, la secrezione di endorfine e adrenalina. E Sanela Micic conferma. «Per alcuni di noi è quasi una droga. Non sempre è possibile andare a immergersi in giornata, e allora ogni tanto andiamo addirittura la sera tardi, quando è già sceso il buio, di notte. Ne sentiamo il bisogno. A fine giornata ti rilassa e ti dà una carica di positività pazzesca».
Certo ci sono anche alcune controindicazioni. I bagni nell’acqua gelida sono sconsigliati soprattutto alle persone che soffrono di disturbi cardiaci. Per chi è in buona salute è invece importante prepararsi mentalmente, respirare in maniera corretta e concentrarsi sui segnali del corpo. «Immergersi a pochi gradi – puntualizza Sanela Micic – è un grande stress fisico. Bisogna fare attenzione, non è un gioco: se si comincia a provare panico può diventare pericoloso». Per questo la giusta tecnica di respirazione è fondamentale, e si basa sul metodo di uno sportivo olandese, Wim Hof. Soprannominato The Ice Man, Hof è conosciuto in tutto il mondo per la sua capacità di resistere alle basse temperature gelide. Nel 2000 ha stabilito il record mondiale per la nuotata più lunga sotto il ghiaccio, con una distanza di 57,5 metri. Nel 2007 è salito a 7200 metri sul Monte Everest indossando solo pantaloncini e scarpe da ginnastica. La sua tecnica di respirazione, simile a quella indiana del pranayama, ha fatto scuola tra i gelidisti di tutto il mondo e consiste essenzialmente in cicli di respirazioni molto profonde e forti che permettono di controllare meglio il corpo.
«Quando finirà l’emergenza sanitaria – dice Alessandro Veletta – vorremmo andare nei fiordi norvegesi e nuotare vicino agli iceberg. Per ora la nostra missione è semplicemente quella di diffondere la bellezza dei bagni invernali». Ma la bella stagione si avvicina, presto le temperature si alzeranno e, come in una fiaba, l’incantesimo di ghiaccio svanirà. Come pensate di riuscire a sopravvivere alla prossima estate? «Nessun problema. Andremo a fare passeggiate in montagna e ci tufferemo nei laghetti alpini. Quelli più in quota hanno una piacevolissima temperatura tra i 7 e i 9 gradi».