Affreschi, statue, edifici sacri, artisti, reperti archeologici, ma anche cimiteri, architettura moderna e interventi di restauro. Sono alcune delle molteplici tracce legate alla presenza artistica tra Valle di Muggio e Val Mara ora racchiuse in schede puntuali che aprono però alla scoperta, che invitano a percorrere il territorio. Sono finestre – come indica il titolo del libro che le raccoglie – di un percorso il cui arco temporale spazia dall’antichità ai giorni nostri. All’origine dell’iniziativa il Museo etnografico della Valle di Muggio (MEVM), da oltre quarant’anni impegnato nella valorizzazione di questo comprensorio e affiancato per l’occasione dalla Fondazione Ticino Nostro e da Salvioni Edizioni. Il pregiato volume Finestre sull’arte tra Valle di Muggio e Val Mara. Dall’epoca romana a oggi analizza con rigore scientifico ma taglio divulgativo beni mobili e immobili, tecniche artistiche e altre tematiche, completando la presentazione con numerose fotografie. Non mancano, nelle quasi quattrocento pagine, nuove scoperte e studi inediti curati come ogni scheda da specialisti dei rispettivi settori. I contributi sul ricco periodo barocco sono in gran parte firmati dallo storico dell’arte Ivano Proserpi, curatore del volume, che ha rivelato ad «Azione» alcune peculiarità della pubblicazione e di questa zona del Mendrisiotto.
Il primo obiettivo del libro, edito a fine 2022, è di offrire uno strumento di conoscenza sia al pubblico, grazie a una presentazione succinta e accattivante, sia ai ricercatori, i quali possono valersi di circa 800 note e di un corposo apparato bibliografico. Una dozzina gli esperti che, fra ricerche passate e indagini mirate per il volume, ripercorrono la storia artistica delle due vallate dominate dalla presenza del Monte Generoso. In un testo introduttivo Giulio Foletti, già responsabile del Servizio inventario dell’Ufficio dei beni culturali, ripercorre le tappe che hanno segnato dal punto di vista storico-artistico il territorio di cui si occupa il Museo, offrendone una visione cronologica d’insieme. Curioso il ritrovamento del reperto più antico: «…una torque, ovvero un collare di bronzo ritorto databile al 1800-1500 a.C., in una nicchia di una grotta recentemente scoperta nel massiccio calcareo del monte, sul versante roccioso e impervio affacciato sul lago di Lugano».
«Fra le tematiche molto diversificate delle 58 schede – spiega il curatore Ivano Proserpi – emergono, accanto a opere e artisti già noti, curiose storie di famiglia, figure il cui percorso è ancora da indagare, come pure i risultati di nuove ricerche mai pubblicate prima d’ora. Tra queste ultime spicca l’indagine di Nicola Navone sulle opere architettoniche (religiose e civili) di Luigi Fontana che dimostrano l’esistenza di una masseria a Campora (frazione di Castel San Pietro), tipo di edificio la cui presenza era finora accertata solo nella parte bassa della Valle. La scheda sul “pittore delicato e gentile” Francesco Antonio Silva, che ho curato con Edoardo Agustoni, ci svela invece come la sua presenza nel Mendrisiotto sia segnalata a più riprese, benché ancora poco conosciuta. Originario di Morbio Inferiore, il pittore ha intrapreso una carriera diversa da quella della tradizione familiare, essendo i Silva una nota famiglia di stuccatori, presentata in un’altra scheda».
Interessante anche la storia della famiglia Cometta di Arogno che rivive attraverso il monumento funebre situato nel locale cimitero. Lucia Pedrini Stanga spiega nella scheda dedicata a questa singolare tomba, eretta nel 1884 da Massimo Cometta, come la stessa rifletta «la vita di chi l’ha voluta e realizzata» ma pure quella «di un’intera comunità e di un giovane Cantone in cerca di identità, povero di mezzi e confrontato fin dalla nascita a una serie di ostacoli che ne complicarono lo sviluppo».
«I cimiteri – prosegue il curatore del volume – sono luoghi ricchi di opere e artisti meritevoli di attenzione, ma ancora poco studiati. Abbiamo quindi deciso di dedicare due schede a questo tema, in particolare all’architettura di quello di Castel San Pietro e ai monumenti funebri di una decina di cimiteri comunali». A scomparire non sono però solo le persone, ma pure edifici di grande pregio, sovente vittime del fervore edilizio. Prosegue Proserpi: «Ci sembrava doveroso affrontare anche questo argomento, soprattutto riguardo a due ville prestigiose legate all’emigrazione ticinese. Riccardo Bergossi riunisce nella scheda “La cancellazione delle ville” la storia di Villa Chiesa a Vacallo e di Villa Fontana–Buenos Aires a Castel San Pietro, edifici scomparsi alcuni decenni or sono».
Se da un lato il territorio della Valle di Muggio e della Val Mara ha perso, come altre regioni del Ticino, importanti testimonianze della sua storia, dall’altro si è assistito anche in epoca recente a recuperi di qualità sia dal punto di vista architettonico, sia da quello funzionale. È il caso della Masseria Cuntitt sempre a Castel San Pietro, di cui ripercorre la «riattazione conservativa» la storica dell’arte e dell’architettura Ludivine Proserpi. Oggi la masseria funge di nuovo da centro aggregativo della località con spazi pubblici e residenziali che preservano l’«anima del luogo», preciso intento del progettista Edy Quaglia.
Non meno stimolante è aprire le finestre su artisti che hanno operato nella regione tra fine Ottocento e inizio Novecento o ancora tornare al presente con le interviste a Simona Bellini, Giovanni Luisoni e Samuele Gabai, interviste raccolte da Mark Bertogliati e Silvio Bindella, rispettivamente curatore e presidente del MEVM. «Il progetto del volume era allo studio da diversi anni, quando ancora i curatori del Museo erano i coniugi Silvia e Paolo Crivelli», spiega il nostro interlocutore. La recente disponibilità di tempo di Ivano Proserpi, dal 2002 membro del comitato del MEVM, ha permesso negli ultimi tre anni di giungere alla stampa del volume, facile da consultare anche per il suo concetto grafico che porta la firma di Marco Zürcher dello Studio CCRZ di Balerna. Le immagini fotografiche sono invece in gran parte di Simone Mengani e Stefano Spinelli, i quali hanno lavorato assieme sul territorio su incarico del Museo. Oltre ai nomi già citati, fra i redattori figurano Paola Capozza, Nicoletta Ossanna Cavadini, Irene Quadri e Ilaria Verga.
Con questa pubblicazione, che nell’ultima scheda si sofferma sulle caratteristiche del MEVM e della sua sede (Casa Cantoni a Cabbio), l’istituzione museale si conferma radicata nell’insieme del territorio. Finora concentrato per lo più sugli aspetti della vita rurale, lo sguardo viene ora esteso all’attività artistica. Pur non essendo concepito come guida, il libro invita, grazie anche a una mappa, a muoversi lungo le due valli per scoprire piccole e grandi testimonianze in luoghi più o meno conosciuti, più o meno discosti. Se gli edifici e le opere di carattere religioso si distinguono anche per il loro numero, altrettanto di rilievo risultano per essenza, rarità, storia o rivelazione, gli altri oggetti e temi presentati nel volume.
Promuovere l’esplorazione del territorio nei suoi molteplici aspetti rimane uno degli obiettivi principali del Museo etnografico della Valle di Muggio che da aprile a ottobre organizza a questo scopo diverse escursioni guidate. Ciò permette di visitare edifici aperti al pubblico a volte solo in rare occasioni e soprattutto di approfondire la conoscenza di oggetti che magari si notano, ma senza comprenderne appieno significato e valore. Può essere il caso del coperchio di sarcofago trasformato in fontana (a Caneggio) o di alcune residenze borghesi dell’Ottocento frutto del successo all’estero di migranti locali. Con queste iniziative annuali e la recente pubblicazione il MEVM compie pertanto anche un’azione di sensibilizzazione, indispensabile per assicurare in futuro la degna protezione di queste opere.