Lungaggini, campanilismi, proclami mai concretizzati e timori di salti nel vuoto, anche finanziari. C’è un po’ di tutto questo nella storia ormai quarantennale del cosiddetto «acquedotto a lago» del Mendrisiotto. Un progetto rimasto finora sempre lì, a galleggiare a metà del guado. Sempre e solo sulla carta. Da un paio di anni c’è stata però un’accelerazione, forse decisiva, per dare maggiore concretezza a questa opera. Ma dopo decenni di stallo si può davvero pensare ad un cambio di marcia? Ci risponde Marco Romano, presidente della delegazione consortile dell’Acquedotto Regionale del Mendrisiotto (ARM). «Rispetto al passato oggi possiamo certamente essere più fiduciosi. Prima di tutto perché attorno a questo progetto è stato creato un consorzio, un’istituzione riconosciuta che impegna formalmente i comuni del distretto. Questo consorzio si basa su uno statuto ben preciso che prevede la messa in rete degli acquedotti distrettuali e la creazione di una stazione di pompaggio a Riva San Vitale per poter usufruire delle acque del Ceresio».
Il progetto rientra nel Piano cantonale per l’approvvigionamento idrico che per il nuovo acquedotto del Mendrisiotto prevede un cammino in tre tappe: dapprima la messa in rete, su scala distrettuale, delle fonti idriche considerate ancora utilizzabili, in un secondo momento il ricorso all’acqua del lago e infine il potenziamento dell’intera struttura. Se inizialmente si pensava di procedere alla realizzazione di queste tappe con un percorso scaglionato nel tempo, dalla scorsa primavera le indicazioni giunte dalle autorità cantonali dicono che le tre tappe vanno compiute e ultimate in rapida successione pianificando l’insieme del progetto contemporaneamente. In altri termini c’è da rivedere la tempistica di tutto il progetto.
Un’accelerazione dovuta al fatto che, dice l’amministrazione cantonale, le risorse idriche a disposizione del distretto non sono sufficienti per rispondere alle esigenze della popolazione e degli operatori economici. E questo in caso di siccità prolungata o di incidenti, come quello che ha messo fuori uso definitivamente il cosiddetto «pozzo Polenta» di Morbio Inferiore, la falda freatica vittima di un inquinamento da idrocarburi nel 2008. «Il pozzo Polenta era una delle fonti più importanti del Basso Mendrisiotto – fa notare Marco Romano – Ma ci sono altre situazioni in cui le acque del distretto si trovano a rischio inquinamento. Basta un incidente, un inquinamento anche di piccole dimensioni, e ci ritroviamo con le spalle al muro. Non saremmo più in grado di fornire acqua alla nostra popolazione, l’acquedotto a lago serve proprio per poter far fronte a queste situazioni di alto rischio». Da qui l’esigenza di accelerare la realizzazione dell’intera opera. «Per questo vogliamo riuscire a convincere i comuni del distretto a unire le forze perché dalle verifiche fatte non c’è acqua per tutti, non solo nell’ipotesi di un inquinamento ma anche per i periodi di siccità, che rischiano di farsi sempre più frequenti, come del resto si è visto nel corso degli ultimi anni».
Il consorzio dell’ARM vuole ora andare definitivamente oltre le rivalità campanilistiche che in questi decenni hanno spesso minato l’intero progetto, in un distretto che si è diviso tra i comuni che dispongono di acqua in abbondanza, contrari ad investire in un acquedotto regionale, e quelli che devono invece confrontarsi con situazioni di difficoltà idriche e che hanno sempre sostenuto il ricorso all’acqua del lago. In un contesto in cui negli anni chi gestiva il territorio ha spesso permesso l’insediamento di infrastrutture e zone industriali proprio a ridosso delle falde freatiche, veri e propri laghi sotterranei protetti dalla legge federale. Al di là degli errori del passato, il nodo da sciogliere ora è anche e soprattutto finanziario. L’investimento per la realizzazione del nuovo acquedotto distrettuale è stimato attorno ai 50 milioni di franchi. I costi andranno suddivisi su tutti i comuni del distretto, sostenuti da un forte intervento da parte del Cantone. Da notare inoltre che un’eventuale accelerazione del progetto porterebbe con sé anche un contributo finanziario in arrivo dall’Ufficio federale delle strade (Ustra) e probabilmente anche dalle FFS.
Il momento appare dunque propizio per questo progetto dalla portata generazionale, anche se nel distretto momò non mancano resistenze e voci critiche. Tra queste in particolare quelle dei Verdi che sul tema hanno tra l’altro presentato un atto parlamentare al governo ticinese, firmato dalla granconsigliera Claudia Crivelli Barella. «Nei consigli comunali del Mendrisiotto noi Verdi siamo sempre stati scettici nei confronti della realizzazione di un acquedotto a lago perché secondo noi in questo modo non si affronta il problema alla radice. Prima di cercare una nuova fonte occorrerebbe riuscire a gestire meglio gli acquedotti del distretto e a promuovere un uso più parsimonioso dell’acqua. Se guardiamo a Mendrisio, ad esempio, la situazione adesso è migliorata ma fino a qualche anno fa le tubature della città erano tra le peggiori del canton Ticino, per le perdite di acqua che subivano». Insomma a detta dei Verdi si dovrebbe dapprima favorire una gestione più oculata delle risorse idriche, seguendo l’esempio di quanto fatto dal comune di Gordola, che attraverso la lotta agli sprechi e la messa in sicurezza delle proprie fonti, è riuscito a evitare di costruire «un pozzo di captazione dai costi plurimilionari», per far uso dell’acqua del lago Verbano. Nella sua interpellanza la deputata Crivelli Barella ha posto al governo una serie di domande, che riguardano anche i consumi di acqua. «Vi è una tendenza alla diminuzione?», si chiede l’esponente dei Verdi che vuole anche capire se nell’intero distretto ci si stia davvero operando per «diminuire perdite e sprechi».
Il Consiglio di Stato ha risposto lo scorso 11 ottobre, con un’articolata presa di posizione in cui si legge che «il contenimento delle perdite (per altro già in atto da parte dei maggiori distributori e che dovrà essere perseguito permanentemente) e la riduzione dei consumi non saranno sufficienti a garantire un approvvigionamento quantitativamente sicuro». Per il governo, come del resto anche per il consorzio ARM, «la nuova captazione a lago, che integrerà il complesso sistema esistente, è quindi necessaria a breve termine, senza attendere l’ultimazione del collegamento delle reti». Resta da capire se il Mendrisiotto vorrà davvero muoversi compatto per realizzare un proprio acquedotto regionale. Si troverà quell’unità di intenti che finora è mancata?