Non sono un fan delle citazioni, tuttavia ne rubo due, tanto per cominciare, quindi vi autorizzo a darmi dell’incoerente. Incasso e porto a casa. Che ci posso fare?, queste, da attribuire a Franco Battiato e a Tom Dumoulin, mi piacciono. Sono certo che gli amanti della canzone d’autore conosceranno l’istrionico chansonnier-compositore siciliano, mentre i seguaci del ciclismo sapranno tutto sull’asso olandese.
Tom il Bello, la farfalla di Maastricht, è giunto secondo al Giro d’Italia alle spalle di Chris Froome, e secondo al Tour de France, preceduto da Geraint Thomas. In entrambe le circostanze, la vittoria è andata a un rappresentante del potentissimo è ricchissimo Team Sky, di cui ho scritto due settimane fa. Non vi preoccupate, non mi ripeterò. Li chiamo in causa solo per tentare di proporre alcune riflessioni sulla relazione fra sport-denaro-successo.
Tempo fa, quando si seppe che il passaggio di Cristiano Ronaldo dal Real Madrid alla Juventus avrebbe comportato un esborso di oltre 300 milioni di euro da parte della società torinese, in uno slancio di ingenuo senso etico, ho manifestato il mio stupore sui social media. Ho intascato parecchi «like», ma anche alcune giustificate reazioni da parte di chi mi rendeva attento al fatto che l’operazione CR7, col tempo, avrebbe generato più benefici che costi, e che ad ogni modo, se anche la Juventus avesse risparmiato quella cifra, non sarebbe di certo entrata nelle tasche di disoccupati o indigenti. È stata una lezione di sano e saggio pragmatismo.
Prontamente, infatti, pochi giorni dopo, «La Gazzetta dello Sport» ha dedicato un’intera pagina all’impatto finanziario dell’operazione Ronaldo. Se da un lato i versamenti da parte della Champions League sono commisurati al rendimento della squadra, d’altro canto le maggiori entrate alla voce «abbonamenti e biglietti allo stadio» e i ricavi nell’area commerciale e dello sponsoring, sembrano lasciar intendere che la Juventus abbia fatto l’affare del secolo. C’è tuttavia da augurarle, pur immaginando il più che probabile e robusto paracadute assicurativo, che all’asso portoghese non capiti un grave infortunio.
Prendiamo quindi atto che Cristiano Ronaldo – che la rivista «Forbes» colloca al terzo posto fra gli sportivi più pagati al mondo nel periodo giugno 2017/giugno 2018, con un incasso di 108 milioni di dollari – potrebbe, il prossimo anno, scavalcare in classifica il rivale Leo Messi (111 milioni) e issarsi al secondo posto, alle spalle dell’inarrivabile Floyd Mayweather. Per lo stesso periodo, infatti, il pugile statunitense ha percepito entrate per 285 milioni di dollari, frutto della più straordinaria mossa speculativa della storia dello sport, ovvero la sfida contro Conor McGregor, il super campione di arti marziali miste. Cifre da capogiro, da sballo, o da indignazione? Fate voi. Sappiate che un’icona dello sport ,mondialmente riconosciuta come Roger Federer, ha racimolato durante gli stessi 12 mesi poco più del 25% di quanto non abbia raccolto Mayweather.
I 77,2 milioni di dollari di King Roger, in confronto, sembrano bruscolini. Gli economisti di orientamento liberista sostengono che lo sport faccia girare l’economia e incentivi i consumi. Immagino che abbiano ragione, dal loro punto di vista. Ma chi consuma? Chi favorisce la crescita? Sono i 100 vip che frequentano le lounges degli stadi a caviale e champagne, o piuttosto le centinaia di migliaia di fan che, pur essendo in taluni casi in condizioni di indigenza e precariato, si svenano per seguire la loro squadra in trasferta corredati di maglietta, sciarpa, cappellino, trombetta, eccetera? Spesso si tratta di persone che compiono sacrifici immani o che si indebitano. Magari sono quelli che, in fondo è una partita di calcio e poi tornano a casa e picchiano i figli, oh yeah! E dai che sono scivolato ancora sulla citazione!
Non voglio e non posso dilungarmi, tuttavia, prima di chiudere, vorrei confermare lo stupore che avevo manifestato sui social. Quando lo sport era meno ricco non esistevano gli hooligans, non si spendevano cifre folli per la sicurezza, i tifosi delle due fazioni potevano mescolarsi senza problemi, la Pay TV era un’utopia, tutto lo sport era trasmesso «in chiaro», i costi per i diritti erano ridicoli confronto a quelli odierni, e gli equilibri distributivi di onori e titoli erano salvaguardati.
In Svizzera, ad esempio, il campionato di calcio lo vincevano anche Losanna, Xamax, Lucerna, San Gallo, Aarau e Lugano. Nell’hockey si inserivano nella lotta squadre come Arosa, Visp, Villars, La Chaux-de-Fonds, Langnau e Bienne. Oggi, nello sport dei ricchi, tutto ciò è inimmaginabile. Ah, dimenticavo, sempre secondo Forbes, nella lista dei cento sportivi più pagati al mondo non c’è neppure una donna. Una ragione in più per prendere le distanze da queste cifre drogate.