Dalle Alpi un corno di risonanza

Incontri – Bruno Cattaneo coltiva una vera passione per il corno delle Alpi e nella sua officina di Roveredo fabbrica alcuni strumenti all’anno, tutti venduti ancor prima di essere finiti
/ 09.01.2017
di Elia Stampanoni, testo e foto

Tutto inizia lassù, nei boschi alpini di Tinizong, piccolo borgo grigionese nei pressi di Savognin. È qui che Bruno Cattaneo va a cercare il legno adatto. Si tratta di abete rosso, ma non uno qualsiasi. Gli esperti lo chiamano legno di risonanza perché, grazie ad alcune caratteristiche, si distingue dall’altro, comunque pregiato. Delle qualità che sono indispensabili per lo scopo d’utilizzo: costruire corni delle alpi.

Ogni anno, da dicembre a marzo, dall’officina di Roveredo Bruno sforna alcuni di questi strumenti tipici della tradizione elvetica. Pochi pezzi, che vanno subito a ruba, dato che praticamente tutti sono già venduti prima di essere fabbricati: «Sì, negli ultimi cinque-sei anni c’è un interesse crescente per il corno delle alpi, dovuto anche ai corsi per adulti introdotti dal Cantone a partire dal 2012 e che hanno contribuito pure loro ad avvicinare molte persone a questo strumento, circa 50 ogni anno», ci racconta Cattaneo.

A gennaio è per esempio in programma il corso cantonale intitolato «Il tuo sogno è suonare un corno delle Alpi?», un ciclo di lezioni dove approfondire le nozioni di base per suonare le prime note e scoprire che «è solo questione di tecnica». Il crescente interesse si ripercuote poi sui fabbricanti, sollecitati da persone desiderose di cimentarsi con lo strumento, noto anche come corno alpino (Alphorn in tedesco e cor des Alpes in francese). Un fascino che, un po’ per caso, ha contagiato anche il nostro interlocutore: «Non ho mai suonato uno strumento musicale e solo sei anni fa mi sono confrontato con il corno, che comunque mi ha sempre affascinato. Il merito è di mio cognato che mi ha spinto a comprarlo dopo aver assistito ad un’esibizione: mi fece provare e quei due o tre versacci che riuscii ad emettere, sono bastati per farmene innamorare».

Acquistato il suo primo corno nel 2011, Bruno non si è accontentato e subito ha messo in pratica la sua formazione di falegname, con i primi tentativi nel suo piccolo laboratorio di Roveredo. «Devo dire che non è stato facile trovare informazioni su come fabbricarli, dato che i costruttori in Svizzera (e ce ne sono parecchi) sono tutti un po’ restii a divulgare le proprie conoscenze, forse anche per mantenere un po’ di segreto sulle proprie ricette e tecniche, tramandate di generazione in generazione». Bruno ha quindi imparato tutto da autodidatta, trovando qualche informazione e filmato su internet, ma soprattutto provando. Affinando tecniche e metodologie, il mesolcinese ha ritenuto di aver raggiunto un ottimo standard di qualità e ha proposto i suoi pezzi agli interessati, dedicandosi pienamente alla causa nel periodo invernale e trasformando così un hobby in mestiere.

«Sì, l’inverno è il periodo adatto sia per tagliare gli alberi da cui ricavare il legname, sia per lavorarlo. Il legno in questo intervallo è in una fase di riposo, fatto importantissimo per avere poi uno strumento di qualità». Già, perché il successo di un corno delle alpi è dovuto in gran parte al materiale utilizzato ed è proprio per questo che Bruno i suoi abeti va a sceglierli a Tinizong, tra i 1’400 e i 1’800 metri di altitudine. «Sì, qui collaboro molto bene con una segheria molto attenta ai cicli della natura che mi segnala quando individuano dei tronchi particolarmente adatti, ossia con anelli più stretti e altre caratteristiche dovute alle particolari condizioni climatiche e di crescita».

Una volta messo al sicuro, il legno viene lasciato asciugare all’aria per quattro cinque anni. Un processo lento che permette all’abete (rosso e di risonanza) di perdere la sua umidità e di garantire resistenza, longevità e acustica.

Solo ora può iniziare l’operazione vera e propria di costruzione, per la quale Bruno calcola in media una settimana di lavoro. «Sì, e ogni pezzo è unico. Nonostante alcuni utensili aiutino il compito ci vuole ancora molta manualità e precisione per garantire la qualità del suono». I corni delle alpi sono essenzialmente in legno di abete e arrivano a pesare circa 2 chili e mezzo, compresi i piedini in legno di noce e il bocchino in legno di ulivo o acero. Il rivestimento esterno, in rattan (un legno di palma molto resistente ma flessibile), serve sia da protezione sia per estetica, ma ha anche una funzione acustica, come ci mostra Bruno che oltre a costruire corni è pure un suonatore. Con tre amici gira infatti il Ticino e i Grigioni, così come fanno molti altri gruppi, garantendo vita a uno strumento tradizionale.

Essendo un corno naturale, ossia un legno dalla sezione conica senza fori né altro, può emettere un limitato numero di note, una quindicina (i soli armonici). Ha però una notevole risonanza e può essere udito per diversi chilometri, confermando la sua funzione originaria di comunicazione fra pastori dell’era rurale. Caratteristica che si ritrova in altri strumenti simili e tipici delle regioni montuose dell’Europa.