Compirà quarant’anni il prossimo 20 dicembre. Avrebbe voluto salutare e ringraziare il popolo del ciclismo al termine del Tour de Suisse previsto negli scorsi giorni. Il Coronavirus gli ha negato questo palcoscenico e questa gioia. Ma Michael Albasini non ha desistito. Il suo ultimo Tour de Suisse lo ha corso comunque: su idea e stimolo del giovane connazionale Stefan Küng, ha percorso le otto tappe che avrebbero portato la carovana da Frauenfeld ad Andermatt tra il 7 e il 14 giugno. Senza gruppo, senza la lunga teoria di staffette e ammiraglie, senza il colore e i gadget della carovana pubblicitaria e, soprattutto, senza il calore e l’affetto del pubblico.
Il popolare Alba non ha, tuttavia, pedalato da solo. Da un lato, Stefan Küng non si è limitato a fornirgli l’assist. Il bronzo degli ultimi mondiali – dopo essere passato sotto i ferri del chirurgo per l’asporto della placca applicatagli dopo la caduta alla Parigi-Roubaix dello scorso anno – è tornato in sella e ha fatto da scudiero al festeggiato. Dall’altro lato, Michael si è ritrovato accanto gli amici di sempre. Angeli custodi che hanno costellato di aneddoti e di ricordi la sua brillante carriera: Grégory Rast, con cui, agli esordi, aveva condiviso la casacca del Velo Club Mendrisio, quando, sotto le insegne del club Momò, nel 2002, Albasini si era laureato Campione Europeo Under 23, sulle strade di Bergamo; David Loosli, che da alcuni anni è direttore tecnico della nostra corsa nazionale; Mathias Frank, ancora in attività, un carissimo ragazzo, che alcuni anni fa si era visto sfilare sotto il naso un Tour de Suisse che pareva già vinto; Michael Schär, compagno di mille battaglie con la maglia della Nazionale; Alex Zülle, il cronoman timido e gentile, campione mondiale della prova contro il tempo, nel 1996 a Lugano.
Tutto il mondo dello sport ha risposto presente. Impossibile restare indifferenti di fronte alla proposta di un collega, che non è un campionissimo, ma che è – scusate se è poco – soltanto un ottimo corridore, e soprattutto un uomo corretto, sensibile, intelligente e astuto in corsa. In particolar modo la Svizzera Orientale (Alba è cresciuto nel Canton Turgovia), ha voluto rendergli omaggio. A Frauenfeld, sull’ideale tribuna d’onore, popolata secondo le regole di distanziamento sociale, sedeva Nöldi Forrer, una delle icone della lotta svizzera. Accanto, spiccavano la sagoma muscolosa di Pablo Brägger, campione europeo di ginnastica artistica, e quella più asciutta di Selina Büchel, campionessa europea degli 800 metri. Poco più in là Julie Zogg, iridata nello snowboard, Nicola Spirig, ovvero Lady Triathlon, una leggenda vivente, e Beat Hefti, olimpionico nel bob.
Sul tracciato inaugurale del prologo di Frauenfeld, il via è stato dato da Jürg Stahl, presidente di Swiss Olympic, già presidente della Camera Alta. Non importa chi abbia vestito la maglia gialla al termine dell’ultima, durissima tappa alpina di Andermatt. Francamente non sappiamo neppure se una maglia gialla sia stata consegnata. Si è trattata di una lunga scampagnata fra amici, che hanno voluto sottolineare la virtuale uscita di scena di un loro caro collega.
Sì: corsa finalmente reale, ma l’addio, per ora, è solo virtuale, poiché quando la stagione vera riprenderà, nel mirino di Michael Albasini ci saranno le classiche delle Ardenne, sfrattate dalla loro collocazione storica di primavera, per andare in scena, eccezionalmente, in autunno. Quante battaglie, quanti ricordi, e quanti piazzamenti, fra i quali brilla il secondo posto alla Liegi del 2016. Sarebbe il coronamento di un sogno, se, alla soglia dei quarant’anni, Alba riuscisse a salire sul gradino più alto del podio.
In carriera ci è riuscito già trenta volte, sette al Tour de Romandie, tre al Tour de Suisse e al Giro di Catalogna, due nei Paesi Baschi e una alla Vuelta di Spagna, per citare solo i suoi successi più importanti. Mancherà molto al ciclismo svizzero. Dopo l’uscita di scena di Fabian Cancellara, avvenuta nel 2016, e nell’attesa della maturazione dei giovani talenti come Stefan Küng e Marc Hirschi, è stato lui a tirare il carro, lui a portare punti preziosi alla Svizzera nel Ranking mondiale, lui, a far capire al mondo che dalle nostre parti, il ciclismo è un tema. Non è un caso che non abbia mai faticato a trovare un impiego nelle squadre più forti e prestigiose del circuito.
Comunque vada, dal 1° gennaio 2021, Michael Albasini sarà un ex corridore. Di formazione è maestro di scuola elementare, e sono convinto che potrebbe essere un eccellente maestro. Tuttavia, il mondo del ciclismo lo reclama. Ha bisogno di uomini che, come lui, concludono la carriera senza scheletri nell’armadio. Suo padre, Marcello, è tuttora uno dei tecnici più capaci e più credibili. Dopo essere stato uno dei migliori formatori in circolazione, dopo essere stato direttore sportivo con l’elvetica IAM Cycling, ha assunto le redini della Nazionale rossocrociata, unitamente al nostro Rubens Bertogliati. Perché non seguire le orme paterne, mettendosi a disposizione della causa del nostro ciclismo? Sarebbe cosa buona e giusta.