Facciamo finta che...

Infanzia – Il gioco di ruolo o gioco simbolico è importante per lo sviluppo emotivo, relazionale e cognitivo del bambino. Ne abbiamo parlato con la psicologa Emanuela Iacchia
/ 26.04.2021
di Alessandra Ostini Sutto

«Facciamo che io ero Superman e tu il cattivo?», «facciamo che io ero la veterinaria e tu il cagnolino?»; fare finta di essere qualcun altro è uno dei giochi preferiti dai bambini. Si chiama gioco di ruolo, o gioco simbolico, e consiste nel calarsi in ruoli, appunto, diversi dai propri; unico limite, la fantasia. I giochi di ruolo si possono svolgere da soli, con un peluche o una bambola, con un amico reale o immaginario oppure con mamma e papà. In ogni caso sono importanti per lo sviluppo emotivo, relazionale e cognitivo del bambino. «Il gioco di ruolo si sviluppa verso i 24 mesi e coincide con la capacità del bambino di rappresentarsi mentalmente oggetti e persone – spiega Emanuela Iacchia, psicologa e psicoterapeuta con competenze specifiche nell’età evolutiva – Jean Piaget, che ha studiato a lungo il gioco simbolico, scrive che esso si sviluppa in un momento evolutivo particolare, che va dai 2 ai 7 anni, e che definisce “fase del pensiero preoperatorio”. In tale momento il piccolo mette in atto delle imitazioni differite, replica cioè comportamenti osservati in altre situazioni e spesso tenuti da adulti di riferimento. Oltre a replicare i gesti, il bambino utilizza degli oggetti che imitino la situazione che vuole riprodurre: ad esempio utilizza una scatola di cartone e fa il gesto di guidarla».

Come qualsiasi altro gioco, anche quello simbolico evolve parallelamente allo sviluppo del bambino. Come appena visto, imitare i genitori ne è la prima e più semplice forma, che si sviluppa tra i 2 e i 3 anni, fase in cui di fatto i bambini si interessano alle attività svolte da mamma e papà. Successivamente, tra i 3 e i 6 anni, il gioco di ruolo assume forme più complesse, pur continuando ad attingere alle situazioni familiari e note ai piccoli. Eccoli così per esempio mettere a nanna una bambola secondo il rituale seguito dai genitori oppure sgridare un pupazzo per aver fatto il cattivo. Non di rado giocano anche a svolgere un determinato mestiere, magari quello di uno dei genitori, o ad impersonare il personaggio di un libro o di un film. «Al di là di questo periodo, il desiderio di giocare impersonando personaggi o situazioni di fantasia prosegue per tutta la vita: in ogni fascia d’età il gioco di ruolo può essere utile, ad esempio, per mettere in scena situazioni che nella vita reale farebbero paura, ma anche solo per divertire», aggiunge Emanuela Iacchia.

Ad una certa età i bambini si stufano infatti dei classici giochi di ruolo. Attorno ai dieci anni non è però escluso che apprezzino quelli del filone Pen & Paper, che combinano le caratteristiche di giochi da tavolo e giochi di narrazione. Ma questa non è l’unica tipologia di gioco di ruolo che può piacere a ragazzi ed adulti. Accanto a quelli da tavolo, vi sono infatti quelli dal vivo e quelli online. Quale che sia il mezzo utilizzato, in questi giochi i partecipanti – guidati spesso da un capo gioco – assumono il ruolo di uno o più personaggi e tramite la conversazione creano uno spazio immaginario, dove avvengono fatti fittizi, avventurosi, in un’ambientazione che può ispirarsi a un romanzo, un film, un avvenimento storico o ancora essere una pura invenzione. Le regole del gioco indicano in che modo il giocatore possa influenzare lo spazio immaginato. 

«In questo ambito il fil rouge che collega piccoli e grandi è il bello e il desiderio di personalizzare e sviluppare il proprio personaggio come meglio si crede all’interno di una storia, sia essa semplice, come giocare sul divano pensando che sia una barca, oppure una vicenda fantastica ben articolata – commenta la psicoterapeuta – durante l’infanzia, il gioco simbolico è infatti di fondamentale importanza per lo sviluppo del pensiero astratto». Oltre a ciò, aiuta il bambino nella conoscenza del complesso mondo emozionale in quanto permette, attraverso l’imitazione e l’identificazione, la sperimentazione di emozioni e modelli relazionali. «Il gioco simbolico aiuta pure ad elaborare situazioni vissute, rivivendole da un’altra prospettiva o cambiando il finale. Il bambino può per esempio diventare quell’insegnante che mette timore e assegnare tanti voti belli», continua Iacchia.

Per questo tipo di attività ai bambini non serve molto, visto che la loro fantasia è alla base di ogni nuova avventura. Se però la vogliamo incentivare, una buona idea è quella di mettere a loro disposizione indumenti ed accessori che non usiamo più, utensili da cucina e altri oggetti di uso quotidiano. Anche scatoloni, lenzuola e coperte sono perfetti per improvvisare un gioco simbolico. A questo punto, lasciamoli liberi di potersi immedesimare ed osserviamoli: il gioco simbolico può dirci molto sulle paure, i sentimenti e i desideri dei nostri bambini. A volte, i piccoli infatti non sanno o non vogliono esternare alcune emozioni, mentre tramite il gioco di ruolo è come se affidassero ad altri la comunicazione dei loro stati d’animo. «Per un bambino una situazione difficile come la permanenza in ospedale di un familiare o un litigio con un amico può essere fonte di angoscia. Non avendo ancora gli strumenti per affrontarle, tenderà ad elaborare i suoi stati d’animo attraverso giochi di ruolo. In tal caso i genitori dovranno dedicargli tutta la loro attenzione e aiutarlo a superare la situazione», spiega la psicologa.

I genitori possono pure «utilizzare» i giochi di ruolo per aiutare i bambini a fronteggiare situazioni per loro delicate. Se un bambino timido è invitato ad una festa di compleanno, possono impersonare quello che sarebbe il suo ruolo per mostrargli come si potrebbe comportare; con i figli, d’altronde, l’esempio resta il migliore insegnamento. Nella stessa ottica, i giochi di ruolo vengono usati nella pratica professionale di psicologi e psicoterapeuti. «Si può usare il roleplay terapeutico immergendo i bambini in avventure che creano pressione o ansia, esattamente come molte situazioni sociali della vita di tutti i giorni. Vivendo tale situazione “per finta”, in un ambiente sicuro, protetto e accanto ad un adulto di riferimento, il bambino può sperimentare le sue emozioni e prepararsi ad affrontarle poi dal vero – afferma Emanuela Iacchia – il gioco di ruolo in terapia aiuta poi bambini e adolescenti a costruire ed articolare una moralità e una motivazione anche al di fuori di tale contesto». Non solo all’interno di una terapia, il gioco di ruolo assume infatti pure la valenza di strumento d’apprendimento, nella fattispecie di norme sociali e comportamenti adeguati alle varie situazioni.

Delle volte gli stessi bambini «sfruttano» inconsapevolmente questi momenti per rappresentare conflitti che hanno con il mondo esterno. Se non hanno il permesso di fare qualcosa, nel gioco possono auto-aiutarsi ad accettare il divieto spiegandolo ad un altro. «Ma la cosa più bella è che il gioco simbolico diverte molto – sintetizza la psicoterapeuta – anche usare giochi che permettono di essere mossi dal vivo, come le Barbie, è importante, specialmente oggi che anche i più piccoli trascorrono quotidianamente del tempo davanti a tablet o altri dispositivi elettronici». Giocare con bambole e simili ha effetti benefici sul cervello. «Le Barbie stimolano la fantasia, dal momento che i bambini si immagino di essere la protagonista o un suo amico – continua Emanuela Iacchia – questo gioco porta i bambini in un mondo dei grandi, stimolando l’avventura, mentre il bambolotto stimola l’accudimento».

Tornando ai giochi di ruolo, ogni bimbo ha le sue preferenze e indubbiamente ve ne sono di più creativi e fantasiosi che amano maggiormente questo tipo di attività. In genere comunque il bambino ha un’idea di partenza e, una volta sviluppata una trama, assegna un ruolo a ciascun compagno di gioco. Se questo siete voi, accettate di buon grado. Per un adulto, infatti, partecipare ad un gioco di ruolo può rivelarsi un’esperienza interessante, soprattutto in considerazione del fatto che i grandi hanno in genere poche occasioni per lasciar correre la fantasia come fanno i piccoli in queste occasioni. Importante però è lasciare la regia al bambino. Spetta a lui presentare le regole per il mondo inventato e restarne a capo. Così facendo ai genitori viene inoltre data una diversa opportunità per comprendere i propri figli, riconoscerne le esigenze ed eventualmente pure le insicurezze e le paure. 

«Giocare con i genitori è sempre bellissimo per i bambini; l’importante è che i genitori si divertano, così il gioco è più vero – aggiunge la psicologa – se invece il gioco di ruolo è svolto con dei compagni, si sviluppa anche la capacità di trovare un accordo». In questo caso il bimbo deve infatti trattare per stabilire come vadano ripartiti i ruoli e come debba procedere la storia. Ciò presuppone sia la capacità di imporsi che di tenere presenti le idee altrui e scendere a compromessi. Attraverso i giochi di ruolo il bambino sviluppa così importanti competenze sociali.