Dal ricamo alla lettura

Storia – Valorizzato attraverso un volume e una mostra il piccolo ma singolare archivio delle Suore Cappuccine del monastero San Giuseppe di Lugano la cui scuola rimase attiva per oltre due secoli
/ 25.09.2017
di Stefania Hubmann

Un insegnamento incentrato sulla preparazione di buone mogli e madri che nel tempo assume però anche carattere formativo grazie alla volontà di alcune allieve di diventare maestre. Siamo nella seconda metà del Settecento e la scuola è quella del monastero San Giuseppe a Lugano, città che conta circa 4400 abitanti. L’educandato per le ragazze delle famiglie benestanti e la scuola di carità gratuita gestiti dalle monache Clarisse Cappuccine costituiscono un punto di riferimento per lo sviluppo dell’educazione femminile in Ticino. Grazie a documenti recentemente riscoperti, in particolare al Libro degli atti, minuziosa cronaca della vita nel monastero, le storiche Manuela Maffongelli e Miriam Nicoli hanno potuto ricostruire tappe significative di questa evoluzione in un’epoca antecedente a quelle finora indagate.

Un volume e una mostra – aperta fino al 24 novembre nell’ex-monastero, oggi Centro pastorale diocesano – racchiudono le principali scoperte delle due storiche. Da ammirare in particolare i lavori di cucito e ricamo come l’alfabeto del 1863 che dà il titolo al libro: Ricamare l’alfabeto. Le Cappuccine di Lugano e l’educazione femminile (XVIII e XIX secolo). Nell’Ottocento la pratica di studiare l’alfabeto ricamandolo era molto diffusa. Lo affiancano nell’esposizione un notevole erbario, grandi tavole didattiche, pregevoli disegni, fotografie d’epoca, libri di preghiera. «La documentazione era ancora sul posto, in cantina. Lì è rimasta dalla chiusura del monastero nel 2000, fino a due anni fa. È stata cercata e trovata da Miriam Nicoli, ricercatrice e docente all’Università di Losanna, con la collaborazione di Gabrio Figini dell’Archivio Diocesano di Lugano e di don Nicola Zanini, Vicario generale». A fornire dettagli e curiosità della ricerca è Manuela Maffongelli, collaboratrice scientifica dell’Associazione Archivi Riuniti Donne Ticino (AARDT) che ha curato il volume in collaborazione con Miriam Nicoli.

Responsabile della biblioteca di AARDT, dotata di oltre 5mila volumi, e del progetto Tracce di donne, dedicato alle biografie femminili ticinesi del XIX e XX secolo, la nostra interlocutrice spiega che per la prima volta l’Associazione ha deciso di pubblicare una ricerca basata su un archivio esterno a quelli depositati presso la sua sede. Sede che proprio quest’anno è stata trasferita dalla storica dimora di Melano a Massagno, in locali moderni e funzionali, adatti ad accogliere un centinaio di fondi privati e la citata biblioteca. Aperta anche al pubblico, la sede di AARDT corona sedici anni di attività affermandosi come un vero e proprio centro culturale per la storia delle donne. Ed è proprio l’importanza dell’impegno delle Cappuccine per l’educazione femminile, un impegno costante protrattosi per ben 237 anni (dal 1749 al 1986), che ha spinto l’Associazione, presieduta da Renata Raggi-Scala, a promuovere e pubblicare questa indagine. Prosegue Manuela Maffongelli: «Abbiamo realizzato per la prima volta un lavoro a quattro mani, suddividendo in due il periodo storico da analizzare. Quest’ultimo è stato limitato alla seconda metà del Settecento, quando lo Stato del Cantone Ticino non esisteva ancora, e all’Ottocento, secolo di grandi cambiamenti con la nascita e la diffusione della scuola pubblica. L’obiettivo era infatti di risalire alle origini dell’educazione femminile che all’epoca era concepita come preparazione al matrimonio, sia dal punto di vista educativo (leggere, scrivere, far di conto) sia da quello comportamentale. Le altre ricerche promosse da AARDT si erano invece finora concentrate su vicende significative più recenti, risalenti al Novecento».

Prezioso e indispensabile punto di partenza delle indagini, il Libro degli Atti, redatto ininterrottamente dalle Cappuccine dal 1748, anno del loro arrivo a Lugano, fino al 2000. «I due grandi volumi – spiega l’intervistata – offrono uno spaccato della realtà del monastero. Sono una sorta di diario della comunità. Le monache annotavano tutto con grande precisione in forma di prosa, ciò che facilita l’approfondimento delle indagini in altri archivi come nel caso di una visita municipale della Città. Nomi, cognomi, date di entrata e uscita dalla scuola, anno del conseguimento del diploma, sono informazioni molto importanti per andare sulle tracce di figure di spicco, come ad esempio Francesca Cometta, educanda diventata maestra nel 1880 e poi, prendendo i voti, suor Delfina nel 1884. Questi riscontri hanno grande valore anche per le ricerche sulle famiglie borghesi e aristocratiche di Lugano dalle quali provenivano le allieve dell’educandato».

Non tutte le giovani che ancora bambine entravano nella scuola delle Cappuccine seguivano poi la vocazione religiosa. Certo, l’insegnamento aveva comunque una forte connotazione in questo senso, con severe regole morali e di comportamento. Il silenzio, il rispetto, la preghiera, ma anche l’uso della lingua italiana al posto del dialetto o ancora il divieto di avere contatto con l’esterno per le allieve in internato ne sono alcuni esempi. Esse riflettono la vita di clausura delle monache e il tipo di istruzione riservata alle ragazze del Settecento. Ragazze che decenni dopo avrebbero però manifestato il desiderio e l’ambizione di proseguire gli studi, di diventare a loro volta insegnanti e quindi di conseguire la patente di maestra. Il monastero, fondato nel 1747 grazie al lascito del negoziante e patrizio luganese Giovanni Pietro Conti, dimostrò disponibilità trovando un accordo con il Cantone per il riconoscimento del diploma. Le prime tre allieve ottennero la patente magistrale nel 1880.

Il Libro degli Atti – di cui alcuni estratti sono pubblicati nel volume che accompagna la mostra – è prezioso testimone di altri eventi che hanno marcato non solo la vita del monastero, ma quella dell’intera comunità cittadina. Citiamo, ad esempio, la morte nel 1760 del vescovo Neuroni (fautore della nascita del monastero), l’attività di pittori e artisti sempre nel corso del Settecento, le malattie infettive, come la diffusione del colera che nel 1836 portò alla soppressione della scuola, o ancora rivoluzioni, guerre ed eventi climatici eccezionali.

Dell’ex-monastero delle Cappuccine di Lugano, ordine fondato da Chiara d’Assisi nel XIII secolo, restano non solo preziosi documenti oggi conservati presso l’Archivio Diocesano di Lugano e al momento solo in parte inventariati, ma anche testimonianze dirette. Le curatrici Manuela Maffongelli e Miriam Nicoli hanno infatti potuto intervistare suor Assunta Schurter, abbadessa negli anni 1969-1975 ed alcune ex-alunne dell’Istituto San Giuseppe. Il ruolo di quest’ultimo nell’educazione femminile nel nostro cantone, così come l’evoluzione del-l’insegnamento in parallelo con lo sviluppo della scuola pubblica rivivono per il periodo citato attraverso l’iniziativa dell’Associazione Archivi Riuniti delle Donne Ticino. Settanta scatole, trenta registri, album fotografici, altri grandi album e pacchi di disegni provenienti dall’ex-monastero racchiudono però sicuramente altre storie interessanti ancora da scoprire.