Favorire la salute psichica dei giovani a scuola

Adolescenti – Intervista alla psicologa Vincenza Guarnaccia, responsabile dei progetti scuola di Radix Svizzera italiana
/ 20.02.2023
di Guido Grilli

Incontrare il loro sguardo, ascoltarli attivamente, promuovere il dialogo, comprendere situazioni di disagio (l’elenco non è esaustivo). La scuola, dove i giovani trascorrono buona parte del loro tempo, come cerca di rispondere a queste urgenze? Una delle proposte arriva dal Dipartimento formazione e apprendimento, che dal prossimo 1° marzo organizzerà un corso intitolato, Promozione della salute psichica nelle scuole e intervento precoce. Tra i relatori, Vincenza Guarnaccia, psicologa, e osservatrice particolare dell’universo giovanile: per Radix Svizzera italiana è responsabile dei progetti scuola. Il corso, rivolto ai docenti delle Medie, si propone di approfondire il tema dell’adolescenza, del disagio adolescenziale e della promozione della salute psichica.

Quali sono gli obiettivi del corso?
Sicuramente rafforzare le risorse in un contesto di vita così importante per lo sviluppo dei ragazzi come lo è la scuola. In un’ottica di promozione della salute è infatti essenziale fornire maggiori strumenti agli adulti a contatto con i giovani, in questo caso i docenti. Per far sì che la scuola sia un luogo di crescita positivo per i ragazzi è pertanto importante tenere in considerazione le vulnerabilità di giovani che stanno crescendo.

Uno dei punti su cui intende focalizzarsi il corso è quello di «imparare a riconoscere i segnali del disagio negli adolescenti»…
Esatto. L’idea è proprio quella di promuovere l’intervento precoce che mira a ridurre fattori di rischio e consolidare ambienti di vita favorevoli alla salute. L’intervento precoce va dalla promozione della salute, al rilevamento di segnali di disagio, fino alla presa a carico dei disturbi. Chiaramente nel contesto scolastico stiamo parlando del ruolo educativo dell’insegnante, che può cogliere in anticipo dei fattori di rischio nei ragazzi, quei primi segnali che possono permettere di intervenire tempestivamente, prima che si sviluppi un vero e proprio problema. O comunque se iniziano a esserci situazioni di malessere l’obiettivo è che si arrivi rapidamente a una presa a carico di un possibile disturbo, attivando la rete interna alla scuola, per poi permettere di giungere ad affrontare il disagio con un professionista. Il ruolo educativo del docente è centrale nell’intervento precoce: l’osservazione e la capacità di ascolto permettono di attivare un dialogo che già da solo può migliorare una situazione di difficoltà di un giovane.

Non è dunque sufficiente la figura del docente di sostegno pedagogico?
È importante guardare alla scuola come a una comunità dove tutti condividono lo stesso approccio e lavorano insieme. I primi segnali di disagio sono colti perlopiù dal docente che è in classe. Se non li riconosce lui, il rischio è che non li colga nessun altro. Solo riconoscendoli si può giungere al docente di sostegno pedagogico. L’importante è che ci siano procedure condivise all’interno della scuola e che tutti i docenti, in contatto quotidiano con i ragazzi, sentano di poter dare il loro contributo.

L’universo adolescenziale oggi, dal suo punto di vista, è divenuto più complesso rispetto al passato?
È divenuto più complesso perché è divenuta più complessa la società. In una società molto più frammentata è importante lavorare per rafforzare le risorse presenti in tutti i luoghi di vita dei giovani. È determinante che si lavori tutti nella stessa direzione. E lo stesso discorso vale anche per le associazioni sportive, per i centri giovanili... Più rafforziamo le competenze degli adulti a contatto con i ragazzi nella capacità di ascolto e dialogo, tanto più possiamo offrire un aiuto a chi sta crescendo in questa società complessa.

Quali sono le difficoltà più ricorrenti tra gli adolescenti?
Se parliamo di scuola, quello che si coglie sono difficoltà nella gestione delle emozioni, la rabbia, che poi può portare a dei comportamenti esternalizzati, cioè che sfociano in aggressioni, provocazioni, oppure a quelle manifestazioni internalizzate, come la chiusura in sé stessi. Oggi i giovani sono alle prese con i social, con continue immagini e incessanti confronti con i propri pari. È qualcosa che accadeva anche nel passato, oggi, però, la platea con cui confrontarsi è immensa. E questo può portare a una chiusura degli adolescenti, a un ritiro sociale o a forme di aggressione e prevaricazione.

Lei è responsabile della Rete delle scuole 21, una realtà che in Ticino esiste da una quindicina di anni ed è presente a più livelli, cantonale, nazionale ed europeo. Quali sono le peculiarità?
La Rete delle scuole 21 promuove la salute e la sostenibilità. Si tratta di un approccio di rete, appunto, di comunità. A livello ticinese, la Rete è coordinata da Radix Svizzera italiana, su mandato del Decs e del Dss, e rappresenta un partner del Programma d’azione cantonale promozione della salute dell’Ufficio del medico cantonale. La Rete delle scuole 21 intende favorire nella scuola una cultura della promozione della salute, perché sia sede importante di crescita per i bambini e per gli adolescenti, un luogo di benessere di tutta la comunità scolastica. Questo significa lavorare tenendo in considerazione diversi ambiti di intervento: rafforzare le cosiddette competenze per la vita, psicosociali, che aiutano ad affrontare meglio le difficoltà (saper gestire le proprie emozioni, avere una buona autostima, senso critico, riuscire a costruire delle relazioni efficaci). Per instaurare un clima favorevole al benessere occorre inoltre migliorare l’ambiente sociale all’interno della scuola, promuovendo per esempio il senso di appartenenza, relazioni rispettose, la mediazione dei conflitti. Ma significativa è anche la struttura organizzativa della scuola, persino da un profilo di architettura interna, così come il legame con il territorio affinché possa concretizzarsi un approccio globale alla promozione della salute e perché all’interno della scuola s’instaurino relazioni positive, il rispetto, l’inclusione delle differenze, incidendo positivamente sul benessere degli allievi e di tutta la comunità scolastica.

Come si aderisce alla Rete delle scuole 21?
Ad oggi in Ticino sono 18 gli istituti scolastici che ne fanno parte, di cui 12 scuole medie e 6 scuole professionali. L’idea è di estenderla anche alle scuole dell’infanzia, elementari e licei. Per aderirvi occorre che il plenum dei docenti sia d’accordo e che, attraverso una convenzione, indichi degli obiettivi da sviluppare nell’arco di tre anni. È fra l’altro possibile ottenere aiuti finanziari per progetti fino a 3000 franchi. Viene nominato un gruppo di lavoro dove è importante la presenza della direzione. Un referente del gruppo parteciperà poi alle nostre riunioni di coordinamento. Ogni realtà scolastica possiede una sua peculiarità e propri bisogni, le esperienze e i programmi dei singoli istituti in rete sono molteplici. Alle Medie di Tesserete, ad esempio, viene realizzato, ogni anno, un progetto di valorizzazione dei talenti artistici musicali degli allievi. Un altro progetto cardine viene compiuto alle Medie di Giubiasco, con la Peer-Education, ossia un’educazione tra pari, per cui allievi volontari di terza e di quarta vengono formati per intervenire nelle classi animando discussioni sulle dipendenze. Un’iniziativa edificante, proprio nel solco del rafforzamento delle competenze dei giovani.