«Ci vuole un cambiamento di paradigma». Non ha dubbi Sara Martinetti (portavoce di inclusione andicap ticino) a proposito dell’accesso agli edifici da parte delle persone con andicap. Ma, appunto, la questione non riguarda solo loro. Il progetto presentato nelle scorse settimane mira a eliminare le differenze e a creare una nuova sensibilità nei cittadini facilitando l’accesso a tutti. «Un po’ come si è fatto negli ultimi anni con l’ambiente e i vari aspetti ecologici. Ecco, noi vogliamo seguire quell’esempio e cercare di far diventare delle buone abitudini alcuni concetti chiave legati all’accessibilità negli edifici pubblici e privati».
Alla base dell’innovativo progetto c’è un movimento internazionale dedicato all’inclusione che si chiama Design for All. E che oggi è diventato un Centro di Competenza, il primo in Svizzera.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo al paradigma iniziale. Come evidenzia Martinetti, dal 1987 in Ticino è in vigore un servizio sulla rimozione delle barriere architettoniche. È stato, ed è ancora, molto utile, ha fatto fare al Cantone passi avanti nell’inclusione delle persone con disabilità. «Ma spesso si è trasformato in un semplice cerotto su un problema più grande e di natura culturale. Noi crediamo che oggi sia giunto il momento di cambiare passo, modificare appunto quel paradigma del 1987 e provare a percorrere la strada dell’inclusione di tutti. Design for All, come dice il nome stesso, non è solo per persone con andicap, ma è un modo di progettare e concepire gli edifici che si rivolge a tutte e tutti».
Lo scopo del Design for All è appunto facilitare per tutti le pari opportunità di partecipazione in ogni aspetto della società. Per realizzare tale obiettivo, l’ambiente costruito, gli oggetti quotidiani, i servizi, la cultura e le informazioni – in breve ogni cosa progettata e realizzata da persone perché altri la utilizzino – deve essere accessibile, comoda da usare per ognuno nella società e capace di rispondere all’evoluzione della diversità umana. «Vogliamo includere e non ghettizzare» ribadisce con forza Martinetti. «E per farlo occorre cambiare appunto approccio: bisogna avere una visione generale e già nel progetto pensare all’accessibilità per tutti».
L’idea, appunto, è quella di non puntare sulle leggi, sulle normative che sono comunque importanti e alla base del servizio barriere architettoniche offerto dal 1987, ma su un cambio di passo; una sorta di abitudine comune e un servizio che i fruitori finali chiedono oggi di default ai costruttori come i pannelli solari o la termopompa. Del resto, anche a livello economico può diventare un vantaggio. Le persone che riscontrano problemi di salute, per un motivo o l’altro, rappresentano il 20% della popolazione. Agevolarle significa ampliare anche il proprio mercato di riferimento alle persone con disabilità, agli anziani, alle famiglie con bambini e ad altre categorie.
A livello pratico gli accorgimenti che agevolano gli accessi agli edifici dovrebbero essere inclusi già in fase di progettazione, quindi essere invisibili perché integrati in un concetto architettonico. In questo senso, spiega ancora Martinetti, l’idea per i prossimi mesi è quella di far conoscere il Design for All alle associazioni di categoria SIA, OTIA, CAT e quindi cercare una collaborazione con loro. Nello stesso tempo si stanno cercando dei possibili ambasciatori tra i grandi studi di architettura e tra le personalità di rilievo che aiutino a far passare un nuovo messaggio tra i loro colleghi. Questo nel settore privato. Mentre per quanto riguarda l’Ente pubblico, c’è già un buon interesse, come hanno evidenziato le parole di Raffele De Rosa (responsabile del DSS) alla presentazione del progetto. «Abbiamo sicuramente visto la volontà di dare il buon esempio e siamo convinti che sarà un ottimo volano per tutti» conclude Martinetti.