In una Svizzera accerchiata dalle potenze dell’Asse, mentre la Germania sta occupando tutta l’Europa e niente lascia presagire la sua sconfitta, il 25 luglio del 1940 dal prato del Grütli il Generale Henry Guisan, comandante in capo dell’armata svizzera parla all’esercito e ai suoi concittadini, il mondo intero ascolta la sua voce che non trema. Guisan ha ideato la dottrina militare del «Ridotto nazionale», che prevede il ripiegamento strategico dell’esercito all’interno dell’arco alpino in caso di invasione, e fra le direttive che emana vi è quella del servizio militare femminile. Per la prima volta la mobilitazione riguarda anche le donne, cui si chiede di essere attive in campo militare.
Attualmente sono 1117 le donne incorporate nell’esercito svizzero. Le italofone sono 31 e 27 provengono dal Ticino. Vi sono alcune donne attive come professioniste, ad esempio la Signora Brigadiere Germaine Seewer è capo del Personale dell’esercito, ricoprendo una funzione di alto ufficiale superiore. In una società globalizzata, dove novità e stimoli si sprecano, cerchiamo di comprendere quale richiamo eserciti oggi in una ragazza la possibilità di servire la patria, far parte del suo esercito.
Per la donna il servizio militare è volontario, recita l’articolo 59 della Costituzione. Sono circa 200 le giovani che a ogni chiamata si annunciano per la scuola reclute. Dopo essere accettate firmano il loro consenso. Da questo momento in poi il fatto di essere donna non la differenzierà in alcun modo. Opportunità e obblighi sono identici in tutto e per tutto. La scuola reclute (SR) dura 18 o 21 settimane, a seconda dell’Arma, ed è suddivisa in 3 fasi (istruzione di base generale, istruzione di base alla funzione, istruzione di reparto). I militi proseguono poi il servizio nei corsi di ripetizione fino all’età di 30-35 anni. Se invece hanno scelto la cosiddetta «ferma continua», cioè la possibilità di svolgere tutto il loro servizio in una volta sola, prestano un totale di 300 giorni di servizio, al termine del quale vengono prosciolti. I sottufficiali superiori e gli ufficiali terminano a 36 anni, per gli ufficiali superiori ci sono disposizioni particolari.
Ci spiega tutto questo il Colonnello Tiziano Scolari, comandante delle Scuole sanitarie 42 che hanno sede ad Airolo. «L’interesse che le ragazze hanno per il servizio militare è molto marcato» ci spiega «hanno una grande motivazione, sono forti fisicamente e sotto il profilo intellettuale. La maggior parte di loro è studente. La ragazza è talvolta più determinata e tenace nel raggiungere gli obiettivi che si è posta, sa quello che vuole e dove vuole arrivare. Forse ciò è dovuto al fatto che prestare servizio è il prodotto di una scelta e non di un obbligo. La maggior parte delle donne che passano da noi ha già un obiettivo ben preciso, come entrare in un corpo di polizia o nelle guardie di confine, e la scuola reclute le favorisce sia sul piano fisico che disciplinare. Le esperienze che ho fatto finora con queste ragazze sono molto positive. C’è anche un desiderio di andare oltre, di avanzare come quadro, cioè fare la scuola ufficiali, diventare tenente. Volendo possono diventare comandanti di compagnia». «Anche oggi – continua Scolari – chi ha fatto il militare è apprezzato e possiede un valore aggiunto dato da molteplici esperienze di vita nell’ambito della condotta in generale. Sa fissare delle priorità, sa istruire e gestire lo stress».
Le reclute che prestano servizio presso le scuole sanitarie provengono da tutte le regioni della Svizzera. Le prime nove settimane di scuola reclute si svolgono sulla Piazza d’Armi federale di Airolo. In questo periodo le reclute apprendono le basi del servizio sanitario, i primi soccorsi, il tiro militare ed altre nozioni fondamentali. A questa fase fa seguito un periodo di 4 settimane di stage presso ospedali, case anziani o altri istituti di cura civili. L’ultima parte di scuola reclute, infine, è incentrata sull’istruzione pratica specifica al servizio sanitario militare. È durante quest’ultima fase di formazione, presso uno stazionamento esterno, nel comune di Bodio, che incontriamo una soldatessa della compagnia 2, unità trilingue nella quale sono incorporate le donne attualmente in servizio.
L’esercito svizzero è stato da sempre multiculturale e multilinguistico ed oggi ha assunto anche una connotazione multietnica. La ventiquattrenne Luisa Portocarrero ha infatti origini colombiane, uno sguardo diretto, vigile e attento, il sorriso pronto. «Mia madre ha sposato uno svizzero e io mi sento svizzera sotto tutti i punti di vista», spiega con entusiasmo, «sono arrivata qui a 11 anni e ho pochi ricordi del periodo precedente. Ho frequentato la scuola di Commercio a Locarno, dopo di che ho fatto un anno e mezzo di scuola superiore e altri lavori, ma già da prima volevo fare il militare, ed ora mi si è presentata l’occasione».
Cosa impara qui? «Tante cose che potrò applicare, come la disciplina e il lavoro di squadra, insegnamenti che mi saranno utili più tardi e che potrò mettere in pratica anche in un lavoro futuro».
Secondo lei quali qualità deve avere qui una ragazza? Chiediamo ancora. «Deve essere in ottima forma fisica e interessata a tutto quanto succede, deve imparare a trattare con gli uomini in modo diverso da quello che si fa nella vita di tutti i giorni, perché la maggior parte dei miei compagni sono uomini». E con loro come si trova? «In passato ho lavorato con le donne ed era un po’ diverso, anche se sinceramente non ho mai avuto nessun problema con gli uomini. Lavorando con loro ho imparato ad avere pazienza, loro parlano di cose da uomini, io – donna – devo integrarmi in qualche modo. Ho imparato molto sotto questo punto di vista». Per esempio? «In un campo dove ci sono tanti uomini, per avere un rapporto alla pari, bisogna avere un carattere forte per non farsi prevaricare». Chiediamo cosa pensa di fare quando terminerà. «Adesso sono in ferma continua, cioè svolgo tutto il mio servizio militare in una volta sola, fino ad aprile. Per il futuro ho tante idee, ad esempio vorrei fare la guardia di frontiera, la scuola di polizia o altre attività legate alla sicurezza. In ciò che sto facendo ora vedo solo aspetti positivi».