Facciamo i compiti

Il caffè delle mamme – Perché i nostri figli non studiano più da soli? Come fare ad aumentare la loro autostima scolastica?
/ 27.08.2018
di Simona Ravizza

Con il ritorno a scuola, si ripropone l’incubo di sempre: i compiti a casa. Al di là dell’eterno dibattito sulla loro utilità, al Caffè delle mamme si affronta una questione pratica: perché i nostri figli non studiano più da soli? L’argomento ci divide in due categorie: chi è già pronta a improvvisarsi prof per almeno un’ora al giorno; e chi è già in cerca di un giovane universitario da ingaggiare per le lezioni private (per chi può permetterselo). Sempre più spesso fin dalle elementari.

In entrambi i casi l’errore è clamoroso: il nostro ruolo non è fare calcoli di matematica e esercizi di tedesco insieme con il proprio bambino, ma aiutarlo ad acquisire il metodo per sbrigarsela da solo. Non siamo le sole a sbagliare. Le statistiche confermano il fenomeno. Secondo la recente indagine Global Parents’ Survey-Italy Findings 2018 della Varkey Foundation – organizzazione internazionale no profit convinta che con l’educazione si possa cambiare il mondo – in Germania, Francia, Italia e Spagna tra il 20 e il 40 per cento dei genitori spende dalle quattro alle sette ore a settimana per dedicarsi all’attività scolastica dei figli (la peggiore in Europa è l’Italia, dove il 18 per cento dedica tra le 4 e le 7 ore e il 25 per cento più di 7). Diffuso anche il ricorso alle lezioni private: in canton Ticino, il 18 per cento dei giovani già tra la terza e la quarta media ricorre regolarmente a un insegnante a casa; e la percentuale sale al 42 se si considera chi lo fa occasionalmente, come emerge dallo studio del giugno 2017 del Dipartimento di formazione e apprendimento della Supsi.

La perdita di capacità dei nostri figli di fare i compiti da soli è strettamente legata al fatto che noi siamo sempre di più dei «genitori spazzaneve». Così Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’Età evolutiva, ricercatore al dipartimento di Scienze biomediche dell’Università Statale di Milano, definisce le mamme e i papà che vogliono spianare la strada al proprio figlio, evitargli di sbagliare, farlo essere sempre all’altezza anche per brillare loro stessi di luce riflessa. «Stare seduti di fianco al bambino quando fa i compiti è sbagliato»  spiega Pellai ad «Azione». «La mamma e il papà devono essere degli allenatori, non dei giocatori in campo».

Il nostro obiettivo dev’essere potenziare l’autostima scolastica dei nostri figli, imprescindibile per fare crescere giovani uomini e donne che si sentano all’altezza delle sfide della vita. «Una buona autostima scolastica si ottiene anche attraverso la conquista di una crescente autonomia nella gestione dei compiti e dello studio» avverte Pellai, autore con la collega Barbara Tamborini del saggio Il metodo famiglia felice. Come allenare i figli alla vita (De Agostini, dicembre 2017). «Troppo spesso i genitori organizzano in modo puntuale e costante le sessioni di studio del figlio: a volte si ha l’impressione che certe mamme e papà non siano lì ad aiutare il ragazzo a studiare, bensì stiano studiando con lui, se non addirittura al suo posto. Avere una buona autostima scolastica significa sentirsi capaci di tenere sotto controllo i propri impegni, compiti e lezioni compresi».

Come mamme e papà dobbiamo aiutare nostro figlio a imparare il metodo migliore per studiare: spiegargli l’utilità della concentrazione, fargli capire l’importanza di ritagliarsi del tempo per fare i compiti, dichiararci orgogliosi quando risolve da solo un problema di matematica, ascoltarlo ripetere a voce alta storia e geografia per insegnargli a mettersi alla prova, confortarlo dopo una sconfitta e incentivarlo a imparare dai propri errori. «All’inizio della scuola elementare è importante aiutare un figlio a impostare un metodo di gestione dei compiti (primi due anni di scuola) e delle lezioni (dal terzo anno in poi)» insistono Pellai e Tamborini. «Ma lo scopo deve essere renderlo autonomo, e non dipendente dal nostro intervento di accompagnamento o addirittura di sostegno, monitoraggio e controllo. Avere una buona autostima scolastica significa studiare e fare i compiti assegnati perché è importante essere preparati, sentire di aver fatto il proprio dovere, essere apprezzati dai compagni e dagli insegnanti».

Il problema che i nostri bambini non sanno più studiare da soli è talmente diffuso che adesso si muove anche Pro Juventute della Svizzera italiana: da settembre a dicembre l’associazione promuove dei corsi dal titolo Impariamo a studiare: alla scoperta dei metodi di studio, rivolti agli alunni delle scuole medie (200 franchi per 15 ore di lezione, suddivise in dieci momenti da 1 ora e 30). Lo scopo: «Fare scoprire allo studente le strategie da utilizzare per rendere più efficace il suo studio, come l’uso dei colori, la sottolineatura, le parole chiave per schematizzare, la presa degli appunti, le tecniche di memorizzazione e le esercitazioni sul proprio materiale – spiega Pro Juventute –. Perché uno studio adeguato e curato porta a essere maggiormente consapevoli delle proprie capacità».

Dopotutto il messaggio che dobbiamo trasmettere ai nostri bambini, forse, è quello che lancia ai suoi studenti Robin Williams nei panni del prof. John Keating nell’indimenticabile discorso sulla cattedra de L’attimo fuggente: «Non affogate nella pigrizia mentale». Perché i compiti non possono fare una paura del diavolo.