Il professor Serge Tisseron

Digitalizzazione, i diritti dei bambini

Infanzia – A colloquio con lo psichiatra e dottore in psicologia Serge Tisseron
/ 24.05.2021
di Valentina Grignoli

Dobbiamo proteggere i nostri figli dagli schermi? Come ridefinire i diritti dell’infanzia nell’era digitale? Qual è l’impatto dell’eccessivo uso dei nuovi media sulla crescita?
Queste sono domande che ci poniamo spesso come genitori, educatori o insegnanti, e che sono state al centro di un importante congresso promosso dall’università di Ginevra e dall’Istituto internazionale dei diritti del bambino. Si tratta dell’XI Congresso internazionale sui diritti del bambino nell’era digitale: i bambini vanno protetti dagli schermi? organizzato da università e scuole universitarie professionali romande, in collaborazione con diversi istituti legati ai diritti dell’infanzia e servizi cantonali di gioventù, tenutasi – interamente online – gli scorsi 11 e 12 maggio.

Tra i numerosi ospiti invitati a intervenire c’era anche il professor Serge Tisseron, da Parigi (Université Paris VII Diderot). Psichiatra e dottore in psicologia, Tisseron è autore, tra i molti volumi, di un’opera conosciuta nel settore e utilizzata anche alle nostre latitudini: 3-6-9-12, apprivoiser les écrans et grandir (ed. éres) – edita in italiano da La Scuola 3-6-9-12, diventare grandi all’epoca degli schermi digitali.

L’ho contattato per conoscere più da vicino il suo punto di vista da ricercatore (Tisseron è anche membro dell’Académie des technologies e del Conseil National du Numérique) rispetto al rapporto stretto tra schermo e bambino e per capire con lui svantaggi e sì, vantaggi, degli strumenti digitali che ci circondano e che ogni giorno sempre di più – l’ultimo anno poi ne è stata la riprova – riempiono le nostre vite e quelle dei nostri figli.

Professor Tisseron, suo è il concetto di «Addomesticare gli schermi», mi piace questa idea del bambino che agisce, decide, doma e quindi non è solo una vittima passiva degli schermi. Potrebbe spiegare meglio la tematica?
Nel 2008, ho proposto un manuale di istruzioni: i fari 3-6-9-12. La parola «faro» può designare qualcosa di interessante ma anche pericoloso: in mare, può indicare scogliere da evitare, ma anche incredibili coralli da scoprire, o anche un relitto da esplorare. Per perseguire questo obiettivo, i fari 3-6-9-12 ruotano attorno a tre principi: l’accompagnamento, l’alternanza e l’apprendimento in autonomia (che va comunque anch’esso accompagnato). Ne conseguono quattro consigli educativi: limitare il tempo di utilizzo degli schermi, certo, ma anche scegliere coi nostri figli programmi di qualità, scambiare opinioni con loro su quanto vedono e fanno con i propri schermi, e infine incoraggiare la loro creatività, soprattutto a partire dai sei anni.
Nessuno schermo è cattivo in sé, dipende dal modo in cui viene introdotto nella vita del bambino. Esattamente come per gli alimenti: tutti sono buoni, ma non metteremo mai una bistecca nel biberon!

Ma perché scegliere proprio la parola addomesticare?
Viviamo con lo sviluppo del nostro smartphone in una cultura di schermi selvaggi. Sgranocchiamo il nostro cellulare tutto il giorno, interrompendo delle conversazioni per guardarlo, e abbiamo la tendenza a ingoiare un po’ di tutto su internet. Se ci comportassimo così con il cibo – tornando alla metafora precedente – risulteremmo estremamente mal-educati. Non dobbiamo accettarlo nemmeno per gli schermi. Bisogna imparare a essere civili con loro, come con il cibo, fissando delle regole comuni di buona condotta, iniziando dalla lotta contro l’infobesità. Ne trarremo tutti dei benefici, i nostri figli innanzitutto.

Solo inconvenienti, pericoli, o anche benefici da questa relazione?
Il lockdown ha sottolineato la loro importanza per distrarci e comunicare. Gli schermi possono avere anche un ruolo educativo, ma questo ruolo positivo per i bambini dipende dall’ambiente socio-educativo nel quale crescono. È essenziale che i genitori si prendano del tempo per parlare con i propri figli di quello che vedono e fanno con gli schermi: chiedendogli per esempio cosa gli piace di tale videogioco, qual è l’obiettivo, ecc… invitando il bambino o il ragazzo a esprimersi, argomentare, prenderne coscienza. I genitori dovrebbero anche imparare a distinguere tra utilizzo non patologico degli schermi e utilizzo eccessivo patologico. Nel primo caso l’uso è creativo e socializzante, stimola la passione e arricchisce la vita. All’opposto l’uso patologico la impoverisce: in questo caso lo scopo non è trarre piacere, ma sfuggire un dispiacere. Lo schermo diventa così una sorta di pozione magica dell’oblio. Questo tipo di utilizzo, problematico, è spesso il segnale d’allarme di una sofferenza psichica legata a un evento traumatico, come un lutto, un’aggressione, o l’inizio di un disturbo mentale.

Abbiamo visto che oggi non possiamo più evitare gli schermi, a casa, a scuola, tra amici… come mantenere un rapporto equilibrato o per lo meno «sano» tra bambino/ragazzo e mondo digitale?
Il miglior modo di insegnare, quando si è genitori, è attraverso il buon esempio. Questo significa non usare mai il cellulare durante i momenti di scambio con il proprio bambino. Non esiste solo un diritto del bambino a essere cresciuto con un utilizzo sano e equilibrato degli schermi, ma anche un diritto a poter interagire quotidianamente con persone emozionalmente disponibili. È stato dimostrato che i bambini confrontati a genitori sempre alle prese coi propri smartphone soffrono più spesso di ansia e insicurezza. Questo significa per esempio che a tavola durante i pasti non ci devono essere né televisione, né tablet, né cellulare; va deciso un luogo dove ognuno lascia i propri aggeggi digitali la sera fino al mattino; è meglio anche comprarsi una sveglia e cercare di non portare il cellulare in stanza la notte: sarà molto più facile poi proibirlo agli adolescenti!

Da una ricerca della Commissione federale per l’infanzia e la gioventù risulta che in Svizzera i giovani tra i 16 e i 25 anni sono on line quattro ore al giorno durante il loro tempo libero, mi sembra tantissimo! Esistono delle raccomandazioni per stabilire il numero d’ore da non superare per fascia d’età?
Il criterio di valutazione per un buon utilizzo degli schermi distrattivi è stato per molto tempo in effetti quello del tempo di utilizzo, si consigliava per esempio di non superare un’ora al giorno tra i 3 e i 6 anni, e due più tardi, per qualsiasi tipo di strumento. Ma ci si è accorti che ci sono altri criteri ugualmente importanti dei quali bisogna tener conto: i contenuti, il tipo di videogioco (certi favoriscono per esempio un comportamento ripetitivo mentre altri incitano a trovare soluzioni diverse ogni volta), il fatto di usarli da soli o in compagnia, o di interagire con altre persone connesse. Tornando ai fari 3-6-9-12, insistiamo molto sull’accompagnamento, durante l’utilizzo degli schermi, ma anche al di fuori, vale a dire dare la possibilità ai bambini di trovare un interlocutore attento e disponibile per parlare di ciò che vedono o fanno anche senza di noi. Infine, per aiutare i bambini a farne a meno, non c’è nulla di meglio che passare del tempo con loro valorizzando le attività che non li prevedono, come lo sport, i giochi tradizionali o di società.

I ragazzi di oggi sono chiamati «nativi digitali»: cosa significa? Come riuscire nel nostro lavoro educativo se spesso conoscono meglio di noi la tecnologia?
I nativi digitali sono un mito! Non esiste bambino che non abbia bisogno di essere educato al digitale perché ci è nato. L’educazione è indispensabile, la scuola ha un ruolo considerevole. Va detto però che i bambini hanno curiosità e tempo a disposizione, e questo permette loro di acquisire competenze digitali, anche limitate, ma che gli adulti non sempre hanno (ad esempio saper installare un determinato programma). Sta però sempre ai genitori ricordare ai propri figli quei valori fondamentali validi sia nel mondo digitale che nella vita reale: come il diritto all’intimità o la differenza tra acquisire informazioni e costruire un sapere organizzato. Da questo punto di vista, lo sviluppo delle tecnologie digitali è una formidabile opportunità di ricchezza tra generazioni.