Fra prevenzione e cura

Medicina dello sport - Disciplina sanitaria trasversale, si può definire un «farmaco» per tutti
/ 10.04.2023
di Maria Grazia Buletti

A fine novembre dello scorso anno l’atleta ticinese Marco Tadé, campione di Freestyle e Moguls, ha subito un grave infortunio durante un campo di allenamento in Finlandia: «Sono caduto rovinosamente e mi sono procurato importanti lesioni alla parte superiore del corpo, fratturandomi la clavicola e quattro costole, con la conseguenza di un pneumotorace». Dopo essere stato soccorso e portato all’ospedale di Kuusamo, il locarnese racconta di essere stato trasportato con la Rega a Lugano: «Il dottor Patrick Siragusa che, come medico dello sport, collabora con Swiss Ski ed è il mio punto di riferimento per qualsiasi problema, ha contribuito a organizzare il mio trasferimento; insieme abbiamo subito cercato di capire come pianificare il mio recupero e portare poi avanti la riabilitazione, affrontando step by step tutti quei controlli e gli esami per stabilire il miglior piano d’attacco per una riabilitazione in tempi ragionevoli, dunque efficace, senza andare troppo lentamente o troppo velocemente».

Tadé racconta di non essere nuovo agli infortuni che hanno caratterizzato più della metà della sua carriera di sportivo: «Infortuni minori, successi non necessariamente praticando sport». E parlando del medico dello sport spiega: «Mi ha affiancato negli ultimi due o tre anni, lavorando insieme sui miei infortuni: ad esempio, nel 2020 mi sono rotto la cartilagine di una costola proprio a ridosso della mia partecipazione ai Mondiali. Con Patrick abbiamo lavorato per superare il problema attraverso un programma di riabilitazione che mi permettesse di allenarmi anche con questa parte di costola infortunata».

Una strategia messa in atto anche per quest’ultimo grave infortunio del novembre scorso, e che ha dato i suoi frutti: «In questo momento sto lavorando col primo preparatore fisico per capire cosa posso e cosa non posso ancora fare; la riabilitazione è quasi terminata e due settimane fa ho preso parte alle ultime due gare della stagione in Coppa Europa guadagnando due podi. Un successo, dato che era tanto che non sciavo». Risultato che l’atleta condivide con il suo medico dello sport del quale apprezza «l’insostituibile feedback medico come uno degli ingredienti che mi dà via libera su ciò che posso o non posso fare nella mia performance, favorendo anche una mia consapevolezza mentale che posso spingere al massimo e lasciare andare come prima dell’infortunio, malgrado altri fattori come il dolore o le limitazioni psicologiche».

Dal canto suo, il responsabile del Centro cantonale della medicina dello sport di Tenero EOC dottor Patrick Siragusa così riassume la Medicina dello sport: «È una branca della medicina che si interessa dello sportivo inteso come colui che svolge un’attività fisica e/o sportiva, non solo in forma agonistica, sorvegliandone e tutelandone lo stato di salute». Dunque, una medicina che si rivolge a tutti e si occupa di ogni aspetto di ordine medico che riguarda coloro che praticano attività sportiva, e che in aggiunta «comprende attività sanitarie di natura preventiva, curativa e riabilitativa – come spiega il medico sportivo Bruno Capelli, responsabile del Servizio di medicina sportiva e riabilitazione Cardiocentro Ticino – che hanno per oggetto la tutela della salute della popolazione sportiva».

Proprio in quella «natura preventiva» sta la chiave che permette di comprendere come la medicina dello sport abbracci tutta la popolazione, indipendentemente dall’età, dal grado di preparazione personale, dagli obiettivi più o meno agonistici o professionali e dallo stato di salute. A suffragio della sua importanza, i due medici osservano che «è pure ampiamente dimostrato che l’attività fisica intensa e lo sport sono in grado di palesare patologie misconosciute che potrebbero mettere a rischio la salute e talvolta la vita di chi le pratica».

Ciò dà ancora più valore al significato intrinseco di prevenzione della Medicina dello sport, che il dottor Capelli così riassume: «Parliamo di una prevenzione primaria promuovendo stili di vita sani in cui l’attività fisica riveste un ruolo determinante. Questa comprende anche la diagnosi precoce di patologie che inducono a una controindicazione o limitano l’attività sportiva. Mentre la prevenzione secondaria è volta al recupero, anche attraverso un’attività fisica personalizzata, di persone affette da patologie croniche o degenerative».

Ogni attenzione converge nell’obiettivo di tutelare la persona, sia essa praticante sport amatoriale, professionista o paziente in riabilitazione cardiocircolatoria o motoria, «dagli effetti negativi derivanti dall’attività in questione, mettendola in condizione di praticarla in totale sicurezza». In quest’ottica, l’esempio condiviso dallo sportivo Marco Tadé riporta a questa medicina come via per una riabilitazione dall’infortunio che, spiega Siragusa, abbraccia un ampio ventaglio di azione, a cominciare dalla prevenzione: «Le visite preventive dal medico sportivo mirano a riconoscere eventuali squilibri muscolari o fattori predisponenti per infortuni o lesioni da sovraccarico che, se corretti, possono evitare infortuni acuti e migliorare la prestazione (se la macchina funziona bene, tutto va per il meglio). Si valuta pure il livello della persona, per indirizzarla verso l’attività sportiva a lei più consona, per accompagnarla dopo un infortunio al fine di recuperare il livello di condizione fisica precedente anche per l’amatore».

A tal proposito il dottor Capelli pone l’accento anche sull’età dell’infanzia e dell’adolescenza quando, prima dell’inizio di uno sport, è sempre auspicabile una visita generale: «Bisogna monitorare i bambini soprattutto nelle discipline sportive in cui l’attività fisica risulta intensa, come ginnastica artistica o nuoto: la posizione della Società di pediatria indica che fino ai 12-13 anni sarebbe ideale proporre un’attività poli-sportiva con una disciplina primaria e altri sport che permettano al corpo una crescita armoniosa». Infine, uno sguardo sulla prevenzione secondaria di cui egli è responsabile al Cardiocentro: «Parliamo della presa a carico di pazienti dopo un evento cardiaco (infarto, rivascolarizzazione coronarica anche elettiva, o post-intervento di cardiochirurgia): oggi è più strutturata di un tempo e questo evidenzia che la cardio-riabilitazione porta a una diminuzione di recidive degli avvenimenti cardiaci, con beneficio che ricade quindi pure sul contenimento dei costi sanitari».

I benefici di questo movimento fisico mirato sono chiari: «Garantisce un’attività fisica consona praticata in sicurezza, migliora la qualità della vita e l’umore mentale, e comporta un’ottimizzazione della terapia farmacologica». Il movimento, concordano, «è la miglior medicina perché ottimizza lo stato funzionale cardio-polmonare (quindi la maggior capacità di tolleranza allo sforzo), migliora i valori di diversi fattori rischio come glicemia, e migliorano i valori di infiammazione e colesterolo». Un vero «farmaco» per la salute.