Da sempre la storia dell’uomo è stata caratterizzata dal suo rapportarsi con i virus, percepiti come un «nemico» sconosciuto che fa irruzione nella nostra quotidianità, mettendo in discussione il sapere scientifico di un determinato contesto storico. In certi casi il virus ha fatto perdere le proprie tracce dopo essersi diffuso a macchia d’olio in tutto il mondo, altre volte è invece rimasto in circolazione limitandosi a colpire un ristretto numero di persone.
«Virus e batteri sono onnipresenti e le malattie infettive si diffondono persino nell’era della medicina moderna», così su un comunicato dell’Ufficio federale della salute pubblica (Ufsp). Come dire: gli agenti patogeni inducono sempre il sistema immunitario a confrontarsi con epidemie, pandemie, endemie: parole entrate a far parte del nostro quotidiano a causa di Sars-CoV-2, il cui significato deve però essere chiaro.
La premessa è del professor Enos Bernasconi (nella foto), vice primario di malattie infettive all’Ospedale Regionale di Lugano: «Non dobbiamo dimenticare che il nostro sistema immunitario necessita di incontrare i virus, e che il nostro organismo ospita normalmente un microbioma batterico e uno virale (viroma umano)». Non tutti i virus sono nocivi per l’uomo: «I tanti microrganismi che convivono con noi rappresentano un importante sostegno per le funzioni del nostro corpo e del nostro sistema immunitario».
È diverso quando l’interazione fra un microrganismo, virus o battere, e il nostro corpo conduce a manifestazioni cliniche: qui si parla di malattia infettiva: «Un’infezione può dare sintomi più o meno gravi, o essere totalmente asintomatica, ed è caratterizzata da due aspetti: il comportamento più o meno virulento del microrganismo e la fondamentale risposta del nostro sistema immunitario».
Molte malattie sono conseguenza di una risposta eccessiva del nostro sistema immunitario, reazione che può differenziare da una persona all’altra. «Quando si entra in contatto con un virus ci si può ammalare gravemente fino a morire non a causa del virus stesso, bensì per una reazione eccessiva del nostro sistema immunitario che va a danneggiare i nostri organi». Egli porta a esempio le malattie autoimmuni come «disfunzione del sistema immunitario che induce l’organismo ad attaccare e distruggere dei propri tessuti».
«Utile ricordare l’aspetto peculiare della gravidanza, situazione fisiologica che richiede un abbassamento delle difese immunitarie della futura madre per non compromettere la crescita dell’embrione o del feto; ecco perché le donne incinte sono più suscettibili a determinate infezioni come pure al Sars-CoV-2». Il nostro incontro con gli agenti patogeni si può definire come un «gioco delle parti» fra virus (o batteri) e sistema immunitario, «interazione necessaria al rafforzamento di quest’ultimo» di cui vale la pena menzionare l’estrema complessità: «È fra i più complessi del nostro organismo (un po’ come il cervello), e la sua assenza o i suoi difetti importanti sono incompatibili con la vita. La sua azione risiede proprio nel fatto che esso non funzioni in modo uniforme bensì con declinazioni individuali».
L’incontro di una specie con un virus può portare a differenti scenari (epidemia, pandemia, endemia) fra i quali quello complesso e globale con cui ci stiamo confrontando da un paio d’anni: la pandemia da Sars-CoV-2. È pure necessario definire il significato di ciascuna manifestazione, a cominciare dall’epidemia il cui concetto potrebbe essere erroneamente associato a una manifestazione di grande diffusione: «L’epidemia designa la manifestazione di una malattia infettiva molto frequente, localizzata e di durata limitata nel tempo». È epidemia anche quando siamo dinanzi all’aumento di casi di una malattia al di sopra di una soglia predefinita in precedenza: «Ad esempio, se negli ospedali il tasso osservato di infezioni dopo interventi con posa di una protesi è normalmente tra 1 e 2 per cento, si parla di epidemia quando si dovesse riscontrare un aumento al di sopra di questa soglia definita accettabile. In effetti, malgrado misure preventive ottimali, il rischio d’infezione dopo un intervento dipende anche da fattori quali età avanzata o diabete mellito che non possono essere modificati. L’allarme è dato dall’aumento dei casi al di sopra del «rumore di fondo» inevitabile e innesca misure atte a combattere l’epidemia riscontrata».
Secondo l’Ufsp «influenza, borreliosi di Lyme e meningoencefalite da zecche sono epidemie che si riscontrano stagionalmente in Svizzera, per le quali sono analizzati i casi, valutati i rischi e allestiti rapporti epidemiologici per elaborare raccomandazioni per le vaccinazioni, strategie di lotta o programmi di prevenzione». Bernasconi porta anche l’esempio dell’RSV («virus stagionale invernale che provoca molti problemi alle vie respiratorie dei bambini più piccoli») il quale quest’anno ha causato «un’epidemia importante, con chiaro aumento dei casi, malgrado la presenza in parallelo della pandemia di Sars-CoV-2».
Ciò dimostra la concomitanza di altri virus respiratori: «Grazie alle misure di protezione intraprese si è ridotta la trasmissione di taluni, mentre altri come RSV sono riusciti a manifestarsi». Contrariamente al carattere circoscritto dell’epidemia, «la pandemia designa la propagazione di una determinata malattia infettiva in molti Paesi o Continenti e può minacciare gran parte della popolazione mondiale». Bernasconi spiega che Sars-CoV-2 è nato come epidemia, trasformandosi rapidamente in pandemia: «Inizialmente circoscritto alla Cina, origina da Wuhan e si diffonde a livello mondiale a causa di fattori dovuti alla sua rapida capacità di diffusione e al comportamento umano (spostamenti veloci da una zona all’altra del mondo)».
Oggi sentiamo dire che «stiamo andando verso una fase endemica». Bernasconi invita a una ragionevole prudenza, affermando che «i virus diventano endemici quando il loro potenziale patogeno si attenua, si arriva cioè a mutazioni o si forma uno stato di immunità, naturale o vaccinale, in una vasta fascia della popolazione: il virus potrà circolare solo nelle poche persone rimaste ancora suscettibili. «Non è ancora certo che questo virus evolva per diventare endemico: un nuovo coronavirus umano come quelli che circolano con costanza stagionale senza provocare severe infezioni, ma solo un banale raffreddore. Omicron si diffonde rapidamente creando una certa immunità nella popolazione. D’altra parte, non è assolutamente vero che questa variante non sia virulenta e l’esempio è dato dalle polmoniti severe ancora riscontrate in persone a rischio (non vaccinate o immuno-compromesse)».
Cauto ottimismo, dunque, perché secondo l’esperto l’assottigliamento della curva dei contagi non è ancora garanzia di fine della pandemia: «È ancora tutto da dimostrare che, dopo la sua diffusione mondiale ai ritmi attuali, giungeremo a una variante ancora meno virulenta di quella attualmente in circolazione». Questo è il motivo per cui egli invita a continuare con il vaccino: «L’alta immunizzazione è la via più sicura per trasformare questa pandemia in endemia».