Metti insieme gli attrezzi del nonno e la tecnologia del nipote, a casa del figlio. Metti generazioni e abilità a confronto, professionalità che si contaminano in nome di un sapere trasversale. E mettici un laboratorio scolastico, due docenti curiosi, e tanti progetti diversi che aspettano di essere realizzati. Questi sono i laboratori di artigianato digitale, i LAD. In Ticino che ne sono due, a Mendrisio e Bellinzona, e io sono andata a incontrare chi per primo ha avuto l’idea di aprirli: Mattia Rossi e Manuel Weiss, che attualmente gestiscono il LAD all’interno della Filanda di Mendrisio. Che cos’è il LAD? Una fucina di idee lì da realizzare. Ovvero: se un docente o una classe vuole costruire una radio, ma non sa da che parte iniziare, può cominciare da qui.Con una buona dose di ingenuità, quel digitale nel nome mi suggeriva una stanza simile a un laboratorio di informatica, e invece… un kayak mi pende sulla testa (più per scaramanzia che utilità, scoprirò poi), un angolo è adibito a bottega del falegname, sulle mensole molte realizzazioni manuali in materiali più disparati, stampanti 3D, taglierine di vari i tipi, tavoli e sgabelli, spazio d’azione e materie prime grezze.
In un tavolo al centro, Mattia e Manuel mi accolgono con l’entusiasmo di chi è particolarmente felice del luogo in cui lavora, soprattutto se se lo è creato da solo. Sono docenti delle scuole medie: il primo di scienze naturali, l’altro di arti plastiche, e si sono incontrati a una formazione per l’abilitazione all’opzione robotica che viene proposta in quarta media. Tenendo questa opzione insieme, con due gruppi nella stessa aula, hanno subito aderito alla dimensione laboratoriale del lavoro, trovandosi a condividere saperi diversi in vista di una creazione finale, in questo caso addirittura la costruzione di un dirigibile!«Nel 2013 è arrivata la stampante 3D – mi racconta Manuel – ora sembra banale, ma allora era incredibile. Dopo aver visto su youtube di cosa si trattava ci siamo detti che sarebbe stato bello provare a fare qualcosa con la scuola, sperimentarla per un uso didattico. Abbiamo potuto iniziare a documentarci grazie a uno sgravio orario e capire cosa fare, a livello anche teorico, con i ragazzi. Con l’acquisto da parte della scuola di una stampante 3D abbiamo iniziato a metterci direttamente mano con gli studenti».
Dopo questa esperienza i due docenti si accorgono che è un peccato limitarsi a un una stampante 3D a uso sperimentale… il laboratorio funziona bene, e allora vanno a bussare le porte direttamente al Centro di risorse didattiche e digitali (Cerdd), un servizio del Decs. Il progetto di creare un laboratorio dedicato alle nuove tecnologie applicate alla costruzione piace, e viene creata così una nuova opzione per la scuola media dedicata alle attività tecnico artigianali digitali, dove si integrano alla stampante 3D attività manuali in un contesto laboratoriale fornito di strumenti di ogni tipo.
Mattia Rossi continua: «Nel frattempo abbiamo scoperto il mondo dei FabLab. Dopo una formazione a Torino, ci siamo accorti che ne volevamo uno anche da noi, per le nostre scuole. Il direttore del Cerdd ha dato credito al nostro sogno ed ecco che il 2018 nasce il posto in cui siamo qui ora, il laboratorio di artigianato digitale, il nostro FabLab, il nostro Maker Space».Ma facciamo un passo indietro, per chiarire a chi come me non ne aveva mai sentito parlare, cosa intendiamo quando parliamo con questi termini. «Nei maker space nasce tutto! – mi aggiorna Manuel Weiss – Sono degli spazi dove le persone a cui piace costruire, fare, i maker per l’appunto, creano. La connotazione del maker è legata anche all’uso del digitale: per esempio macchine a controllo numerico o elettronica». «Una delle caratteristiche del movimento culturale dei maker – continua Mattia – che nascono negli USA negli anni 2000 è trovarsi in laboratori, organizzare eventi come le fiere (la più grande in Europa è la Maker Faire di Roma, ma anche a Zurigo esiste una mini faire in questo senso), condividere tecniche e software che prima utilizzavano solo gli architetti o gli ingegneri, e fare in modo che tutti possano accedere alla conoscenza. Quello che interessa a noi, perché si avvicina al mondo della scuola, è il fatto che in questo movimento si veda in maniera più orizzontale il rapporto tra docenti e allievi. In un ambiente maker si è livellati, non c’è un maestro che sa tutto, e qui succede spesso che i ragazzi ne sappiano più di noi!».
Un’altra importante caratteristica dei Maker è la condivisione del sapere, e la sua diffusione nella comunità. Ciò presuppone che ci sia una rete a livello globale che unisca questi movimenti in tutto il mondo. Mattia mi racconta che «c’è una comunità di FabLab, circa 2000, in tutto il mondo, nella quale per iscriverti basta avere un laboratorio e partecipare alla discussione». Un altro passo indietro, e cosa sia un FabLab questa volta me lo spiega Manuel: «L’idea l’ha avuta un docente del MIT, l'Istituto di tecnologia del Massachusetts, che si trovava di fronte a ragazzi bravissimi al computer ma frustrati dall’impossibilità di vedere realizzate manualmente loro idee. Ha creato quindi uno spazio mettendo insieme ciò che la tecnologia già offriva, stampante 3D e taglio laser per esempio, e le ha integrate agli strumenti più tradizionali come il martello e lo scalpello in un luogo dove si potesse realizzare un po’ di tutto, versatile, non settorizzato. Per realizzare qualcosa di concreto, tridimensionale». Va da sé che il laboratorio piace, non solo ai suoi allievi ma anche alla scuola tutta e anche a chi non studia al MIT, e così nasce il FabLab, un luogo aperto a tutti, con le stesse caratteristiche, che genera attorno a sé una comunità di persone e saperi eterogenei.
Mattia mi dice che quello che mancava a loro per entrare nella rete di connessione FabLab era proprio questo, la comunità: «eravamo aperti solo alle scuole, ma ora finalmente possiamo aprire anche alla popolazione tutta, per mezza giornata alla settimana». Una comunità quindi, fatta di ragazzi, ma anche professionisti, pensionati, curiosi, che potranno realizzare o aggiustare le loro idee, tutti i martedì pomeriggio dall’8 novembre dalle 14.00 alle 19.00.
«Il primo LAD è questo, aperto nel 2018, poi ne esiste uno a Bellinzona. L’ideale sarebbe avere diversi poli, centri di competenze, in tutto il cantone. Questa è un’aula scolastica, uno spazio aperto a tutti gli attori delle scuole. Siamo aperti ai diversi ordini, principalmente alle scuole dell’obbligo ma anche alle superiori, speciali, professionali. Quando ci sono occasioni di creazione, idee da realizzare, noi ci siamo».
Sul sito www.lad.edu.ti.ch si possono vedere tutte le proposte che il LAD mette a disposizione. Si va dal sostegno e aiuto per la realizzazione di una richiesta specifica da parte di docenti o allievi, a proposte per avvicinarsi al LAD di una mezza giornata come workshop mirati e monotematici. Ma quello che i due docenti preferiscono è lavorare per progetti: «Realizzare una richiesta specifica, terminare manualmente un progetto iniziato in aula con il docente di una materia. Come quando per esempio una classe della scuola speciale ha realizzato qui i cartelli per l’orto in modo che non si rovinassero. O una sezione di asilo ha costruito un razzo per riportare il loro amico alieno sulla luna. O ancora una classe delle medie ha creato con la docente di italiano delle spille con la loro immagine mitologica a compimento di un percorso legato ai miti. Noi poi lo diciamo subito che le cose non le sappiamo per forza, che dobbiamo lavorare insieme. Ci mettiamo a disposizione, ci mettiamo in gioco, è bellissimo».
Mi sorge spontanea una domanda però, rispetto a questa filosofia di apprendimento trasversale. Dove si situano gli artigiani e ingegneri professionisti, se tutti possiamo imparare a fare e creare, realizzando e aggiustando con le nostre mani un po’ di tutto? Manuel Weiss è molto chiaro in questo senso: «La cosa importante di un laboratorio di questo tipo è creare la comunità, quando c’è questa attorno poi ogni persona con le sue competenze può partecipare e contribuire. E il contributo e mutuo sostegno di artigiani professionisti è un prezioso aiuto che spinge la crescita e permette le realizzazioni».
Il laboratorio è fornito di strumenti di ogni tipo che permettono ai ragazzi di sperimentare attività tecnico artigianali digitali.