La digestione è un processo fondamentale e indispensabile al funzionamento di quella macchina che è il nostro corpo. Mediante una concatenazione di processi chimici e meccanici, interagisce con il sistema nervoso centrale e con il mondo che ci circonda, elabora stimoli interni ed esterni. Non per niente se ne parla come di un «secondo cervello»: se qualcosa disturba questo delicato equilibrio lo avvertiamo immediatamente. Succede ad esempio quando il nostro stile di vita costringe a ritmi innaturali e troppi impegni impediscono di fermarsi. Quando gli stati d’ansia bloccano l’appetito oppure una preoccupazione o un dispiacere «restano sullo stomaco», possono farsi sentire allora senso di pesantezza o acidità di stomaco, crampi, sonnolenza o nausea, piccoli disturbi dei quali spesso non si riesce a identificare con chiarezza una vera causa organica.
Sono moltissime le piante medicinali che leniscono una digestione difficile o troppo lenta, stimolano i succhi gastrici, rilassano le mucose interne, disinfiammano con dolcezza. Abbiamo chiesto al dottor Gabriele Peroni alcuni nomi di piante che maggiormente gli vengono richieste in questi casi o che lui consiglia. «Non sono le sole – spiega – ma fra le più usate abbiamo L’Angelica, la Genziana, il Carciofo, l’Alloro, lo Zenzero, il Boldo, l’Achillea, il Rosmarino, la Salvia, la Camomilla. Possiamo aggiungere che avendo ogni pianta azioni e caratteristiche diverse occorre identificare quella indicata proprio per noi».
Vi è anche chi ricorre ai «rimedi della nonna», ingerendo ad esempio acqua calda con succo o scorza di limone, bicarbonato di sodio e magari una punta di radice di liquirizia. Le classiche tisane, in forma di decotti o come infusi, sono conosciutissime: si va dall’infuso di semi di Finocchio, che dopo i pasti combatte i gonfiori addominali, alla profumata Menta che stimola i succhi gastrici dello stomaco, ai semplici infusi di foglie di Rosmarino, Basilico o Alloro, (tre foglie in una tazza di acqua bollente da bersi dopo dieci minuti).
Poi abbiamo l’Anice che combatte le fermentazioni intestinali, i grani di Cumino, (eventualmente da masticare dopo un pranzo sovrabbondante), l’antico Coriandolo, una delle prime piante a essere usata dall’umanità (frutti di Coriandolo pare siano stati ritrovati nelle tombe egizie): originaria dell’Africa e delle coste del Mediterraneo, in infuso stimola l’appetito prima dei pasti ed è digestiva dopo. Abbiamo ancora la radice di Zenzero, la cui origine in Oriente si perde nella notte dei tempi. È tonico-digestiva e antinausea; narra la tradizione che Confucio la portasse sempre con sé.
Ma potremmo dimenticare la vecchia e cara Camomilla? Come tutti sanno, oltre ad avere effetti gastro-protettivi su stomaco ed esofago è antispasmodica e tranquillante. Oppure possiamo lasciare sullo scaffale l’umile e preziosa Melissa? Poche come lei curano l’apparato digerente e l’acidità di stomaco mentre tranquillizza e favorisce il buon funzionamento della memoria. E poi c’è l’onnipresente Malva, dalle infinite indicazioni per tutti casi di infiammazione e irritazione, non solo dell’apparato digerente. Resta ancora da citare la radice di Genziana con i suoi principi amari che attiva le secrezioni salivari e gastriche e accelera la digestione.
Allontanandoci geograficamente troviamo la Boswellia resinosa. Usata dalla medicina cinese e dalla tradizione ayurvedica, nell’aspetto è simile a grani di incenso. È originaria di India e Cina, e cura la colite ulcerosa ma anche artrosi, reumatismi e dolori muscolari. Abbiamo poi il commestibile Carciofo, pianta nota a Egizi ed Ebrei, il Boldo originario del Cile e Sudamerica, (secondo la leggenda i pastori andini si accorsero del suo potere digestivo osservando le capre), e la potente Achillea che oltre a essere una pianta digestiva curò le ferite dell’eroe greco Achille.
Come si evince quasi tutte le piante medicinali hanno indicazioni multiple: grazie alla ricchezza del loro fitocomplesso una stessa pianta può curare disturbi molto diversi.
Come per Angelica sylvestris L, della famiglia delle Ombrellifere, chiamata anche erba degli angeli o erba dello spirito santo. Molto usata nella medicina popolare per i disturbi gastrointestinali, ha pure ottime proprietà analgesiche e antinfiammatorie. È in grado di stimolare i succhi gastrici e il transito intestinale, favorendo la produzione della bile.
Dell’erba degli angeli si utilizzano le radici, i frutti e i semi; ha fusti eretti verde violaceo e fiori giallo verdastri riuniti in ombrelli. Amata dalle api per il suo aroma simile alla liquirizia, cresce nei boschi umidi fino a 1600 m/sm; non si trova facilmente e viene coltivata. Racconta una leggenda nordica che venne donata agli uomini dall’Arcangelo Raffaele (in ebraico, angelo della guarigione) che ne suggerì l’uso a un frate che incessantemente pregava per gli abitanti del suo paese colpito dalla peste; secondo altri testi a donarla fu il bellissimo Arcangelo Michele, comandante supremo delle schiere angeliche. Angelica sylvestris L fiorisce proprio nel periodo in cui negli antichi calendari ricorre la sua festa.
Per i sacerdoti Druidi era una pianta sacra alla luna, come il vischio lo era al sole. Nel Medio Evo era un rimedio per la febbre, consigliato in Herbora sempliciorum, il prontuario dove Ildegarda di Bingen elencava le erbe da coltivare nei conventi. I monaci benedettini la utilizzavano per medicinali e liquori e la mettevano nel famoso liquore Chartreuse.
Si racconta che sarebbe addirittura afrodisiaco un semplice liquore di Angelica ottenuto con gli steli delle piante posti in acquavite e mescolati con acqua e zucchero; come rimedio contro l’impotenza maschile si tramandava invece la ricetta del «Vino tonico» per ottenere il quale basta macerare per una settimana in un litro di vino rosso 30 grammi di radice di Angelica e 20 grammi di radice di Genziana (bere un bicchierino prima dei pasti).